Made in Italy, l’export regge e vede quota 600 miliardi
Al Summit Sole 24 Ore e Financial Times con Sky TG24, manager e autorità a confronto sui temi dell’export: oltre 11mila utenti collegati
di Giovanna Mancini
3' di lettura
In questo momento di nubi e incertezza – tra pandemia, guerra, crisi energetica, inflazione e spettro della recessione – una nota di ottimismo per le imprese italiane arriva dai numeri dell’export, che si conferma una solida leva per lo sviluppo del nostro Paese. I numeri li fornisce Carlo Ferro, presidente dell’Agenzia Ice, a conclusione della prima giornata del Made in Italy Summit organizzato dal Sole 24 Ore e Financial Times, in collaborazione con Sky TG24, seguito ieri da 11mila utenti collegati in streaming.
Dopo il record del 2021, quando sono stati raggiunti i 516 miliardi di esportazioni (+18,2% sul 2020 e +7,5% sul 2019), nel 2022 si conferma la tendenza alla crescita. «Per effetto della forte inflazione è necessario tenere conto della differenza tra valori reali e valori nominali, ma la tendenza è evidente e interessa tutti i settori della manifattura», spiega Ferro. Nei primi sette mesi dell’anno, l’Istat ha registrato un ulteriore incremento del 21%.
Imprese in cerca di nuove strategie
Ma le imprese necessitano in questo scenario complesso di nuovi strumenti e nuove strategie per affrontare una crisi che, nota il vice presidente di Ispi, Paolo Magri, sembra riportarci nel passato: agli anni ’70 della crisi e agli anni’80 dell’inflazione fuori controllo. Tutti gli interventi che si sono succeduti durante il Summit hanno sottolineato la capacità delle imprese italiane di continuare non solo a crescere nonostante le attuali difficoltà, ma anche a investire. Lo ha riconosciuto la direttrice del Financial Times, Roula Khalaf, che pure non ha nascosto qualche dubbio e timore sulla stabilità finanziaria del nostro Paese. Lo hanno ribadito il direttore del Sole 24 Ore Fabio Tamburini e di Sky Tg24 Giuseppe De Bellis, introducendo i lavori dopo i saluti istituzionali dell’amministratrice delegata del Gruppo 24 Ore, Mirja Cartia d’Asero, del ceo di FT Group John Ridding e dell’ad di Sky Italia Andrea Duilio. «In questo contesto di incertezza è fondamentale la rapidità di cambiamento unita alla resilienza di fronte alle difficoltà – ha detto d’Asero –. Due caratteristiche che le aziende italiane hanno già messo in campo in passato durante diverse situazioni di crisi. Ma non si può vivere nell’eccezionalità del momento e attuare il cambiamento solo per superare le emergenze. Il vero salto di qualità si ottiene quando questa capacità viene calata nell’attività quotidiana e in una visione di medio-lungo periodo, puntando su un cambiamento all'insegna dell'innovazione digitale e della sostenibilità».
Lo scorso anno, solo tre Paesi hanno fatto meglio dell’Italia quanto a crescita dell’export: Cina, India e Corea del Sud. Tra le economie cosiddette “mature”, quella italiana è stata la più dinamica sul fronte export e quest’anno veleggia verso i 600 miliardi di euro di export, grazie anche alla flessibilità e rapidità con cui ha saputo trovare nuovi mercati di sbocco e di rifornimento per sostituire quelli “chiusi” dalla pandemia e dalla guerra. Il tema della diversificazione dei mercati è decisivo, ha detto Regina Corradini D’Arienzo, amministratrice delegata di Simest –. Non è una novità, ma nel contesto attuale è imprescindibile, così come lo sono i temi della dimensione aziendale e dell’innovazione».
Gli strumenti a sostegno dell’export
Istituzioni e sistema finanziario possono fare molto per supportare le aziende in questo contesto, come dimostrano le azioni della stessa Simest (attraverso ad esempio il fondo rotativo 394 a favore dell’export) e di Ice, che negli ultimi due anni ha messo in campo 20 iniziative a favore dell’internazionalizzazione. Ci sono inoltre strumenti come le fiere, come ha ricordato il presidente di Fondazione Fiera Milano Enrico Pazzali, dove ogni anno si genera il 50% circa dell’export di made in Italy. E tutte le attività di promozione e formazione che contribuiscono alla tutela di un made in Italy originale, per contrastare il dannoso fenomeno dell’«Italian sounding» che, ha precisato il direttore generale dell’Agenzia delle Accise, Dogane e Monopoli Marcello Minenna, ogni anno costa al nostro Paese circa 100 miliardi.
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