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Lockdown, cambio di rotta sulla legittimità dei Dpcm e i giudici dicono sì alle multe

Con la parlamentarizzazione dei Dpcm e della crisi sanitaria le restrizioni imposte dal Governo non contrastano con la Costituzione e legittimano l’applicazione delle sanzioni per chi vìola i divieti di spostamento

di Marco Mobili

(Imagoeconomica)

2' di lettura

Sulle sanzioni per violazioni dei lockdown arriva un netto cambio di rotta dei giudici. Dopo i primi stop alle multe comminate per chi aveva violato il divieto di circolazione con le dichiarazioni di illegittimità dei Dpcm emanati dal Governo tra marzo e aprile per imporre ai cittadini il divieto di entrata e uscita dai territori salvo che per gli spostamenti motivati, arrivano in senso contrario le prime conferme alla legittimità delle sanzioni applicate dai pubblici ufficiali e dalle forze dell'ordine. A cambiare le carte in tavola è stata, di fatto, la parlamentarizzazione della crisi sanitaria e in particolare dei Dpcm di chiusura.

I Dpcm autorizzati dal Parlamento

La parlamentarizzazione delle misure di restrizioni è ufficialmente arrivata con il decreto legge del 25 marzo n. 19 con cui, di fatto, i Dpcm del Governo sono stati traslati dentro il corpo del provvedimento d'urgenza e autorizzati con il voto alle due Camere. E come scrive ora il giudice di pace di Busto Arstizio nella sentenza depositata il 20 novembre 2020, «nessun conflitto con norme costituzionali può ravvisarsi nel ricorso ai Dpcm che dunque appaiono pienamente legittimi, in quanto espressamente autorizzati dal Parlamento». Per altro il giudice di pace lombardo fa risalire l’autorizzazione di Montecitorio e Palazzo Madama al primo decreto legge emergenziale del 26 febbraio 2020 con cui si autorizzava il Governo ad adottare misure di contenimento dell'epidemia attraverso il ricorso a decreti del presidente del Consiglio. Va comunque ricordato che tra quel decreto legge del 26 febbraio e la parlamentarizzazione vera e propria dei Dpcm con il Dl del 25 marzo, invocata dalle opposizioni a più riprese, Palazzo Chigi ha emanato 7 differenti Dpcm di restrizioni e limitazioni.

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Non basta trasformarsi in sanificatori

Il giudice di pace di Busto Arstizio, inoltre, ha rigettato il ricorso dei due cittadini pizzicati dai Carabinieri a imbiancare le pareti del negozio per sanificare l'ambiente. Motivo dello spostamento dall'abitazione al negozio, il quale determina o meno l'applicazione della sanzione, che però non rientra tra quelli di “lavoro” autorizzati dai Dpcm, visto che i due «ricorrenti non svolgono appunto il lavoro di imbianchini». La scelta di andare in negozio, conclude il giudice di pace, non è consentita dalle norme attuali «perché appunto non tutelata come eccezione al divieto generale, cui i ricorrenti avrebbero dovuto attenersi».

Una scusa, quella della sanificazione del locale, che alla fine ai due improvvisati imbianchini sanificatori è costata, oltre alla multa di 280 euro a testa, la refusione delle spese di giudizio maggiorate del 30% per un totale di ulteriori 390 euro.

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