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M5S, che succede adesso: Di Maio guarda al centro, Conte «sostiene» Draghi

Il terremoto generato nel Movimento 5 Stelle dalla fuoriuscita del ministro degli Esteri crea non pochi grattacapi all’ex premier

di Emilia Patta

Luigi Di Maio lascia il M5s: "Scelta sofferta, da oggi inizia nuovo percorso"

3' di lettura

«Il M5S è finito? Ma non scherziamo». «Non siamo più la prima forza parlamentare? Il M5S rimarrà la prima forza politica a occuparsi di giustizia sociale e transizione ecologica e digitale». «Vogliamo uscire dal governo? Il sostegno a Draghi non è in discussione». «La questione delle armi all’Ucraina? Non abbiamo mai messo in discussione la collocazione internazionale dell’Italia». A ventiquattr’ore dal martedì nero del Movimento, che ha visto l’uscita del leader storico e ministro degli Esteri Luigi Di Maio con 62 parlamentari, Giuseppe Conte sembra minimizzare l’accaduto.

Le difficoltà create dalla mossa di Di Maio

Ma è chiaro che, come lui stesso ammette, nel voto sulla risoluzione sulle comunicazioni del premier è stato «messo in difficoltà»: con la scissione di Di Maio in corso proprio mentre la maggioranza trattava sul testo, Conte si è visto costretto a cedere accettando l’impostazione di Mario Draghi: per l’invio di nuove armi all’Ucraina non ci sarà bisogno di nuovi voti del Parlamento, dal momento che il decreto approvato a inizio marzo autorizza il governo fino a fine anno. Le parole forti di Draghi nelle comunicazioni di mercoledì 22 giugno alla Camera («l’Ucraina si deve difendere, le sanzioni e le armi servono a questo») confermano che su questo fronte, soprattutto dopo la creazione del gruppo atlantista e pro Ucraina di Di Maio, non ci sono e non ci saranno più spazi per distinguo.

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Il sorpasso parlametare della Lega

E non a caso Conte abbandona per ora il pacifismo e ridefinisce la missione del M5s sui due fronti della giustizia sociale e della transizione ecologica. Ma le difficoltà ci sono tutte, a cominciare dalla perdita del primato di prima forza parlamentare, un dato di fatto che depontenzierà le istanze del M5s nell’interlocuzione con il governo: con l’addio di Di Maio e dei parlamentari che hanno deciso di seguirlo nel gruppo Insieme per il futuro, il M5s passa da 155 a 105 deputati, da 72 a 61 senatori e perde cinque degli undici fra sottosegretari e viceministri in quota Movimento. In attesa di capire se si porrà la questione di riequilibrare le commissioni, intanto la Lega diventa il gruppo più numeroso alla Camera (132 componenti) e alla pari con il M5s in Senato (61).

Le «stilettate» in Tv

Anche per questo in serata, in Tv, i toni di Conte sono piuttosto cauti verso Draghi («È un po’ che non ci sentiamo, sicuramente lo sentirò questa settimana, ci confronteremo per valutare la situazione e capire come procedere») e non eccessivamente bellicosi verso lo stesso Di Maio («Lasciamo che si definisca questo gruppo e la sua azione, prima di dire se potremmo allearci con loro: mi sembra che ci sia un affollamento pazzesco al centro, io comunque gli auguro buona fortuna»). Anche se non risparmia la stilettata: «Di Maio non si permetta di minare l’onore del M5s, e se parliamo del Conte 1 e del Conte 2 allora bisogna ricordare anche i gilet gialli». Una cautela esemplificata da due slittamenti: il Garante Beppe Grillo, atteso a Roma in queste ore, ha infine desistito; e l’atteso voto sulla conferma del limite del secondo mandato a fine mese sarà probabilmente congelato. Evidente che non si vuole dare una spinta per ulteriori uscite verso Insieme per il futuro.

Di Maio costruisce i nuovi gruppi

Comprensibile che, in questa situazione e nonostante le assicurazioni del leader, continuino le spinte interne al M5s per uscire dal governo e passare all’opposizione o all’appoggio esterno: mercoledì a porre la questione, sia pure in modo molto soft («Restare nel governo? È uno dei temi da affrontare»), è stato il responsabile economico del M5s Stefano Buffagni. Un primo banco di prova sarà il voto di fine mese sul decreto Aiuti, che contiene la norma sul contestato termovalizzarore di Roma: tra le ipotesi c’è l’uscita dall’Aula. Intanto Di Maio procede nella costruzione del suo cantiere, che si pone esplicitamente al centro: in Senato la costituzione del gruppo sarà forse resa possibile dal «prestito» del simbolo di Bruno Tabacci Centro democratico. Nella giornata di giovedì 23 giugno la prima riunione dei gruppi con il leader: tra le ipotesi per i capigruppo ci sono Vincenzo Spadafora alla Camera e Primo Di Nicola in Senato.

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