Lusso, la Cina in ripresa resta un’incognita
La Repubblica Popolare è alle prese con uno scenario macro economico incerto e un forte cambiamento delle abitudini di acquisto. Ma rimane il principale cliente del lusso, in patria e all’estero con i cinesi che hanno ripreso a viaggiare
di Marta Casadei
4' di lettura
Per anni è stata considerata la Mecca del lusso mondiale e, tra alti e bassi, dopo una pandemia che ha tenuto chiuse le frontiere per tre anni e con una bolla immobiliare appena esplosa con il fallimento del colosso Evergrande, continua a rappresentare il cliente più importante per i marchi dell’alto di gamma. Molto, però, in Cina sta cambiando. Con una serie di incognite per i brand del lusso.
Crescita meno esplosiva
Nella Repubblica Popolare nel 2022 si sono concentrate vendite di beni di personali di lusso pari a 59 miliardi di euro (per l’area Mainland China secondo il Monitor Altagamma-Bain) ed entro il 2030 i cinesi, in patria o in viaggio, acquisteranno il 40% dell’intero valore del mercato dei beni personali di lusso, che per l’epoca dovrebbe attestarsi tra i 530 e i 570 miliardi di euro. Quest’ultima previsione, oltretutto, è frutto di una revisione al ribasso diffusa proprio quest’anno alla luce di quanto accaduto dal 2020 in poi: in origine Bain&Co. aveva stimato che i cinesi avrebbero assorbito la metà del valore del mercato entro il 2025. Dunque la leadership si sta sì concretizzando, ma in modo meno esplosivo.
Driver delle vendite 2023
La Cina, dunque, non macina vendite di prodotti di lusso allo stesso ritmo dell’ “ubriacatura” pre Covid, ma ha continuato a trainare le vendite dell’alto di gamma in questo 2023 stretto tra minacce di recessione, tassi al rialzo e prezzi al consumo ancora alti che pesano sullo shopping della “base” della piramide del lusso, quella più aspirazionale. In concomitanza o subito dopo la riapertura delle frontiere avvenuta a gennaio, i marchi occidentali hanno ripreso a vendere e a investire nell’ex Celeste Impero. Con riflessi positivi sui conti economici. I due big del lusso mondiale nel primo semestre del 2023 hanno visto crescere le vendite in Asia: Kering ha registrato 3,7 miliardi di euro di vendite in Asia-Pacifico, pari al 37% del business e in salita del 16% sul primo semestre del 2022 a cambi costanti; Lvmh ha aumentato la quota di ricavi provenienti dall’Asia (escluso il Giappone) dal 32% del 30 giugno 2022 al 34% dello stesso giorno 2023, percentuale che sale al 41% (contro il 38%) se si stringe il focus sulla divisione Fashion and Leather goods. E le previsioni per l’anno in corso fatte prima dell’estate erano positive: l’Altagamma Consensus - che incrocia i pareri di numerosi analisti del settore - nel suo aggiornamento di giugno aveva rivisto al rialzo l’outlook sulla Cina (+14% sul 2022), complici la crescita della classe media, nuove città residenziali e turistiche, competenza digitale delle nuove generazioni, riscoperta del leisure dopo i lockdown.
I nodi economici
Poi sono arrivati la crisi immobiliare, i dati sulla disoccupazione giovanile elevata (21,3%) e il Pil 2023 con stime intorno al 4,5% e quindi inferiori al 5% che il governo di Pechino si era posto come obiettivo per l’anno in corso. Che non hanno intaccato i risultati 2023, ma potrebbero influire sul 2024. «Quest’anno si chiuderà con un forte impulso degli acquisti cinesi in salita a doppia cifra - spiega Claudia D’Arpizio, senior partner Bain&Co, a capo del verticale Luxury Goods-. È difficile prevedere il futuro con precisione: i prospect impattano sulla fiducia dei consumatori. Non ci aspettiamo un ritorno ai ritmi di crescita pre Covid, ma il mercato rimane forte. A patto che non cambino alcune politiche del governo». Alla spesa in patria, oltretutto, si affiancherà quella in viaggio: «I cinesi hanno ripreso a viaggiare: in Corea, Giappone e lo faranno sempre di più anche in Europa», dice D’Arpizio.
Consumatori in evoluzione
Se alcuni analisti scommettono sull’onda lunga del revenge spending - «molti ricchi cinesi vogliono mettersi il Covid alle spalle - dice Luca Solca, managing director, Luxury Goods di Bernstein - e hanno grande appetito per i prodotti di lusso» - l’incognita Cina non si gioca solo sui dati economici, ma anche sul cambiamento dei consumatori e delle loro aspettative. Che si traduce in una sfida per le aziende del lusso: «Fare business in Cina è diventato più difficile - conferma Filippo Bianchi, managing director e senior partner Bcg, capo europeo della divisione Fashion &Luxury -. Il vecchio modello di business in cui le decisioni erano al 100% radicate in Occidente non funziona più». Bianchi parla di un outlook «moderatamente più freddo» sulla Cina, che rimarrà comunque «il principale mercato del lusso al mondo».
Gen Z in crisi
Il cambiamento riguarda soprattutto le giovani generazioni, quelle che fino a oggi hanno contribuito alla crescita del mercato: «I giovani cinesi hanno cambiato atteggiamento: non sono più sicuri di poter trovare lavoro e di avere abbastanza soldi per acquistare prodotti di lusso - spiega Yuan Zou, head of Europe Luxury & Fashion di Hylink , agenzia digitale cinese -. Preferiscono esperienze o prodotti di nicchia. E marchi cinesi». Secondo Zou l’impatto della crisi immobiliare sarà inevitabile: «La compravendita di appartamenti era un modo per accumulare ricchezze - continua - e questo avrà un’influenza negativa sulle loro disponibilità economiche». È cambiato anche l’approccio ai viaggi: «La Gen Z cinese è molto più rilassata e non ha il mito dell’Europa. Chi può permettersi di acquistare brand di lusso lo fa anche ad Hainan».
Hainan: successo o flop?
La destinazione duty free cinese - “costruita” negli ultimi cinque anni, complici una serie di politiche fiscali favorevoli varate dal governo cinese per rimpatriare la spesa - ha attirato numerosi investimenti da parte dei marchi del lusso e punta a 11 miliardi di dollari di vendite (fonte Oc&c Strategy consultant) dopo aver chiuso il 2022 poco sotto i 7 miliardi e in crescita del 30% sull’anno record 2021. L’impressione di un team di analisti di Barclays che a giugno ha visitato l’isola - e in particolare l’Haikou International Duty-Free City mall - è stata però decisamente diversa: «Il footfall - hanno scritto in un report del 7 agosto - è apparso molto basso (..). Il mall supera in dimensione il più grande di quelli europei e nonostante questo stimiamo che ci fossero al massimo 100 persone nel momento in cui l’abbiamo visitato, un mercoledì all’ora di pranzo nel pomeriggio».
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