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Lo spettro della recessione e il futuro del lavoro: i grandi temi al Festival dell’Economia

Phelps, Karman, Parisi: tre premi Nobel protagonisti nella prima giornata del Festival di Trento. Al centro degli eventi anche il nuovo ordine mondiale la leadership Usa

di Carlo Andrea Finotto

La cerimonia inaugurale del Festival dell’Economia di Trento 2022

5' di lettura

Lo spettro della recessione, le risposte attese dall’economia globale, il ruolo positivo che possono giocare individualismo e creatività per riconcepire la vita lavorativa. Ma anche il nuovo ordine mondiale e il ruolo, non più così saldo, della leadership Usa, il destino della globalizzazione e l’eredità delle “primavere arabe”.

La prima giornata del XVII Festival dell’Economia – il primo nel nuovo format del Sole 24 Ore – ha visto una serie di eventi improntati a delineare possibili, o auspicabili, scenari futuri. Se il Nobel Phelps ha concentrato la riflessione sul futuro del lavoro, l’ex ministro Giovanni Tria e il direttore della Banca Mondiale per la macroeconomia Marcello Estevão hanno affrontato con visioni e conclusioni differenti lo spettro della recessione.

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Quale sarà il nuovo ordine mondiale che scaturirà da questa epoca contrassegnata dalla pandemia prima e dalla guerra in Ucraina poi? È la domanda sollevata dal direttore del Sole 24 Ore Fabio Tamburini durante l’inaugurazione ufficiale del pomeriggio ed è anche l’interrogativo che ha fatto da sfondo a molti degli appuntamenti, durante i quali economisti, politici, analisti hanno cercato di fornire una bussola di orientamento. Ci hanno provato Il Nobel per la Fisica Giorgio Parisi, la premio Nobel per la Pace Tawakkul Karman, il presidente dell’Ispi Giampiero Massolo.

Phelps: individualismo e creatività per cambiare l’economia

«L'impresa principale è quella di creare qualcosa di nuovo» ha detto il premio Nobel per l’Economia nel 2006 Edmund Phelps. All’economia e ai loro protagonisti è «richiesta una nuova visione» ha detto Phelps, «per far sì che le persone possano riconcepire anche la loro vita lavorativa. I governi si concentrino non solo sul focus dei successi materiali». Secondo il Nobel, «abbiamo bisogno di una società migliore per avere un'economia migliore, ma la nostra società ha dei problemi». E ancora: «Per una crescita più sostenuta vanno ripensate le modalità del lavoro».

Secondo il Nobel la creatività personale ha avuto un ruolo fondamentale nell'innovazione nei paesi dell'Occidente già a partire dalle guerre napoleoniche. Mentre l'innovazione è spesso stata associata alle scoperte scientifiche e alle esplorazioni, con un tratto fortemente esogeno, secondo Phelps l'innovazione ha avuto una forte caratterizzazione legata alla creatività dei singoli. Di fatto, dunque, un'innovazione che è partita dal basso. Phelps ha citato, come fonte di questa concezione, l'umanista Pico della Mirandola.

«L'individualismo è un valore moderno. Non va confuso con l'egoismo, l'individualismo è l'orgoglio per il proprio sviluppo personale. L'individualismo è essere indipendenti, seguire la propria strada», ha detto Edmund Phelps.

Trento, via ufficiale al Festival con la cerimonia inaugurale

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Parisi: gli Usa hanno perso la capacità di leadership

Società, economia e geopolitica sono in continua trasformazione e oggi più di prima, alla luce della pandemia e della guerra in Ucraina causata dalla Russia di Putin. Ogni fatto è correlato a un altro in una sorta di perenne domino globale. È questo il senso della riflessione di Giorgio Parisi, premio Nobel per la Fisica nel 2021, secondo cui «gli Stati Uniti sono usciti male dalla vittoria che hanno avuto con l’Unione sovietica perché hanno perso il senso di capacità di leadership del mondo. Quello che sarebbe stato assolutamente necessario negli anni ’90 è un grande piano di aiuti alla Russia che usciva dal socialismo, una sorta di piano Marshall per ricostruire il Paese».

Se si fossero mossi in questo modo, secondo Parisi «oggi non ci sarebbe Putin» alla guida del Cremlino. Parisi è stato protagonista di un dibattito col giurista Natalino Irti (professore emerito Università La Sapienza), intitolato “Il mondo che verrà” e moderato da Paolo Mieli.

A proposito di leadership, per quanto riguarda la nuova corsa allo spazio, non ha molti dubbi Roberto Battiston, professore ordinario di Fisica Sperimentale presso il Dipartimento di Fisica dell’Università di Trento e per quattro anni presidente dell’Agenzia spaziale italiana, ha aperto il terzo dibattito della prima giornata del Festival dell'Economia di Trento intitolato “La geopolitica dello spazio: La leadership tradizionale americana, le iniziative della Cina, e il ruolo dell’Europa”. Secondo Battiston la leadership è già cinese.

Proprio la guerra scatenata da Putin è stata il riferimento inevitabile di molti interventi, a cominciare da quello della yemenita Tawakkul Karman, terzo Nobel della prima giornata del Festival, insignita del premio per la Pace nel 2011.

Karman: basta accordi con i dittatori

«Siamo molto dispiaciuti per la guerra in Ucraina: sappiamo cosa voglia dire una guerra e siamo solidali con la popolazione ucraina» ha detto Karman facendo riferimento alla guerra che flagella lo Yemen da anni. «Questo però è il risultato di politiche stupide dei governi occidentali, perché fare accordi con i dittatori significa dare loro la forza di fare ciò che Putin sta facendo in Ucraina. Non bisogna mai fidarsi dei dittatori».

Tawakkul Karman è intervenuta all'incontro “La violenza come arma per risolvere i conflitti” e non ha risparmiato critiche dirette ai governi occidentali. «Le primavere arabe hanno raggiunto grandi risultati – ha sottolineato –, abbattendo 11 dittatori nel giro di pochissimi anni. Ma la rivoluzione non è finita. Ci sono ancora troppe forze controrivoluzionarie che possono contare sull'appoggio di Iran, Arabia Saudita, Emirati Arabi».

Sia chiaro che chi è abituato ogni giorno a sacrificarsi per la libertà non si aspetta un intervento militare del mondo occidentale. Non c'è però alcun dubbio che è davvero frustrante vedere come le democrazie fanno alleanze con i dittatori. La nostra è una sola: nessun accordo con chi uccide tutti i giorni gli yemeniti, chiediamo che non si venda armi a chi è colpevole di questo massacro», è stato l’appello di Tawakkul Karman.

Se le ripercussioni geopolitiche di lungo periodo sono state un fil rouge inevitabile di fronte agli scenari attuali, l’altro convitato di pietra nella prima giornata del Festival dell’Economia di Trento è stata la recessione.

Il rischio della recessione

Il mondo rischia una recessione globale? «Il rischio c'è – ha risposto Marcello Estevão, direttore di macroeconomia alla Banca Mondiale, nel panel Rischio recessione per l'economia mondiale Festival dell'Economia di Trento – e il nostro lavoro come economisti è di preoccuparci di questo rischio. Ma non lo stiamo prevedendo».

Per contro, l’ex ministro dell’Economia Giovanni Tria, ha convenuto che «esiste il rischio che alcuni fenomeni si incastrino, tra Europa, Stati Uniti e Cina, portando ad una stagnazione dell’economia globale. Ma allo stato una recessione non sembra essere attuale».

Sulla stessa lunghezza d’onda anche Giampiero Massolo, presidente di Ispi: «È difficile dire se esiste un collegamento diretto tra la guerra, le sanzioni e quello che sta succedendo sui mercati energetici e sui prezzi. Queste tendenze erano già in atto ma sicuramente dalle ulteriori restrizioni possiamo aspettarci da un lato una ondata inflattiva e dall'altro una contrazione produttiva. Ma non bisogna indulgere a pessimismi eccessivi perché le forze economiche e lo spirito imprenditoriale è tale da bilanciare i rischi. Ma bisogna fare molta attenzione».

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