Lo smart working diventa a regime: dalla sanità ai buoni pasto ecco come cambierà il welfare
Più sanità integrativa, formazione e nuovi servizi come i buoni pasto a casa. Pesa il mancato adeguamento delle norme fiscali
di Diego Paciello e Serena Uccello
I punti chiave
4' di lettura
Prima c’è stata la contrattazione aziendale focalizzata solo su politiche retributive. Poi la nascita del welfare aziendale, in una fase iniziale“cenerentola” dei negoziati e successivamente con un ruolo crescente e sempre più determinante. Fino a diventare negli ultimi anni - complice anche la crisi post 2008 - il cuore della contrattazione di secondo livello. Gli ultimi due anni hanno, sotto diversi aspetti, ridefinito il lavoro e, di conseguenza, anche la contrattazione. L’evento principale è stato l’ingresso su larga scala dello smart working, che dal 1° aprile uscirà dalla fase emergenziale per diventare a tutti gli effetti prassi diffusa e strutturale.
L’impatto del lavoro agile
Lo svolgimento dell’attività in modalità ibrida, in alcuni casi con la netta prevalenza del lavoro da remoto rispetto a quello in presenza in azienda, sarà sempre più un cambiamento dall’impatto plurimo. Questo trend implica, infatti, necessariamente una revisione dell’intera organizzazione aziendale e molte realtà stanno già immaginando una rimodulazione anche dei sistemi di welfare, in essere e in fase di progettazione, avendo compreso l’esigenza, ormai impellente, di implementare sistemi più periferici e meno “aziendocentrici” rispetto al passato.
Durante il periodo pandemico molti datori di lavoro si sono trovati a dover/voler erogare perquisites (benefici strettamente legati all’attività lavorativa) ai propri dipendenti, in considerazione dei maggiori costi sostenuti dagli stessi per il lavoro da remoto, attuando iniziative dettate, nella maggior parte dei casi, della contingente situazione emergenziale e dalle conseguenti celeri misure richieste per fronteggiare la situazione. Oggi, invece, si sta riscontrando un approccio più sistematico, da parte delle imprese, nella gestione dei sistemi di welfare.
I nuovi servizi
I provider di servizi stanno arricchendo la propria offerta con nuovi benefit, quali la mensa a domicilio, servizi di conciliazione taylor made ed erogati dove lavora il dipendente, servizi fruibili da remoto, che saranno, giocoforza, strumenti essenziali per consentire una gestione flessibile ed efficiente dei sistemi di welfare.
Nonostante le mutate esigenze aziendali e dei lavoratori, tuttavia, la normativa fiscale, di cui necessariamente occorre sempre tenere conto, non è stata ancora aggiornata e rappresenta, molto spesso, un freno all’implementazione di soluzioni moderne ed efficienti.
I nodi da sciogliere
Assecondare le richieste di lavoro da remoto dei dipendenti ha, infatti, evidenti implicazioni dal punto di vista della gestione fiscale e contributiva, spesso di ardua o incerta soluzione secondo la normativa vigente. Basti pensare alle implicazioni che lo svolgimento dell’attività lavorativa all’estero (o in Italia, da parte di dipendenti di società estere) può implicare in termini di assolvimento degli obblighi dei sostituti d’imposta, di individuazione e assolvimento degli obblighi contributivi o, addirittura, di configurabilità di una stabile organizzazione.
Anche solo considerando l’ipotesi di lavoro da remoto entro i confini nazionali, la corretta gestione fiscale, ad esempio, delle trasferte e dei rimborsi spese dei lavoratori in smart working rappresenta una questione pratica nei confronti della quale, a oggi, la normativa si sta dimostrando obsoleta e necessiterebbe di un sensibile aggiornamento.
La contrattazione
In questi mesi, intanto, la contrattazione integrativa d’emergenza ha sicuramente tracciato il percorso, segnando le priorità. Adapt ha ad esempio esaminato in un report (Welfare e lavoro nell’emergenza epidemiologica) una ottantina di accordi da cui emerge l’eredità di questa fase. A cominciare dallo sdoganamento dei buoni pasto anche per gli smart worker. Vanno in questa direzione gli accordi firmati da istituti di credito come Santander Aviva, Aon, Banca del Piemonte e Banca Sella. E in precedenza le intese di EP Produzione ed Enel.
Per evidenti ragioni molte intese hanno anche incrementato le prestazioni sanitarie integrative per dare sostegno ai lavoratori che si sono ammalati di Covid. Questo passaggio ha mostrato l’importanza dei fondi e delle casse il cui ruolo è destinato a crescere, come anche il ricorso alle polizze assicurative. Confermando un trend già strutturato, spazio poi alla formazione che ora sfrutta appieno le opportunità dell’e-learning.
Il welfare aziendale post pandemia
1 - SANITÀ
Più assistenza
Polizze assicurative e indennità per i ricoveri e le cure mediche. L’emergenza pandemica ha aumentato all’interno della contrattazione integrativa il peso dell’assistenza sanitaria erogata dai fondi e dalle casse sanitarie istituite dalla contrattazione collettiva nei diversi settori. Il grosso degli interventi ha riguardato il riconoscimento di un’indennità per ogni notte di ricovero per un numero massimo di giornate all’anno; una diaria dello stesso importo per ogni giorno di isolamento domiciliare, in seguito alla positività al Coronavirus, per un periodo non superiore a 14 giorni all’anno.
2 - FORMAZIONE
Più e-learning
Secondo Adapt (report su Welfare e Lavoro nell’emergenza epidemiologica) la formazione è menzionata in 16 accordi su 79 analizzati. Alcuni accordi presentano semplicemente la possibilità di proseguire le attività formative in modalità e-learning (Gucci, Louis Vitton, Nuovo Pignone, Italgas). In altri casi emerge un preciso impegno a potenziare le attività formative online (Gruppo Banco Desio, Edison).
3 - SERVIZI A CASA
Il buono pasto
La negoziazione ha riconosciuto in alcuni casi i buoni pasto o una indennità equivalente anche ai lavoratori che svolgono la prestazione da remoto, ipotesi prima esclusa (apripista EP Produzione, Enel e più di recente Santander Aviva, Aon, Banca del Piemonte e Banca Sella).
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