Lo champagne del tè colpito dal lockdown
Le conseguenze della pandemia hanno investito anche il settore del tè. Tra i coltivatori più colpiti, i raccoglitori di quello che è lo “champagne” di questa bevanda, il Darjeeling, tè nero che nasce nell'omonima regione indiana nel Bengala Occidentale, ai piedi dell'Himalaya
di Cristina Piotti
2' di lettura
Le conseguenze della pandemia e del lockdown hanno investito anche il settore del tè, lasciando sul campo raccolti intatti e produttori disperati. Tra i più colpiti, i raccoglitori di quello che è lo “champagne” di questa bevanda, il prezioso primo raccolto di quella varietà d'eccellenza che è il Darjeeling, tè nero che nasce nell'omonima regione indiana nel Bengala Occidentale, ai piedi dell'Himalaya. La prima raccolta è considerata una vera rarità, un concentrato di quella sottile astringenza e dei sentori decisi che lo caratterizzano.
Ma la quarantena indiana, iniziata il 25 marzo, ha colpito proprio nel momento più importante dell'anno, la finestra del first flush tra marzo e aprile, chiamata “prima vampata” per la delicatezza aromatica delle preziose foglioline, destinate a sparire in brevissimo tempo. Il solo ricavato del first flush pesa per il 30-40 per cento dei ricavi annui dei produttori della zona, secondo il Tea Board indiano. Nelle circa ottanta piccole piantagioni del Darjeeling (chiamate “giardini”) la raccolta manuale è ripresa solo a metà aprile, in tempo per la seconda vampata, meno pregiata, ma fondamentale per garantire almeno in parte il ritmo sostenuto delle richieste.
La Indian Tea Association ha ipotizzato una perdita che peserà fino al 20 per cento della produzione annua in termini quantitativi, a fronte di un aumento del 55 per cento delle richieste da Regno Unito, Germania e Russia, i mercati più importanti per questa varietà. La Darjeeling Tea Association ha inoltre spiegato che la crescita eccessiva delle foglie ha influito notevolmente sulla qualità e sulla quantità della seconda vampata. Alta domanda e offerta limitata, unita a una serie di difficoltà logistiche, porteranno a un'impennata dei prezzi nelle prossime aste di Darjeeling, salutata inizialmente con un certo sollievo dai coltivatori, che lo scorso anno hanno visto i prezzi del prodotto esportato scendere ai livelli più bassi degli ultimi dieci anni.
C'è poi l'insidia rappresentata dal Nepal, il grande competitor in questo momento difficile. Le varietà di tè nero nepalesi hanno infatti iniziato a intercettare una fetta considerevole del Darjeeling, forti di un prezzo ridotto e di una certa somiglianza che – denunciano i produttori indiani – può indurre acquirenti ignari a comprare foglioline nepalesi credendole il prezioso prodotto indiano. E a far passare una “vampata” low-cost qualunque per il loro prezioso champagne dei tè, gli agricoltori del Bengala proprio non ci stanno.
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