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Lo speck è «Alto Adige» solo se ha l’Igp e se la stagionatura rispetta i disciplinari

Il ministero aveva ingiunto all'Ineq il pagamento di una sanzione di 50mila euro

di Camilla Curcio

2' di lettura

Gli insaccati a denominazione «Speck Alto Adige» (o equivalenti) devono obbligatoriamente riportare l'etichetta Igp (indicazione geografica protetta). Lo ha statuito la seconda sezione civile della Corte di cassazione che, con l'ordinanza 21963/22, depositata il 12 luglio, ha cassato la sentenza impugnata dal ministero delle Politiche agricole e forestali contro l'Istituto nord est qualità (Ineq), rinviando la causa alla corte d'Appello di Trieste.

Stagionatura non rispettata

Il ministero aveva ingiunto all'Ineq il pagamento di una sanzione di 50mila euro per inottemperanze rilevate nei controlli su alcune produzioni di speck Alto Adige. Nello specifico, il consorzio avrebbe certificato come conforme una partita di tranci messa in lavorazione nella trentunesima settimana, pur richiedendo 32 settimane di stagionatura e, in secondo luogo, non si sarebbe occupato di vagliare la regolarità delle procedure di etichettatura, lasciando che sui prodotti venisse apposto soltanto il bollino a sfondo blu Bauernspeck e omettendo tutte le altre diciture obbligatorie, in particolare il marchio di Igp.

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Opponendosi all'ingiunzione, l'istituto ha riconosciuto un errore di calcolo del periodo di stagionatura mentre, quanto all'etichetta, ha precisato che non c'erano prescrizioni che imponessero la presenza, in aggiunta a quella blu, del marchio Igp. Riformando integralmente la sentenza di primo grado, la corte d'Appello di Trieste ha confermato il rigetto della prima contestazione (quella sulla stagionatura) in assenza di un ricorso incidentale e messo in discussione la questione delle etichette.

Le diverse posizioni dei giudici sull’etichettura

Secondo il giudice territoriale, infatti, «non esistevano disposizioni che prevedessero l'apposizione della dicitura Igp prima della messa in commercio dei prodotti». Adempimento che, peraltro, spettava al singolo produttore, senza alcun obbligo di accertamento da parte dell'Ineq.

Secondo la Cassazione, inoltre, la norma che affida all'Ineq il compito di verificare la corretta marchiatura con l'indicazione geografica protetta speck Alto Adige (o speck dell'Alto Adige, Sudtiroler markenspeck e Sudtiroler speck) è contenuta nel disciplinare di produzione, che prevede che «l'etichettatura Bauernspeck abbia sempre carattere accessorio e vada apposta in abbinamento a quella Igp, obbligatoria per le produzioni localizzabili nel perimetro geografico della provincia autonoma di Bolzano».

Le conclusioni

In virtù di questo, le registrazioni dei lotti devono rispettare schemi precisi: ogni etichetta deve uniformarsi a una grafica predeterminata e comprensibile, non può essere tradotta in altre lingue e, in sede di apposizione precedente alla vendita, in quanto garanzia di riconoscibilità di un prodotto e della sua provenienza geografica, deve essere ispezionata dall'autorità di controllo.

In definitiva, l'Ineq è incorsa nell'errore di sostenere che il bollino Bauernspeck sui tranci potesse essere presente anche da solo, sostituendo quello Igp, e che l'accertamento dell'assenza o presenza di quest'ultimo non fosse di sua competenza, contrariamente a quanto ribadito nel disciplinare e nei regolamenti comunitari.


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