ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùLa fine del lockdown

Londra, pub e ristoranti aperti: il «Manic Monday» vale un boom senza precedenti

Grazie al piano vaccinale, riaprono i locali della City ed è tutto esaurito fino a giugno. Ripartenza dei consumi che prelude al rimbalzo del Pil

di Simone Filippetti

Londra, i cittadini tornano ad affollare i pub dopo l'allentamento delle restrizioni

6' di lettura

LONDRA - All’angolo di Edwardes Square, nel cuore di Kensington a Londra, una piazza con un lussureggiante giardino, circondata su tutti e quattro i lati da identici e squadrati blocchi di austere case a schiera. Lì in mezzo, una targa blu ricorda che lì visse per un anno «the Italian poet and patriot» Ugo Foscolo. Attaccato alla ex dimora dell’autore dei Sepolcri svetta l’insegna della Scarsdale Tavern: il pub di proprietà della catena Fuller’s, noto birrificio di Londra, era stato inaugurato negli anni in cui Foscolo viveva nella piazza: ma la birra e l’agnello al forno gli saranno andati ogni volta di traverso, a lui che odiava i francesi che lo avevano costretto a lasciare la sua amata Venezia: la public house Scarsdale era stata costruita da un architetto parigino, Louis Leon Changeur, agli inizi dell’Ottocento, in vista di un’ipotetica invasione francese dell’Inghilterra. Se Napoleone avesse preso Londra, il suo quartiere generale sarebbero stato nella taverna.

Dopo la neve, il «glorious weather»

Lo Scarsdale è ritenuto, giustamente, uno dei pub più belli di tutta Londra, merito anche dei tavoli all’aperto sotto gli alberi e della vista sullo splendido giardino. Ma il giorno della riapertura, alla mattina sui tavoli, c’era un velo di neve: all’alba ha nevicato, quasi come se il meteo avesse voluto segnalare l’eccezionalità dell’evento. Dopo quasi quattro mesi di quarantena, la Gran Bretagna riapre i battenti: pub, ristoranti e negozi hanno riaccolto i clienti (solo all’aperto). Molti locali, rimasti sprangati da prima di Natale, avevano ancora alle finestre alberi di Natale e addobbi delle feste: una scena surreale a Pasqua. Lo Scarsdale esibisce aiuole fiorite, ma non ha riaperto, perché ha pochi tavoli fuori e ha deciso di aspettare metà maggio, quando tutti i locali potranno accogliere clienti anche all’interno. Peccato, perché la giornata, come spesso accade in primavera a Londra, si è tramutata in un «glorious weather», un tempo meraviglioso, con un mite sole che ha riscaldato i tavoli all’ora di pranzo. Per la gioia dei clienti e degli incassi: un picco di gente così alto nei pub non si era mai visto.

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La riapertura dei pub a Londra

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(Don’t know why) it’s Manic Monday

Lungo Old Brompton Road, tra Chelsea e Fulham, c’è The Bolton che si vanta di essere lì dal lontano 1892. Ed è chiuso: non ha abbastanza spazio per tavolini all’aperto. Poco più avanti, invece, il piccolo pub The Troubadour ha messo un paio di tavolini sul marciapiede: un gruppo di giovani sorseggia pinte di birra. Il lunedì della riapertura del paese è già stato ribattezzato «Manic Monday», il Lunedì pazzesco della fiumana che si riversa nei locali, quelli aperti. C’era da aspettarselo: è stata la chiusura più lunga nella storia recente del paese. Nemmeno durante la Seconda Guerra Mondiale, i londinesi dovettero sopportare tanto. E siccome, per la legge base della Fisica, a ogni reazione corrisponde una reazione contraria e uguale, ora la città vive il più grande rimbalzo di consumi mai visto. «Stiamo facendo orario continuato tutto il giorno, dalle 11 di mattina», spiega il proprietario del Troubadour. «Praticamente non c’è alcuna pausa tra pranzo e cena, ma serviamo pasti tutto il giorno». Era l’unico modo per gestire l’esagerata richiesta di prenotazioni. «Non ha visto niente di simile in decenni che faccio questo lavoro», osserva. E non è il solo: nessuno lo ha mai visto. In tutta Londra, è impossibile trovare un posto a sedere in qualsiasi locale: è un boom senza precedenti. Anche in locali molto meno economici e raffinati è tutto esaurito: alla Berners Tavern che, a dispetto del nome, è un elegante e costoso ristorante a Mayfair non ci sono posti fino ai primi di giugno. La campagna vaccinale record del Regno Unito porterà a un forte rimbalzo del Pil nel secondo trimestre dell’anno, trainato dalla ripartenza dei consumi.

E i parlamentari restarono a secco

In mezzo a tanto entusiasmo, c’è chi rimane al palo. Per i politici e i funzionari della Houses of Parliament sarà un «Dry April», un aprile astemio. Nel Regno Unito è tradizione il «Dry January», il gennaio senza bere, un mese per ripulirsi dagli eccessi del Natale. Quest’anno, dopo il gennaio, il centro di Londra fa il bis anche in primavera. I pub attorno alla zona di Westminster sono tutti rimasti chiusi: la storica St. Stephens Tavern, proprio di fronte al Big Ben, ritrovo preferito dei politici, riaprirà soltanto il 20 maggio. Anche gli altri due pub preferiti dai parlamentari, il Red Lion, a metà strada tra la House of Commons e Downing Street, e il Westminster Arms, dietro St. James’s Park, non alzeranno la saracinesca prima di metà maggio: sono tutti solo locali al chiuso. Parlamentari e Lord sono costretti a una forzata astemia. Un’altra beffa per la City di Londra, chiusa da un anno con grattacieli vuoti e vie spettrali. La pandemia ha spostato il business in periferia, dove la gente vive tra obblighi di stare in casa, lavoro remoto e passeggiate al parco di quartiere.

La classe operaia va al pub

Per vedere la folla bisogna andare fuori dal centro, per esempio ad Hammersmith, quartiere che vanta secoli di tradizione popolare, a cominciare dal nome: in inglese «hammersmith» è il fabbro, perché questo era il sobborgo degli artigiani che lavoravano il ferro. Il Blue Boat, pub sul lungo Tamigi, è il ritrovo di quella classe operaia cantata da John Lennon che però oggi è molto più operaia e molto più gentrificata. All’ora di pranzo, il moderno locale dentro un complesso residenziale di lusso è tutto esaurito: «Non c’è posto», spiega dispiaciuto il cameriere italiano. «Se vuole mangiare, può sedersi a un tavolo, ma le deve liberare entro mezz’ora perché è prenotato”» Sul sito internet del pub, non risultano posti liberi per pranzo fino al 17 maggio, giorno in cui la capienza aumenterà. Quando Boris Johnson, annunciando a fine marzo uno spiraglio di riapertura, ha invitato gli inglesi a spendere i soldi e andare al pub a farsi una birra, devono averlo preso alla lettera.

Una tempesta in un bicchiere (di birra)

La frenesia da pinta, però, non cancella del tutto la tempesta che si è abbattuta. La sera del 12 aprile lungo Earl's Court Road, una delle tante vie della movida, tutti i pub sono chiusi. E non solo perché banalmente non hanno spazio esterno: in realtà avrebbero potuto averlo, allargandosi nelle viette laterali. Molti locali a gestione familiare o finanziariamente gracili sono stati spazzati via dal Covid. Molti non riapriranno nemmeno a metà maggio: l'agenzia di rating Standard&Poor's calcola che quasi 6mila sono spariti per sempre. La pandemia ha falcidiato i piccoli, quelli a conduzione familiare o con giri d'affari ridotto. Migliaia di attività non sono riuscite a sopravvivere, nonostante la pioggia di aiuti pubblici (i ristori per i proprietari, la Cig per i dipendenti e il menù scontato a carico del Governo nei due mesi estivi in cui avevano riaperto). Alla fine non sono bastati nemmeno il blocco dei pagamenti ai fornitori (che avevano consegnato la merce e sono stati la categoria più penalizzata) e i proprietari degli immobili, costretti a rinunciare a mesi di affitto, si calcola che circa 10mila licenze di locali con alcolici siano state cancellate. E con un 2020 dove le inaugurazioni sono state pochissime, concentrate solo nei primi due mesi, il saldo tra aperture e chiusure è stato negativo di 5.970 pub: un peggioramento del 175% in un anno. I pub, nel Regno Unito, non sono solo una voce pesante della Movida Economy, l'economia di ristoranti. Ma anche una grossa fetta di mercati finanziari: la maggior parte dei locali sono di proprietà di gruppi quotati alla Borsa di Londra. Il colosso è Greene King, che con 2700 pub e un fatturato di oltre 2 miliardi di sterline è la più grande catena, oggi di proprietà della cinese CKA; seguita da Stonegate (770 milioni) ed Ei Group (700 milioni). E poi decine di piccoli gestori.
Gli analisti di S&P prevedono un futuro roseo per i pub di periferia, nelle zone residenziali, che nel paese hanno tutti grandi tavolate all'esterno; mentre è più difficile il futuro di quelli in centro città, svuotato da smart working e regole sul distanziamento. Il ribilanciamento tra City e sobborghi, però, è solo la punta di un iceberg che si è ghiacciato molto prima del Covid e che la pandemia ha solo accelerato.

Non è tutta birra quella che luccica

In Inghilterra i pub vengono da due decenni di lento ma inesorabile declino: il consumo di birra nei pub è in continuo calo (-16% negli ultimi 10 anni, secondo la British Beer& Bar Association). Per due motivi: l'ondata salutista che sta montando tra le persone. E lo spostamento dei consumi verso il segmento premium, spinto dal fenomeno delle birre artigianali: nei pub si beve sempre meno, ma sempre meglio. Sale anche il prezzo e questo consente ai gestori di compensare coi margini il calo dei ricavi, ma i pub hanno un problema finanziario strutturale. Sono un'attività ancora molto labour intensive, dove il costo del lavoro pesa molto: in un pub, in media, una cifra tra 35% e il 40% dei ricavi finisce in buste paga. La riapertura del paese, che sarà poi totale da maggio, rimette in moto la macchina dei consumi. Ma per i pub la strada verso la normalità è ancora lunga: ci vorranno almeno tre anni per ritornare ai livelli del 2019, calcolano gli analisti di S&P. Come sempre succede, in ogni epoca storica e in ogni settore, Mors Tua è Vita mea: la selezione darwiniana, avvantaggerà i gruppi più robusti, quelli che potranno resistere alle scosse di assestamento: andranno a caccia dei locali rimasti chiusi, quelli più appetibili.



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