Lo spettacolo sportivo tra (attività di) impresa e prodotto
Il mondo dello sport ha incontrato diversi cambiamenti nel corso del tempo che, in una certa misura, ne hanno interessato la stessa natura, nonché tutti i soggetti ad esso legati, dagli sportivi agli spettatori (utenti
di Alessandro di Majo*
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Il mondo dello sport ha incontrato diversi cambiamenti nel corso del tempo che, in una certa misura, ne hanno interessato la stessa natura, nonché tutti i soggetti ad esso legati, dagli sportivi agli spettatori (utenti). Lo spettacolo sportivo, spesso legato ad una dimensione “intima” e sociale, ha via via incrementato l'interesse del pubblico anche grazie ad un fattore determinante come il processo evolutivo tecnologico, che ancora oggi produce i suoi effetti nel mercato del broadcasting. Con l'affermarsi di nuovi sistemi di comunicazione e attraverso una capillare diffusione delle immagini degli eventi, come delle notizie sportive, si è generato un vero e proprio mercato televisivo sportivo. Sulla base di tali premesse, si è osservato come nel corso del XX secolo le manifestazioni sportive abbiano iniziato un processo di c.d. “commodification” cioè un processo di mutazione delle medesime in “beni di mercato” e come tali commercializzabili, soprattutto grazie alla loro forza attrattiva verso un gran numero di persone. Con l’avvento delle prime televisioni commerciali si è conosciuto infatti il “potenziale” effettivo del mercato dei diritti televisivi sportivi. “Mercato” che si è incrementato in tempi recenti con l'aumento dei broadcasters e la diversità dei modi di fruizione e dove lo sport è diventato sempre più un propagatore di messaggi pubblicitari grazie al suo potenziale comunicativo e aggregativo. Si ha in sostanza un fenomeno di customization del pubblico, con la quale lo spettatore da tifoso diventa cliente e quindi customer.
Ebbene, lo “spettacolo sportivo”, oltre alle sue valenze sia economiche che sociali, è venuto sempre più acquistando il significato e la forma, dal punto di vista anche giuridico, di vero e proprio “prodotto”, ormai di mercato, alla pari con altri prodotti, come quelli musicali, d’arte o d’altro genere. Esso ormai fuoriesce dall’ambito strettamente individuale di colui o coloro che ne sono i protagonisti (e cioè gli atleti) e da coloro che possono esserne gli spettatori, per assurgere ad un vero e proprio “prodotto di mercato”. Ciò deriva in primo luogo dal fatto che esso si trova in stretta connessione con l’attività di impresa, giacchè non sembra che lo spettacolo sportivo, almeno se intende sottrarsi ad una dimensione esclusivamente privata, possa fare a meno dell’attività organizzativa che lo supporta, così da rappresentare esercizio dell'impresa da parte di colui che lo organizza per ottenerne profitto. Né che esso possa sottrarsi, per altro verso, all’esigenza di una forma di manifestazione rivolta al pubblico, degli sportivi e non sportivi.
Attorno ad esso, peraltro strettamente, si annodano i diritti individuali di coloro che ne sono i protagonisti in senso materiale (quali sono gli atleti), diritti sia di carattere personale (si pensi alla integrità della persona fisica e alla dignità di essa come alla sua immagine) che patrimoniale. Se è vero dunque che siffatto “spettacolo”, avente forma “di prodotto” in teoria non è dissimile da altri prodotti di mercato, quali le comuni merci, che hanno anch'esse i loro produttori e utilizzatori, resta tuttavia che esso assume una forma di prodotto “speciale”, in primo luogo, perchè ha come punto centrale di riferimento, specie in senso identitario, l’attività (fisica) di esseri umani - e che da essa prende il suo incipit - e, dall’altro, perchè esso è strettamente connesso all’esercizio dell'impresa. Pur non potendo dare origine a forma particolare di impresa, né commerciale, né industriale, né agraria, né grande né piccola, esso si caratterizza, si è detto, per la sua specialità.
Se resta fermo che il soggetto imprenditore è sempre colui che organizza i fattori di produzione, tra i quali si collocano, in primo luogo, nel caso del prodotto sportivo, si è detto, il fattore umano, oltre ai mezzi finanziari necessari per organizzarlo (capitale), è da considerare che, in esso, il fattore umano ne rappresenta l'elemento identitario, tale esso da non avere alcun ruolo subordinato, come nel caso dell'organizzazione di lavoro subordinato nell'impresa (art. 2094 cod. civ.) o autonomo (art. 2222 cod. civ.). Ciò conferisce al prodotto sportivo, come si è detto, una sua peculiare “specialità”, costituita dalla combinazione tra una normale attività di impresa ed una manifestazione o performance, che ha come proprio baricentro l'attività sportiva degli atleti. È dalla combinazione della seconda con la prima che il c.d. spettacolo sportivo assume la forma di un “prodotto” destinato al mercato di una vasta platea di interessati (tifosi e no). Si può quasi affermare che il prodotto sportivo risente di entrambi gli aspetti, sia di quello soggettivo che è proprio della performance degli atleti, come di quello oggettivo, costituito dall'essere un bene destinato ad essere goduto dal pubblico. La disciplina giuridica non può non risentire di entrambi gli aspetti.
E se, da un lato, essa offre piena tutela al diritto (individuale) che fa capo al suo organizzatore, quale ad es. l'utile di impresa, dall’altro lato, non può non offrire pari e altrettale efficace tutela ai diritti di coloro che ne sono gli autori - protagonisti. A tutto ciò si aggiunge anche la tutela dell’interesse generale, acchè del prodotto, avente così evidente valenza collettiva, abbia a godere la pubblica comunità. È codesta la destinazione al mercato. E, sotto tale profilo, il prodotto sportivo sembra avere qualche elemento di affinità con l’opera dell’ingegno, anch'essa, destinata al pubblico e cioè ad un prodotto che, per definizione, non è suscettibile di godimento privato ma solo pubblico. Anche nel nostro caso è solo attraverso la fruizione del “prodotto” da parte del pubblico che l’imprenditore sportivo, così come l’autore dell’opera dell’ingegno, può godere del suo utile di impresa. Tutto ciò spiega come, attorno al prodotto sportivo, si collegano regimi e modelli diversi di tutela, fonti anche di rimedi, che trovano sede nella legislazione sportiva, oltre che nel diritto generale.
(*) Avvocato, Giudice del Collegio di Garanzia dello Sport presso il CONI, Consigliere di amministrazione della RAI SpA, Docente presso l'Università degli Studi Roma Tre
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