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Lusso in ripresa nel 2017: il merito va ai Millennials

di Giulia Crivelli

(Fotogramma)

3' di lettura

La prima buona notizia è che il mercato dei beni di lusso personali è tornato a crescere: chiuderà il 2017 a 262 miliardi di euro, segnando un +5% sul 2016. Non solo: si tratta di una crescita «sana», ha sottolineato Claudia D’Arpizio di Bain&Co. presentando i dati del Worldwide Market Monitor in occasione dell’Osservatorio Altagamma. Sana significa equilibrata in termini di aree geografiche, nazionalità dei consumatori, peso dei canali e delle varie categorie di prodotti. Non ci sono più, come era accaduto nel 2016 e in parte nel 2015, Cenerentole e principesse, tartarughe e lepri (con un paio di eccezioni, come Gucci o Moncler, che confermano la regola). La seconda buona notizia è che nel 2017 l’80% delle vendite di beni di lusso sono riconducibili a Millennials, donne e uomini under 40. Come dire che il mercato dei beni di alta gamma, che qualcuno definisce “ad alto valore simbolico” ha un futuro che va oltre i baby boomers americani e di tutto il mondo.

Poi c’è una terza notizia, che non sarebbe corretto definire cattiva ma che potenzialmente può spaventare, come ogni radicale cambiamento. Claudia D’Arpizio e Andrea Illy e Armando Branchini – rispettivamente presidente e vicepresidente di Fondazione Altagamma – hanno spiegato che «l’ingresso dei Millennials nell’arena del lusso ha cambiato il mondo in cui vengono effettuati gli acquisti e deve spingere i brand di lusso a ridefinire la loro offerta».

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Chi ha già investito in questo rinnovamento e abbracciato il cambiamento culturale «può contare, negli anni a venire, su una significativa crescita potenziale del mercato», ha spiegato Claudia D’Arpizio. A patto di non interrompere il circolo virtuosoinnescato dall’ascolto del mercato (oggi sono i Millennials, domani sarà la Generazione Z e poi chissà) e a patto di perseguire con costanza l’obiettivo di sorprendere ogni giorno. Sé stessi e i consumatori (si veda anche il box in pagina sul caso Eataly).

I dati dell’Altagamma Consensus, realizzato con il contributo dei maggiori analisti internazionali di banche e società di consulenza, confermano il quadro dipinto da Claudia D’Arpizio: «Per il 2018 prevediamo crescite del 4% per abbigliamento e cosmetica, del 5% per orologi e gioielli e del 7% per la pelletteria – ha spiegato Branchini –. Equilibrato inoltre l’andamento dei mercati: le vendite aumenteranno ovunque, con un record del +10% in Asia. Stessa crescita per la redditività media: il nostro panel di analisti prevede un aumento del 10% dell’ebitda, a conferma della solidità del settore».

Solidità e rosee prospettive ribadite da Vittorio Ogliengo, che guida la divisione Cbi (corporate & investment banking) Italy di Unicredit: «Vogliamo essere un punto di riferimento per le aziende del settore. Eroghiamo finanziamenti, certo: nei primi sei mesi del 2017 abbiamo superato i 6 miliardi e per l’intero anno arriveremo almeno a dieci miliardi. Ma puntiamo anche ad accompagnarli nel cambiamento imposto dal mercato – ha detto Ogliengo –. Il retail non è più l’unica priorità, le risorse oggi devono servire anche a migliorare la supply chain, la logistica e la tecnologia. Occorre cambiare l’idea di capex ed è importante sfruttare il buon momento di tassi bassi e grande liquidità, anche grazie allo strumento dei Pir, molto utili per le Pmi».

Tornando al Monitor di Bain, il 2017 indica un ulteriore aumento degli acquisti da parte di cinesi, in patria e all’estero: nel 2016 erano già la prima nazionalità, con il 30% del mercato, ora sono passati al 32%. A seguire americani (22%), europei (18%)e giapponesi (10%). Ad altri consumatori asiatici e del resto del mondo è riconducibile il restante 18% dei 262 miliardi di vendite di beni di lusso. Tra i canali la performance migliore è stata quella dell’online(+24%), seguito dagli aeroporti (+12%) e outlet (+12%). Dati che confermano l’importanza di un approccio multicanale, anche se Claudia D’Arpizio preferisce parlare di «ecosistema della distribuzione». Occorre riconoscere le specificità di ogni canale e favorire l’osmosi – ha concluso l’analista di Bain – gli ultimi anni hanno dimostrato che il rischio cannibalizzazione era sovrastimato».

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