Macchinari, in Italia 55 miliardi di produzione: il 9% del mercato mondiale
Al quarto posto a livello globale dopo Cina, Giappone e Germania. Crescita a doppia cifra rispetto alle medie precedenti
di Luca Orlando
3' di lettura
In crescita a doppia cifra rispetto alle medie precedenti. Con performance superiori a Germania e Francia. Forti di una quota globale che sfiora il 9% che ci inserisce al quarto posto al mondo in termini di export.
Ingenium, non casualmente, è il titolo dell’analisi realizzata dal Centro Studi di Confindustria in collaborazione con Federmacchine sul settore dei beni strumentali, una delle aree di eccellenza del made in Italy, forte di una produzione di 55 miliardi. Perimetro circoscritto in 202 categorie di beni “Act”, caratterizzati cioè da Automazione, Creatività e Tecnologia. Mix vincente che vede quasi l’intero perimetro analizzato gravitare nel primo quartile in termini di competitività globale e ben 30 categorie a vedere un premio di prezzo rispetto a Francia e Germania, segnale del presidio della fascia alta in termini di valore aggiunto. Settori che nel mondo valgono un export di 28 miliardi di euro, “capitale” ampliato nell’ultimo periodo grazie a performance importanti. Rapportando la crescita del 2022 alla media del triennio precedente il progresso è del 14%, oltre a quanto realizzato da Francia e Germania.
Elettronica in crescita
Tra i 12 comparti analizzati, che spaziano dai robot al packaging, dal meccanotessile ai centri di lavoro, dalla fluidodinamica alla gomma-plastica, si osserva una presenza dell'elettronica sempre più pervasiva rispetto alla parte meccanica, una spinta crescente nell’adottare soluzioni “sartoriali” rispetto alle grandi serie, un crescente contenuto di servizi digitali nell'offerta. Area che si confronta da un lato con un trend non favorevole (-2,8% l’export globale tra 2018 e 2020) e in generale con un’arena competitiva sempre più agguerrita che tra +2018 e 2020 ha compresso di 1,4 punti la nostra quote di mercato. Che tuttavia, restando a ridosso del 9%, mantiene l'Italia ai vertici, alle spalle solo di Germania, Cina e Giappone.
Potenziale da 16 miliardi
Il sistema manifatturiero oggi affronta un periodo più sfidante, tra revisione al ribasso della crescita globale e balzo dei tassi di interesse e che tuttavia può contare su un export di 28 miliardi di euro. Cifra a cui nelle stime dello studio Confindustria, a cui ha contribuito anche Sace, si può aggiungere un potenziale di altri 16 miliardi. In parte sfruttando la domanda dei paesi occidentali, in primis Stati Uniti (+1,7 miliardi), Germania e Francia. In parte valorizzando al meglio le potenzialità di altre aree più remote. A partire dalla Cina, favorita da tassi di crescita oltre la medie globale, dove è ancora sfruttabile il 52% del potenziale: circa 2 miliardi. Oppure dalla Turchia, al secondo posto tra gli emergenti, dove è possibile quasi doppiare i livelli attuali di un miliardo di euro.
Serve una politica di sistema
«I beni strumentali - spiega la vicepresidente per l’internazionalizzazione di Confindustria Barbara Beltrame Giacomello - sono la robusta spina dorsale delle eccellenze italiane esportate all’estero. Senza di loro molti dei beni di consumo, che nel nostro immaginario rappresentano l’Italia nel mondo come moda, arredo e alimentare, non sarebbero realizzabili.
Export che dagli ultimi dati vede dei segnali di rallentamento dopo i livelli record registrati negli ultimi anni e che ha sostenuto la competitività dell’industria italiana in un contesto internazionale sfidante e incerto. Motivo in più per continuare a scommettere sul Made in Italy e impegnarci a rafforzarlo senza farci spaventare: ci sono grandi potenzialità che dobbiamo essere in grado di mettere a terra con una vera politica di sistema che accompagni le imprese, in particolare le piccole e medie, nei mercati esteri».
Collaborazione tra Confindustria e Federmacchine che sfocia anche in alcune raccomandazioni in termini di policy, sia livello globale (puntando a rafforzare gli accordi commerciali), che all’interno delle imprese, dove l’auspicio è che le traiettorie già avviate di customizzazione, servitizzazione e sostenibilità possano essere ulteriormente approfondite e implementate.
«A noi organi di rappresentanza - commenta il direttore generale di Federmacchine Alfredo Mariotti - spetta il compito di fornire alle aziende chiavi di lettura utili a comprendere al meglio lo scenario in cui operano e con questo spirito abbiamo sollecitato Confindustria nella realizzazione di questo Rapporto che ha una duplice valenza: prezioso strumento ad uso delle aziende per focalizzare l'attenzione sulle tendenze che caratterizzano il settore. E poi strumento di promozione, presso istituzioni, Governo e anche presso l'opinione pubblica, del valore di questo comparto».
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