Lo smart business spinge conti e strategie di Im*Media
L'agenzia siciliana sperimenta il nuovo modello grazie ai rapporti in tempo reale con i partner. Il ceo Esposito Lavina: «Azzerata la tradizionale divisione tra Nord e Sud»
di Nino Amadore
3' di lettura
È un filone di quello che è stato definito South working.Ma non riguarda i lavoratori o meglio non solo i lavoratori. Perché in questo caso al centro c’è Im*Media, digital agency tutta siciliana con sede a Palermo e committenti in tutta Italia: tra le più importanti ci sono Samsung, Fca e poi Cassina, Rcs Pubblicità, Caronte & Tourist, Paglieri, Molinari, Mandrarossa ma anche parecchie Pmi.
Un’azienda che, con le sue peculiarità, si è misurata con il lockdown dovuto alla pandemia da Covid-19, e se vogliamo ne è uscita più forte. Almeno questo è quello che sostiene Pasquale Esposito Lavina Ceo di Im*Media e unico rimasto del nucleo fondatore di un’impresa nata 25 anni fa e che oggi conta 35 addetti e un fatturato medio di due milioni l’anno. Una azienda che, a modo suo, ha fatto la storia: nasce dalla collaborazione con la casa editrice palermitana Sellerio nel 2001 il Cd room che dà per la prima volta un volto al commissario Montalbano nato dalla mirabile penna di Andrea Cammilleri: è nato in quell’occasione, con largo anticipo sul successo televisivo, un personaggio animato protagonista di una miniserie su Cd rom dove il giocatore-lettore guida le mosse del commissario Montalbano fino alla brillante soluzione dell’enigma.
Per Im*Media rimanere a Palermo è stata una scelta ponderata: «Andare al Nord, ci avrebbe permesso di intercettare al meglio questo treno e il fervore economico che ne è derivato facendoci sicuramente scalare i vertici più rapidamente ma abbiamo deciso di scommettere le nostre carte a Palermo, dove tutto era nato - spiegano i soci (oltre a Esposito Lavina troviamo Antonio Giambanco che è Creative Director, Marco Mineo Partner, Head of Finance, Giorgio Scavuzzo, Head of IT) -. Oggi dopo venticinque anni riteniamo di aver fatto la scelta giusta. La crescita c'è stata, anche se è stata più lenta ma ci ha permesso di dare il contributo alla crescita economica e di know how della nostra terra».
Il lockdown ha dato un’ulteriore accelerazione a un processo che sembrava avviato ma che stentava forse a concretizzarsi: così ora non c’è più alcuna differenza tra una digital agency che ha sede a Palermo e una che invece si trova nel cuore di Milano: «Abbiamo approfittato dello smart working forzato per mostrare a tutti i nostri clienti che una call conference è efficace quanto un incontro fisico se non di più -aggiunge Esposito Lavina- ad un meeting da remoto possiamo far partecipare tutte le figure coinvolte nel progetto, questo rappresenta un’opportunità di crescita e confronto soprattutto per i cosiddetti junior. Inoltre questa modalità, che ci risparmia di viaggiare su e giù per l'Italia, ci offre la possibilità di sentire i nostri clienti più spesso, consentendoci paradossalmente di seguirli meglio». E questo si traduce in una grande opportunità di crescita per tutte le aziende del Sud, «che possono finalmente emanciparsi dalla necessità della presenza fisica obbligatoria - spiega ancora Esposito Lavina -. Oggi grazie a questa nuova consapevolezza le aziende del Nord e quelle del Sud possono competere ad armi pari. Il vantaggio competitivo per chi, con costi inferiori, decide di fare impresa al Sud è davvero forte» Intanto anche per l’azienda palermitana è cambiata l’organizzazione del lavoro: l’emergenza, di fatto, è servita a rodare nuovi meccanismi, nuove relazioni tra i vari settori, diverse modalità di comunicazione interna. L’alternanza tra lavoro da remoto e presenza in ufficio è ormai il modello di riferimento. «Alcune figure come lo sviluppatore sono addirittura più performanti se restano a casa - prosegue Esposito Lavina- altre hanno maggiormente bisogno di lavorare a stretto contatto con i colleghi, come chi ha dei ruoli di coordinamento o più legati alla creatività e alla condivisione delle idee».
Non è stato facile: «Nonostante i vantaggi dello smart working siano evidenti gestire un’emergenza come quella vissuta ci ha posto di fronte a diverse difficoltà -precisa Mineo -. Durante l a quarantena abbiamo verificato un’accentuata invasione delle dinamiche familiari nei processi lavorativi. Non secondario è il fatto di non aver utilizzato ammortizzatori sociali, mantenendo quindi invariati i livelli retributivi dei collaboratori ».
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