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Lusso, le alleanze con i big fanno crescere le pmi

Le piccole imprese d’eccellenza del sistema moda italiano devono affrontare una serie di sfide per poter continuare ad esistere e crescere e le grandi aziende possono supportarle in questo percorso

di Chiara Beghelli

(Drobot Dean - stock.adobe.com)

2' di lettura

Ricambio generazionale, formazione e innovazione sono fra le sfide più urgenti che le piccole imprese d’eccellenza del sistema moda italiano devono affrontare per poter continuare a crescere, e a volte a esistere. Sfide nelle quali le grandi aziende possono essere un prezioso supporto, come dimostra il caso della divisione Métiers d’Art di Lvmh, guidata da Matteo de Rosa: «Siamo una comunità formata da oltre 20 aziende, un numero in crescita, attive in tutto il mondo e in tutti i settori del lusso, dagli allevamenti alla produzione di gioielli – ha detto intervenendo al Luxury Summit –. Aiutiamo queste imprese a capire come potranno sviluppare il loro futuro, le spingiamo a innovare, seguendo una logica di lungo periodo, caso per caso. Possiamo proporre loro delle partnership o l’entrata con una quota. Nel 90% dei casi sono in difficoltà per la mancanza di una nuova generazione di imprenditori. E anche qui, supportiamo la transizione: nel caso della conceria di pelli esotiche rilevata in Italia (Ally Projects, nel settembre 2022, ndr), quando siamo arrivati l’età media era di 55 anni, adesso è di 28. Abbiamo creato un’azienda che ora è attrattiva anche per i giovani».

Per contribuire a risolvere il problema della mancanza di giovani artigiani, Dolce & Gabbana ha lanciato le sue Botteghe dei Mestieri e sviluppato una fitta rete di collaborazioni con aziende di tutta Italia: «Da 38 anni la nostra azienda alimenta un ecosistema virtuoso con un valore anche sociale, è un’evoluzione del mecenatismo di un tempo - ha notato Alfonso Dolce, ad di Dolce & Gabbana -. Per la nuova collezione Casa abbiamo coinvolto 200 artigiani che hanno condiviso con noi il loro know-how. Certamente l’artigianalità può integrarsi con l’innovazione. Per esempio, da quando siamo diventati un’azienda fur free, facciamo lavorare le pellicce sintetiche dai maestri pellicciai, come se fossero naturali, per rendere il prodotto di qualità uguale o superiore».

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La necessità di un approccio inclusivo e aperto all’innovazione è stata condivisa anche da Antonella Centra, executive vice president general counsel, corporate affairs & sustainability di Gucci, che ha ricordato come il percorso di sostenibilità dell’azienda sia iniziato nel 2007: «È importante che ci siano aziende capofiliera in grado di aiutare le piccole a crescere in questo percorso - ha sottolineato - per avviare un circolo virtuoso che coinvolga tutti. Grazie a un approccio di sistema siamo riusciti a raggiungere in anticipo alcuni obiettivi di sostenibilità fissati per il 2025 come l’abbattimento delle emissioni. Ora puntiamo al prodotto, con il nuovo Circular Hub, una piattaforma aperta. E saremo pronti a condividere i nostri risultati non solo con gli altri brand del nostro gruppo, ma anche con terzi».

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