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Machu Picchu e gli Imperi d’oro del Perù

Il racconto della civiltà plurimillenaria è al MUDEC fino al 19 febbraio 2023

di Ulla Holmquist e Carole Fraresso

5' di lettura

Per spiegare il significato contenuto negli oggetti che le società indigene delle Ande centrali ci hanno lasciato dobbiamo ricorrere al contributo di diverse discipline, tra cui l'antropologia, l'etnostoria, la linguistica e la storia dell'arte. Esse ci forniscono un quadro interpretativo che ci aiuta a capire i contesti e l'utilizzo degli spazi e dei manufatti recuperati dall'archeologia.

Cosmovisione andina

È importante ricordare che la stragrande maggioranza delle idee sulle varie cosmologie originali sono state costruite in base a concetti, nozioni e categorie che, in un primo momento, sono stati interpretati da cronisti spagnoli per diffonderli nel Vecchio Mondo, dalle testimonianze etnostoriche e dalla documentazione dell'impero Inca e del primo Periodo coloniale (XVI secolo d.C.) e, successivamente, reinterpretate con studi disciplinari in tempi più recenti. Inoltre è fondamentale tenere a mente che si tratta di uno sviluppo storico avvenuto in migliaia di anni e in un territorio vasto. Perciò bisogna capire ciò che intendiamo quando parliamo di cosmovisione andina, ovvero intendendo un'idea non monolitica e che potrebbe differire da altre precedenti prospettive, dato che stiamo cercando di descrivere un periodo di circa 3.000 anni della storia andina.

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Fortemente dipendenti dall'agricoltura per la loro sussistenza, le antiche società del Perù credevano che il loro mondo terrestre fosse popolato da esseri, umani e non umani, che interagivano tra di loro, ma anche con gli abitanti del mondo sotterraneo e con quelli dell'aldilà. In questo mondo (Kay Pacha, in quechua, il mondo del qui e ora), si lavora la terra, si costruiscono e puliscono i canali, si erigono terrazze agricole, si scavano e puliscono canali d'irrigazione e si arano i solchi per seminare. Qui non succede nulla se non c'è una convergenza favorevole di forze che vengono dall'alto (da Hanan Pacha, il mondo esterno, superiore, celeste, visibile) che permette la vita: la luce e il calore del sole. Queste forze devono lavorare in modo complementare con l'acqua e col substrato fertile del mondo sotterraneo (Uku Pacha, il mondo che è interno, nascosto, umido e buio) per far germinare le piante. Nella cosmovisione andina, in questo mondo dell'esperienza umana convivono forze che si incontrano e, in questo incontro, generano movimenti nuovi, crescita e vita.

Offerte agli Dei

Secondo questa visione del mondo, la vita personale, soprattutto la vita della comunità, è possibile solo grazie alle offerte agli Dei del mondo di sopra e all'adorazione dei defunti del mondo di sotto. In questo modo, si stabilisce un rapporto di mutuo impegno che assicura la presenza del Sole - che dà il calore e la luce necessari alla vita - e dell'acqua, che deve arrivare ad irrigare i campi e a fertilizzare la terra. La vita umana si svolge così in una costante ricerca di equilibri desiderati, in un mondo in cui tuttavia sorgono frequentemente squilibri, come quelli prodotti ogni tanto da piogge torrenziali causate dall'effetto di El Niño, o da gravi siccità o terremoti devastanti.

Gli oggetti archeologici che oggi possiamo vedere esposti nelle vetrine dei musei provengono principalmente dalle sepolture di governanti, sacerdoti e sacerdotesse del Perù antico. Alcuni di questi oggetti, sepolti nelle tombe, erano utilizzati in varie cerimonie, o erano gli indumenti che i capi politico-religiosi indossavano durante la vita e che poi venivano sepolti con essi. Perciò hanno la funzione di comunicare le identità dei loro utilizzatori sia quelle terrestri sia quelle che avrebbero assunto dopo la morte, per indicare le gerarchie ed esprimere i rapporti di potere esistenti nella società.Questi oggetti sono stati creati per stabilire dei canali tra i vivi e i morti, tra umani e forze della natura, perché nella visione del mondo delle società originarie delle Ande centrali, gli oggetti potevano essere considerati esseri animati in un mondo in cui interagivano con gli altri. I loro messaggi agivano nel contesto specifico a cui prendevano parte - che si trattasse di una festa, di una cerimonia o di un rituale domestico o comunitario - e in accordo con gli agenti sociali che li mettevano in azione. Tutti gli oggetti sono espressione del potere creativo di chi li ha prodotti e condividono un'essenza animata comune: la forza vitale che ispira ogni cosa esistente sulla Terra, che nella lingua quechua si chiama camaquen.

«Machu Picchu e gli Imperi d’oro del Perù»in mostra al MUDEC di Milano

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Tutti gli oggetti esposti al Mudec di Milano, che fanno parte della mostra “Machu Picchu e gli Imperi d'oro del Perù”, esprimono il modo di intendere e di rappresentare la comprensione del mondo delle società che li hanno creati, il modo in cui essi identificavano e capivano gli esseri che abitavano i diversi mondi e come spiegavano le relazioni tra di essi. I vasi e le figure di ceramica, gli oggetti tessuti o ricoperti di piume, i contenitori e gli ornamenti corporei di metallo, di osso e conchiglia, come pure le sculture di legno e pietra, sono manufatti attraverso cui i loro creatori hanno costruito un discorso narrativo all’interno dei loro rispettivi sistemi culturali. Nell'antico Perù, le forme tradizionali di espressione si concentravano sulla visualità e sulla materialità degli oggetti. Questo si può ancora vedere nella produzione artistica contemporanea in varie regioni del Perù e nelle varie espressioni della cultura comunitaria viva nel paese. In tal senso, gli oggetti artistici erano parte di sistemi visivi di comunicazione, altamente simbolici. Tuttavia, a causa della diversità etnica e linguistica presente nelle Ande, probabilmente non esisteva solo un linguaggio visivo ma diversi, ognuno con le proprie strutture e regole di composizione e costituito da segni ed enunciati i cui significati dipendevano non solo dalle scene iconografiche, dai disegni e dai personaggi, ma anche dai materiali, dai metodi di assemblaggio e dai contesti in cui venivano creati e utilizzati. Proprio come nel Perù moderno, nel Perù antico esisteva una grande diversità culturale e, in vari momenti della storia andina, si sono verificati processi di integrazione politico-religiosa che hanno coinvolto diverse popolazioni e che hanno anche permesso di condividere nozioni culturali espresse in repertori visivi simili.

L'espansione dell'impero Inca, o Tawantinsuyu

L'espansione dell'impero Inca, o Tawantinsuyu, durante il XV secolo d.C., fu probabilmente uno dei momenti di massima integrazione, ma ce ne erano stati altri in precedenza, sia durante il consolidamento della cultura mochica sulla costa settentrionale del Perù negli anni 400-700 d.C. circa, sia nel periodo di espansione della cultura huari sulla costa meridionale e negli altipiani tra gli anni 600 e 900 d.C..A causa di questi processi, certi simboli e regole di composizione del linguaggio visivo si erano trasformati in una sorta di lingua franca in alcune regioni, attraverso la quale era possibile condividere contenuti con individui che appartenevano a diversi gruppi etnici e che parlavano lingue diverse. In alcuni casi, certi simboli e disegni sono stati resi popolari attraverso sforzi intenzionali da parte delle élites al potere o da coloro che si occupavano dell'espansione e della conquista, ma in generale l'interazione e lo scambio costante di beni e informazioni tra i diversi gruppi etnici, vissuti fianco a fianco in questi territori per migliaia di anni, avevano portato allo sviluppo di alcune nozioni cosmologiche condivise (categorie di organizzazione del tempo e dello spazio) e regole condivise di comunicazione visiva. Tutto questo si esprime negli oggetti, in particolare quelli utilizzati in contesti rituali o pubblici nel corso della storia della civiltà andina.

La mostra Machu Picchu e gli Imperi d’oro del Perù, 3000 anni di civiltà dalle origini agli Inca, MUDEC, Milano, fino al 19 febbraio 2023

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