Lusso, acquisti sempre più giovani. Ma lo shopping in negozio batte quello digitale
Per la prima volta la spesa della Gen Z e dei Millennials ha superato quella di Gen X e Boomers. Ma tutte le fasce d’età continuano a preferire fare acquisti in negozio alle piattaforme digitali
di Marta Cassdei
3' di lettura
Nonostante l'incertezza globale il mercato del lusso cresce (dell'8% nella peggiore delle ipotesi nel 2023) e continuerà a crescere da qui al 2030, complice una forte propensione alla spesa (+40% nel 2024) dei consumatori più abbienti. Consumatori sempre più giovani: per la prima volta gli esponenti della Gen Z e i Millennials (210 miliardi) hanno superato quelli di Gen X e Boomers (190 miliardi). Indipendentemente dall'età, però, in oltre un caso su due non sono contenti dell'esperienza di shopping online offerta dai brand del lusso, che nelle loro valutazioni risulta addirittura peggiore rispetto a quella offerta dai brand “di massa”. «Offrire un'esperienza eccellente online, in linea con quella che viene offerta nelle boutique fisiche, è una sfida complessa per le aziende del lusso che devono fare fronte a una clientela sempre più esigente, con aspettative sempre più alte», ha commentato Matteo Lunelli, presidente di Altagamma.
Cina, Arabia Saudita e Usa spiccano per propensione di spesa
La fotografia emerge dalla ricerca True-Luxury Global Consumer Insight di Boston Consulting Group (Bcg), presentata ieri a Milano al 9°Consumer and Retail Insight di Altagamma, e realizzata intervistando 12mila high spender (39mila euro di spesa media in abbigliamento e accessori) in 11 Paesi : «La propensione alla spesa è molto alta in Cina, in Arabia Saudita, dove il mercato del lusso raddoppierà entro il 2030, e negli Stati Uniti , contrariamente alla percezione corrente», spiegano Filippo Bianchi, managing director e senior partner di Bcg, e Guia Ricci, managing director e partner di Bcg. Che sottolineano come proprio le performance della Cina, unite a quelle di Stati Uniti ed Europa, potrebbero portare la crescita del mercato del lusso nel 2023 al +13 per cento. Mentre tra le aree emergenti più promettenti sul medio lungo termine c'è senza dubbio l'Arabia Saudita: il mercato interno («ancora letteralmente da costruire», come specificano Bianchi e Ricci) dovrebbe raddoppiare entro la fine del decennio, passando dagli attuali tre miliardi di euro a 6 miliardi di euro nel 2023. A questi si sommerebbero 12 miliardi di euro di spesa dei sauditi in altri paesi, tra cui le principali capitali dello shopping in Europa e Usa.L'online non soddisfa gli high spenderTornando allo scollamento tra le esperienze di shopping online e offline, dalla ricerca di Bcg emerge chiaramente come meno della metà dei clienti high spender (46%) sia soddisfatto dell'esperienza di shopping online offerta dai marchi del lusso. E per diverse ragioni, sia di servizio (dal livello evidentemente basso di trasparenza su taglie e fit alla disponibilità della merce o alla velocità di consegna) sia “identitarie”: i consumatori infatti non trovano una corrispondenza tra l'esclusività dell'esperienza di shopping in store - in cui gioca un ruolo importante il rapporto umano - e quella sul sito. Quando infatti si parla di esperienza “fisica” di shopping le risposte degli intervistati cambiano radicalmente: la soddisfazione, infatti, è doppia nei negozi dell'alta gamma.
Solca (Bernstein): monomarca stabili (+0,5%) sul 2019
I monomarca rappresentano ormai da oltre 10 anni il principale canale di vendita del lusso. Tra il 2019 e il 2023, tuttavia, la rete globale di negozi dei principali brand è rimasta sostanzialmente stabile (+0,5%) con 6.509 monomarca, come emerge dallo studio Luxury Retail Evolution, presentato da Luca Solca, senior research analyst, Global Luxury Goods di Bernstein: «Negli ultimi 4 anni la rete si è mossa molto poco – commenta Solca – e gli store si confermano concentrati in 25 città del mondo tra cui Milano e Roma: un vantaggio per i piccoli brand che possono concentrarsi su location strategiche e avere pochi store, ma migliori».Le (poche) aperture negli ultimi 4 anni sono state concentrate in Asia Pacifico (East Asia e Greater China) ed Emea (Medio Oriente, Nord Europa ed Europa Occidentale) e tra i brand che hanno aperto più insegne ci sono Moncler, Gucci e Dolce&Gabbana. Di contro Micheal Kors ha avviato una massiccia riorganizzazione della rete di distribuzione in Usa, con 115 chiusure in Nord America ( e 132 a livello mondiale, alcune delle quali in Cina).
Negli ultimi 4 anni Solca ha individuato un'escalation di «flasghip landmark come la Maison Dior aperta in Avenue Montaigne a Parigi: un luogo unico, che ha legami storici con la maison visto che è lì che lo stesso monsieur Dior rese celebre il marchio, e che è a suo modo inclusivo visto che offre dalla caffetteria agli appartamenti destinati a vip clients e ospita anche un museo». Lo stesso vale per il landmark flagship store di Tiffany a New York, nel quale pare che il brand che fa capo a Lvmh abbia investito 500milioni di euro.
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