Ma i (severi) paletti Ue puntano a tutelare i diritti fondamentali
l regolamento vieta previsioni basate su tratti e caratteristiche personali
di Edoardo Raffiotta
I punti chiave
2' di lettura
Quello tra libertà e sicurezza è sempre stato un difficile bilanciamento. Ormai da anni accettiamo di essere osservati dalle telecamere al fine di garantire l’incolumità. Ma la video sorveglianza pone seri problemi di privacy che normativa e interventi del Garante cercano di bilanciare.
Ora, l’intelligenza artificiale (AI) con la sua capacità di gestire quantità infinite di dati, potenzia fortemente tali sistemi. Da tempo, ad esempio, nei luoghi aperti al pubblico i sistemi informatici permettono di riconoscere tra migliaia di persone situazioni di allerta: un uomo che si accascia, aggressioni o altri reati. Ma la capacità degli algoritmi di elaborare migliaia di immagini consente anche di “seguire” chiunque, in qualsiasi momento. Ecco perché il regolamento Ue sull’Ai che il Parlamento europeo approverà a metà giugno vi dedica una particolare attenzione vietando il monitoraggio di massa e «l’identificazione biometrica remota “in tempo reale” in spazi accessibili al pubblico». Consente, invece, l’analisi di filmati “a posteriori”, ma solo se autorizzata in base al diritto dell’Unione e circoscritta a uno specifico reato.
Divieto di «valutazione del rischio»
È inoltre previsto un esplicito divieto degli strumenti di polizia predittiva che consentirebbero alle forze dell’ordine di «effettuare previsioni, profili o valutazioni del rischio delle persone» basati «su tratti e caratteristiche della personalità, compresa la posizione», anche se al fine «di prevedere il verificarsi o il ripetersi di un reato». Questi sistemi rischiano, infatti, di determinare discriminazioni e violazioni della dignità umana oltre che della presunzione di innocenza.
L’uso del riconoscimento facciale
Una particolare disciplina è poi dedicata al riconoscimento facciale. Il volto è espressione dell’identità della persona. La sua immagine rappresentata sui passaporti, giuridicamente ci identifica, ma dice molto anche su chi siamo e quali sono le nostre origini. Da quando, però, la tecnologia è entrata nei nostri telefoni, il volto serve anche per sbloccare lo smartphone o accedere al conto bancario. La sua immagine elaborata dall’Ai può però essere utilizzata per infinite finalità: la tecnologia di ultima generazione è in grado di riconoscere emozioni e pertanto studiare, comprendere e persino anticipare o indirizzare i comportamenti umani.
Può accadere allora che guardando uno schermo vengano riprodotti contenuti in base ai nostri gusti, selezionati in base alle espressioni di piacere o di fastidio che inconsapevolmente mostriamo alla telecamera. Oppure le forze dell’ordine possono prevenire e monitorare comportamenti criminali, avendo uno strumento anche in grado di verificare le dichiarazioni di un sospetto.
Divieto di categorizzazione biometrica
L’Ai Act fa molta attenzione ai sistemi biometrici e di riconoscimento delle emozioni, vietando le applicazioni che attraverso tecniche subliminali, manipolative o ingannevoli, falsano il comportamento personale, compromettendo una decisione consapevole. Si vieta altresì la categorizzazione biometrica che classifica le persone in base a caratteristiche sensibili.
Poiché si parla di sicurezza si tratta di restrizioni molto (forse troppo) forti della tecnologia, volte però a salvaguardare al massimo i valori della società europea e la sua libertà.
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