Lo Yen ai tempi del coronavirus. Ecco perché è considerato un bene rifugio
La valuta giapponese è salita del 5% dall’esplosione dell’epidemia. Previsioni in ulteriore rafforzamento. I fattori pro e contro
di Marzia Redaelli
3' di lettura
Non è in primo piano come l’oro, ma nei momenti di crisi torna in auge. È lo yen, sempre citato tra i beni rifugio.
La divisa giapponese, infatti, è una costante quando sui mercati finanziari si alza il livello di incertezza: appena l'avversione al rischio fa irruzione sui parterre gli acquisti aumentano.
È successo anche all’esplosione del coronavirus.
Il cambio
Lo yen si è rafforzato contro dollaro di oltre il 5% dal 21 febbraio, quando i casi di contagio hanno oltrepassato con forza i confini cinesi. Il cambio dello yen contro la valuta statunitense è il più osservato sui mercati, perché riflette in modo diretto i movimenti dei capitali.
Ora ci voglio circa 107 yen per un dollaro Usa.
Il cambio ha toccato un minimo (77,90) il 30 settembre del 2012, quando le conseguenze della crisi finanziaria inducevano speculazioni sulla rottura dell'Unione monetaria europea. Il massimo, invece, che corrisponde alla debolezza estrema dello yen, si è avuto a fine novembre del 2015, quando anche la manovra espansiva della Banca centrale europea aveva cominciato a dispiegare i suoi effetti e alimentato l’ottimismo sui mercati internazionali.
«Lo yen – spiega Stefano Gianti, analista di Swissquote -ha un po' perso la caratteristica di bene rifugio quando la Bank of Japan, la banca centrale del Giappone, ha intensificato la sua manovra espansiva comprando anche Etf azionari». Una stampa così massiccia di denaro, non poteva far altro che depauperare il valore della moneta. «Tuttavia - continua Gianti, il suo ruolo di porto sicuro torna in primo piano quando c'è incertezza e paura sui mercati>>.
L’importanza delle tradizioni
Lo yen ha acquisito lo status di bene rifugio anche grazie alle tradizioni dell'ex Impero Celeste. «La storia – continua Gianti - racconta che le famiglie giapponesi investano molto in obbligazioni australiane. E che . C'è, dunque, una spinta psicologica al rafforzamento della valuta nipponica, che si è manifestata in modo palese dopo il terremoto del marzo 2011». Allora, il cambio dollaro/yen scese sotto quota 77.
Il fatto che il Giappone sia un'economia stabile è poi un motivo di supporto. anche se l’inflazione è sempre anemica e il Pil è stato penalizzato dal ercente aumento dell’Iva che pesa sugli esportatori.
Il fattore negativo del “carry trade”
Sullo yen agisce però anche una forza deprimente. Ed è la politica accomodante della Banca centrale giapponese dagli anni '80, che reso la valuta “economica”. Lo yen che costa poco può servire agli investitori per finanziarsi e comprare in aree valutarie dove azioni e obbligazioni sono più redditizie.
Questo meccanismo, comporta un indebolimento dello yen, ceduto per comprare attività finanziarie in valuta estera. Il guadagno è dato anche semplicemente dalla differenza di valore tra le monete e tra i tassi di interesse in diverse parti del mondo ed è conosciuto come “carry trade”. I balzi di Wall Street, infatti, hanno spesso coinciso con la svalutazione dello yen contro il dollaro.
Boj versus Fed
La Bank of Japan è un’e compra da molti anni non solamente obbligazioni, ma anche azioni tramite Etf. «La Boj ha un’esposizione mostruosa – conclude Gianti -; il suo bilancio è lievitato a 4,3 trilioni di dollari, che in proporzione al Pil nazionale è pari a 4 volte quello della Fed». Finora, la Banca del Giappone non si è fermata. Ma con il coronavirus lo yen ha ritrovato vigore.
La battaglia tra fattori pro e contro lo yen è dura. il taglio dei tassi di interesse eccezionale della Federal Reserve e l’attesa per un coordinamento delle banche centrali di tutto il mondo per combattere i danni economici dell’epidemia rendono improbabile una riduzione della politica monetaria espansiva della Boj. La previsione di Swissquote, infatti, è di una discesa dello yen proprio per l’azione delle banche centrali.
Nei giorni scorsi, però, la prima reazione al taglio dei tassi americani è stata la scivolata del dollaro dell’1% sullo yen, perché ha messo paura ai mercati. I contratti derivati a più lunga distanza scommettono su un rafforzamento della moneta giapponese e scambiano il cambio sul dollaro a poco sopra a 106 per dicembre e a 105,6 per giugno 2001.
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