M5S-Pd, il restyling di Quota 100 può portare in dote 12 miliardi in due anni
Il destino di “quota 100” ha subito trovato posto nell’agenda dei lavori dei tavoli tecnici di Dem e Cinque stelle. La strada imboccata dalle due forze politiche porta, per il momento, a una significativa “manutenzione” dello strumento per il pensionamento anticipato con almeno 62 anni di età e 38 di contribuzione
di Marco Rogari
4' di lettura
È uno dei capitoli “coperti” della trattativa tra M5S, Pd e il premier incaricato Giuseppe Conte. Tanto è vero che non compare in nessuno dei documenti programmatici circolati da quando è cominciato il confronto per la nascita di un nuovo governo giallo-rosso. Il destino di “quota 100” ha però subito trovato posto nell’agenda dei lavori dei tavoli tecnici di Dem e Cinque stelle. E la riflessione su una delle misure bandiera di quello che era l’esecutivo giallo-verde è stata di fatto già avviata. La strada imboccata dalle due forze politiche porta, per il momento, a una significativa “manutenzione” dello strumento per il pensionamento anticipato con almeno 62 anni di età e 38 di contribuzione, fortemente voluto dalla Lega.
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Due le opzioni principali. La prima prevede, a differenza di quanto introdotto con il “decretone” di gennaio, di rendere sempre vincolante l’aggancio automatico all’aspettativa di vita per le uscite anticipate (quota compresa), ad esclusione dei lavori usuranti e gravosi nel caso dei quali la platea esentata verrebbe allargata, e di ritarare le finestre d’uscita per ridurre i flussi annuali ma anche per prevedere una sorta di corsia agevolata per i lavoratori con carriere discontinue.
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È possibile anche una variante: l’innalzamento della soglia anagrafica della “quota” da 62 a 64 anni. C’è poi il vero perno del riassetto: sancire ufficialmente la cessazione di quota 100 nel 2021 al termine dei tre anni di sperimentazione. Un percorso che potrebbe essere ulteriormente abbreviato. Con lo stop anticipato di un anno, a fine 2020, lasciando comunque un varco non troppo stretto per l’uscita anticipata, in primis per i lavoratori coinvolti in crisi aziendali, soprattutto con il potenziamento dell’Ape sociale, che ora scade a fine 2019.
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Un’ipotesi, quest’ultima, che si è già affacciata nel corso dell’istruttoria tecnica sul programma e che, se il Governo Conte-2 nascerà davvero, sarà un passaggio ineludibile del confronto politico nelle prossime settimane, soprattutto perché gli spazi per muoversi all’interno del complicato quadro di finanza pubblica restano ristretti. Anche nel caso in cui da Bruxelles dovesse arrivare l’ok a una nuova, significativa tranche di flessibilità , resterebbero da trovare almeno 15 miliardi per la manovra “minima” da 30-35 miliardi . E per recuperare almeno una parte di queste risorse il nuovo governo potrebbe essere costretto a scegliere tra due sole alternative: l’aumento parziale e selettivo dell’Iva, considerato però impopolare e con la possibile ricaduta negativa di una frenata dei consumi, o il restyling con lo stop anticipato di quota 100, per il quale in ogni caso l’attuale sperimentazione non verrebbe prolungata oltre il triennio indicato dall’ultima legge di bilancio. E questa seconda via appare già quella più percorribile.
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Un intervento di questo tipo consentirebbe di risparmiare gli oltre 8,6 miliardi già stanziati per il 2021, che solo per una fetta verrebbero assorbiti dal prolungamento in versione rafforzata dall’Anticipo pensionistico con prestito bancario. Rimarrebbero disponibili almeno 6,5-7 miliardi, che si andrebbero ad aggiungere ai 2,5-3,5 miliardi di risparmi attesi per il prossimo anno a causa del tasso di adesione molto più basso di quello stimato inizialmente (domande inferiori di oltre il 30% rispetto alle previsioni). Ma la minor spesa 2020 potrebbe lievitare a 4,5-5 miliardi con la “manutenzione” in cantiere. In tutto la dote da recuperare da quota 100 potrebbe quindi arrivare a 12 miliardi in due anni, oltre un terzo dei quali utilizzabili già nel 2020.
«Di fronte al bivio tra un aumento anche parziale dell’Iva e un intervento su quota 100, io non avrei dubbi a optare per questa seconda soluzione, se non altro per la numerosità delle platee interessate»,afferma l’economimasta Marco Leonardi, ex consigliere economico di Palazzo Chigi con il Governo Gentiloni. E anche Alberto Brambilla, ex sottosegretario al Lavoro nell’esecutivo Berlusconi e presidente di “Itinerari previdenziali”, nel riproporre il suo progetto con Fondi di solidarietà e quota flessibile con 64 anni di età e 36-38 di contributi, sostiene che il «liberi tutti» che si ha con quota 100 così com’è «è incompatibile» con l’attuale stato dei conti pubblici.
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Anche altri i nodi da sciogliere. Anzitutto la sorte di opzione donna, la misura per agevolare l’uscita anticipata delle lavoratrici in scadenza a fine anno, per non parlare della querelle dei Cda Inps e Inail: già indicati dalla vecchia maggioranza giallo-verde ma di fatto non ancora nominati per il mancato ok finale al Dpcm della Presidenza. Con l’ulteriore incognita dei reali poteri dei nuovi presidenti dei due enti e dei due vicepresidenti.
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