Lombardia, terremoto ai vertici della sanità: tornano i nomi dell’epoca di Formigoni. Arriva il dg Trivelli
Luigi Cajazzo, l'ex poliziotto della Mobile di Lecco che siede sulla poltrona di direttore generale da maggio 2018 viene destinato ad altro incarico. In attesa del rimpasto di giunta.
di Sara Monaci
2' di lettura
In Lombardia torna la vecchia guardia, quella dei manager che si sono formati con l’ex direttore Carlo Lucchina, il manager sanitario più forte dei tempi di Roberto Formigoni. Alla guida del settore sanitario arriverà Marco Trivelli, 56 anni, con un passato da direttore generale al Niguarda, molto stimato negli ambienti universitari. Il passaggio di consegne sarà il 18 giugno.
Luigi Cajazzo, l’ex poliziotto della Mobile di Lecco che siede sulla poltrona di direttore generale da maggio 2018 viene destinato ad altro incarico. Chiamato dal governatore Attilio Fontana, ora diventerà vice segretario generale della Regione con delega all’integrazione sociosanitaria.
Il nome di Trivelli circolava da settimane: era uno dei manager più stimati dai consiglieri di Fontana. La difficoltà era farlo arrivare senza fare modifiche all’organigramma, e quindi far saltare il posto di Cajazzo è risultato l’unico modo. Ora Trivelli dovrà scegliersi la sua squadra e probabilmente nominerà altre 3 o 4 persone (da capire se come dirigenti interni o come consulenti).
Non è la sola novità: da qualche giorno a guidare il comparto della prevenzione territoriale all’interno del Comitato tecnico scientifico della Lombardia c’è Luigi Macchi, ex direttore generale del Policlinico e già nella struttura della Regione ai tempi di Formigoni.
È proprio la struttura sociosanitaria della Lombardia ad avere bisogno di un profondo cambiamento. Il Covid ha messo in evidenza che la Lombardia è un gigante con i piedi di argilla: molti centri di eccellenza e ricerca ma scarsa rete di prevenzione territoriale. Negli anni sono stati smantellati poliambulatori e consultori, la medicina di base è risultata debole, non sono mai partite le cooperative di medici di base.
La presa in carico, voluta dalla riforma Maroni del 2015 e poi ereditata da Fontana, non è mai decollata e anzi la creazione delle Asst, le aziende sociosanitarie del territorio che assorbono sia la cura degli acuti che dei cronici, si è rivelata insoddisfacente per i pazienti fragili, quelli che non devono essere ricoverati ma devono essere seguiti a casa per patologie che durano negli anni.
La via scelta dalla Lombardia è stata la valorizzazione dell’alta ricerca, spesso privata, e la considerazione che i cittadini si possono adeguare a questo modello con visite specialistiche o andando nei pronto soccorsi. Oggi con il coronavirus questo modello si è mostrato nelle sue debolezze, visto che i medici di base non hanno subito individuato i malati, che si sono rivolti al pronto soccorso (diventati focolai). Tra le prime cose da rivedere c’è la gestione delle Rsa, per le quali è uscita una nuova delibera per la messa in sicurezza: saranno tutelate da ospiti esterni e malati di coronavirus.
Questo cambiamento sembra preludere ad un rimpasto di giunta. Cambiare assessore alla Sanità in questo momento per il governatore Attilio Fontana potrebbe sembrare un’ammissione degli errori fatti. Pertanto è possibile che se ne riparli dopo l’estate, quando sarà necessario passare ad una nuova riforma sanitaria. E allora servirà un nuovo nome.
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