Luna funambola
di Marinella Guatterini
3' di lettura
Un teatro bomboniera con un palco della misura di un metaforico fazzoletto si supporrebbe vietato alla danza. Invece, il restaurato e gradevolissimo “Gerolamo” ci tuffa addosso i suoi ballerini, i loro movimenti, le espressioni, l’intera fisicità come raramente accade. E se una stella della levatura di Luciana Savignano ci volteggia sopra, s’incupisce o sorride senza trapelare la sua settantatreenne maturità (anzi spazzandola via), vuol dire che quello spazio mignon può essere eletto a nuovo habitat della danza milanese per piccoli ensemble e grandi étoile.
Si deve alla coreografa Emanuela Tagliavia e al compositore Giampaolo Testoni il risveglio di primavera di una stella-mascotte milanese e internazionale, sempre pronta, per la verità, a mettersi in gioco. Con quel suo fisico dinoccolato ed esilissimo, si è inserita dapprima in alcuni estratti dal fortunato Luminare Minus, balletto, nato nel 2007, quando al Museo della Scienza e della Tecnica fu consegnato un frammento lunare, poi, in Funambolia, quadretto onirico, giocoso, spruzzato di turbamenti; soprattutto, creazione espressamente costruita addosso a lei, ma con sale e pepe per evitare quelle ovvietà in cui spesso si incappa in siffatti omaggi.
Un cameo dedicato a Galileo
Intreccio tra mito e scienza, Luminare Minus perde nello spazio mignon un gran numero di interpreti, ma le video-proiezioni (di Davide Montagna e Giuseppe De Angelis) avvampano come le fasi di una luna magnifica forse in 3D. Della danza rimangono alcuni momenti di Selene, bianca e nuova e di Ecate, nera e ambigua con un gran manto blu notte dal quale escono due teste e altrettante misteriose creature. Resta pure un cameo dedicato a Galileo e al suo temporaneo fallimento e un luminoso ed energico passo a due in cui una luce rossastra investe due corpi giovani e poderosi, stagliandoli contro un fondale di alberi scuri. Pur assai ridotto, Luminare Minus mantiene l'originario tono aulico e il tocco austero, esatto opposto del successivo viaggio “funambolico”.
L’idea di una famigliola che mescola differenti età e generazioni e consente voli pindarici, senza capo né coda (in parte espunti da Neve, controverso racconto di Maxence Fermine) è perfetta per Funambolia, come il suo rapinoso inizio. Tutti seduti le braccia organizzate al vento di un valzerino-bijoux di Sostakovič : mette subito di buon umore. Poi la diva si accascia sulla sedia e d’improvviso vi sale sopra, dopo averci raccontato, con voce suadente e registrata, di linee rette e gente “in equilibrio sul crinale della vita”, muovendo anche le agilissime braccia ad uccello. Di funamboli veri e propri, per la verità, non v’è traccia: nelle scene successive c’è chi cammina su pesanti tasselli di legno buttati a terra con fragore; chi stende fili da un lato all’altro dei boccascena, mentre un danzatore ricoperto di palloncini fatti scoppiare da una furbetta, resta guancia a guancia con lei e un gonfiabile di mezzo. Molto ben costruito, su ricordi balanchiniani e su musica di Poulenc, l'intreccio delle ballerine ha inizio con un passo a due tra coreografa e interprete. Sono appoggi e ritrosie organizzate in girotondi, giochi d’auriga (Savignano cita Apollo) che scuote cavalli, braccia che formano crocevia. Sono tira-e-molla tra donne di diversa età. Invece i passi a due dell’étoile con l’elegante e saldo Luigi Boatti dettano il crescendo di una conoscenza amorosa dapprima necessaria (Messiaen), poi felice in sé, tanto che si tocca il cielo con le dita, in arditi lift e si viene posate a terra per raccattare un fiore donato col sorriso anche se chi lo riceve è già tra le quinte.
Spazio per Edith Piaf e Nilla Pizzi
Schumann e Liszt lasciano spazio anche ad Edith Piaf. Funambolia vive di plurimi sfondamenti sonori: qui sulla voce gracchiante del “passerotto” s'arricchisce pure di un breve sketch-musical maschile in abiti neri e gilet lustrini. L’arrivo della coreografa con valigia e subito fasciata con un drappo bianco sul volto prepara il terreno a Grazie dei fior intonata da Nilla Pizzi, struggente canzone d’amor finito, qui equivalente alla perdita della protagonista intenta a cercare quel fiore donato all’amato ma senza esito. D’altra parte, come insegna Pina Bausch, “l’amour vien et s’en va heureusement pas”, e in giapponese si dice “ai”. Però la famiglia funambolica aiuta ogni pena di cuore: dopo una scena di caos e sconcerto (Morton Feldman rielaborato da Testoni) si ritrovano tutti seduti. È l’inizio dell’inizio…manca solo Savignano che puntualmente arriva.
Funambolia porge con levità, senza soffocare; bravi il già citato Luigi Boatti con Sonia Bonavigo, Liber Dorizzi, Filippo Porro, Karina Samoylenko, Eva Stokic, Tagliavia come interprete e coreografa; il compositore Testoni alle prese con suoi e altrui brandelli sonori. Savignano coraggiosa, senza età.
“Luminare Minus”/”Funambolia”/Emanuela Tagliavia, Giampaolo Testoni, Teatro Gerolamo, Milano, poi in tournée estiva. Al Gerolamo “La pazzia di Orlando”/I Figli d’Arte Cuticchio 10-11 aprile.
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