LA DECISIONE DELLA bANK OF ENGLAND

Londra alza i tassi dopo oltre 10 anni

di Gianluca Di Donfrancesco

I saldi nei negozi di Oxford Street a Londra

3' di lettura

Alla fine hanno avuto ragione i mercati e il rialzo dei tassi d’interesse è arrivato: la Bank of England (Boe) ha accettato di correre il rischio di un’uscita forse prematura dall’era delle politiche monetarie ultraespansive, varando l’atteso aumento del costo del denaro. Una exit strategy comunque cauta, «molto graduale», come specifica la stessa Boe. Anche l’entità della manovra è quella attesa: i tassi salgono di 25 punti base allo 0,5%.

Per ritrovare l’ultimo rialzo dei tassi a Londra, bisogna spostarsi indietro nel tempo di oltre 10 anni, in un mondo completamente diverso da quello che conosciamo oggi. Era il luglio del 2007 quando la Boe portò i tassi al 5,5%. Molto difficilmente la decisione presa oggi aprirà la strada a una serie di mini-strette ravvicinate nel tempo. Tanto più che la maggioranza degli analisti e degli economisti, compresi quelli che si dichiaravano sicuri del rialzo, considerano la mossa un errore, non grave, ma pur sempre un errore. Come afferma Nicholas Brooks, Head of Research and Investment Strategy at Intermediate Capital Group: «La decisione della Boe si rivelerà probabilmente sbagliata». Resta inalterato il programma di acquisto di obbligazioni.

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Con una crescita economica stabile ma non robusta, l’unico fattore a spingere con decisione verso il rialzo dei tassi è l’inflazione, che ha raggiunto il 3% e supera di un punto il target della Boe. Questa però è in gran parte importata e risente del calo della sterlina, determinato dal voto sulla Brexit. Un effetto che dovrebbe gradualmente scemare, seguendo il recupero della valuta. I salari, al contrario, sembrano molto lontani dal rappresentare una minaccia per l’indice dei prezzi.

La Boe tuttavia teme che, con l’uscita dalla Ue, scenderà il potenziale di crescita dell’economia del Regno Unito: significa che sarà più bassa la velocità alla quale il Pil potrà correre senza generare troppa inflazione, rendendo così necessari tassi più alti anche con una crescita moderata o debole. Il Monetary Policy Committee, guidato dal governatore Mark Carney, ha votato con una maggioranza di 7 a 2 e le minute mostrano segnali di preoccupazione per la fragilità dell’economia e per l’approssimarsi della fatidica data del divorzio dall’Unione europea, all’inizio del 2019. «Le politiche monetarie - si legge nella nota del Committee - continueranno a fornire sostegno significativo all’occupazione e all’attività economica nelle circostanze eccezionali attuali ».

La Boe ha sostanzialmente confermato le stime di crescita, che passano dall’1,7% all’1,6% per il 2017 e restano all’1,6 e 1,7% rispettivamente per il 2018 e 2019. L’inflazione, che dovrebbe toccare un picco oltre il 3% a ottobre, rientrerà al 2,2% nell’arco dei prossimi tre anni.

L’alternativa al rialzo dei tassi sarebbe stata quella di deludere le aspettative generate a settembre dalla stessa Banca centrale, quando aveva parlato di aumento dei tassi «nei mesi a venire». Espressione che i mercati hanno interpretato come “alla prima occasione utile”. Negli ultimi quattro anni, la Bank of England era stata più volte sul punto di alzare il costo del denaro, salvo poi tornare sui suoi passi per prendere atto delle circostanze contingenti. L’ultima volta era successo ad agosto dello scorso anno, quando il costo del denaro fu addirittura portato ai minimi per mettere l’economia al riparo dallo shock che si temeva potesse generarsi dopo il referendum sulla Brexit.

Se oggi c’era in gioco la credibilità della forward guidance della Banca centrale britannica, la partita può considerarsi tutt’altro che chiusa. Perché se alla fine la decisione di alzare i tassi dovesse frenare la crescita, l’affidibalità della Boe e di Carney potrebbe risentirne in maniera anche più pesante.

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