Mafia: agroalimentare e ristorazione, il business milionario del Padrino style
La denuncia di Coldiretti da Palermo. Esposta inquietante collezione dei più scandalosi prodotti venduti nel mondo con nomi che richiamano Cosa nostra
di Nino Amadore
5' di lettura
Il fascino maledetto del male come fattore di marketing applicato al cibo e alla ristorazione. La parola mafia, che da noi richiama in mente solo dolore e morte, all’estero utilizzata per caratterizzare e promuovere prodotti dell’agroalimentare e ristoranti. Una vergogna non nuova e, purtroppo, in crescita. Nell’indifferenza dell’Unione europea.Lo denunciano Coldiretti e Filiera Italia che insieme a imprese, cittadini e istituzioni scendono in piazza a Palermo dove è stata esposta per la prima volta un'inquietante “collezione” dei più scandalosi prodotti agroalimentari venduti nel mondo con nomi che richiamano gli episodi, i personaggi e le forme di malavita organizzata più odiose, sfruttati per fare un business senza scrupoli sul dolore delle vittime e a danno dell'immagine del Paese. Una galleria degli orrori che, spiegano da Coldiretti, «colpisce il vero Made in Italy realizzato grazie all'impegno di centinaia di migliaia di imprenditori onesti che tutti i giorni lavorano per offrire prodotti di altissima qualità come al Villaggio della Coldiretti di Palermo dove nel weekend è possibile toccare con mano i primati dell'agroalimentare nazionale tra le aziende agricole, le imprese di eccellenza di filiera Italia e i cuochi contadini».
Trecento ristoranti col brand Mafia
Da una analisi della Coldiretti, condotta sulla banca dati del sito web Tripadvisor dove sono recensiti i locali di tutto il mondo, presentata al Villaggio Contadino di Palermo, da piazza del Teatro Politeama a tutta piazza Castelnuovo emerge che sono quasi trecento i ristoranti che nel mondo si richiamano nel nome alla mafia: da “Baciamo le mani” a “Cosa Nostra” fino agli improbabili Felafel Mafia, Nasi goreng Mafia e Karaoke Bar Mafia, sfruttando a tavola gli episodi, i personaggi e le forme di criminalità organizzata più dolorose e odiose e danneggiando l'immagine del nostro Paese. In Spagna è possibile mangiare da “El padrino”, da “La dolce vita del padrino” e da “Baciamo le mani”, e anche nella martoriata Ucraina c'è una catena di locali “Mafia” dove servono pizza e altri piatti della cucina internazionale e persino un “Karaoke bar mafia”. Il richiamo a Cosa nostra è trasversale a culture e piatti di tutto il mondo: se negli Stati Uniti troviamo i locali “Felafel mafia” e “Sushi mafia”, in Germania ci sono i “Burger mafia”, in Indonesia “Nasi goreng mafia”, in Egitto “Mafia pizza” e in Brasile “Al Capone Pizza di Mafia”. In Austria c'è anche il ristorante “Mafiosi”, in Finlandia si mangia da “Don Corleone” e in Francia da “Cosa nostra”. E non mancano divagazione sul tema, se è vero che in Russia c'è un ristorante chiamato “Camorra”. Nella classifica dei Paesi con più locali ispirati al “mafia sounding” si piazza la Spagna con 63 ristoranti, grazie soprattutto alla catena “La Mafia se sienta a la mesa” diffusa in tutto il territorio nazionale che fa mangiare i clienti sotto i murales dei gangsters più sanguinari da Vito Cascio Ferro a Lucky Luciano, fino ad Al Capone, mentre al secondo – rileva Coldiretti – si piazza l'Ucraina (38 tra ristoranti, bar e pizzerie) davanti al Brasile (28). Seguono Indonesia (23), Russia (19), India (16), Giappone (15), Polonia (11), Usa (8), Portogallo e Australia che chiudono la top ten con a pari merito con 5 casi. Ma attività che richiamano Cosa Nostra si trovano ormai dappertutto, dalla Germania alla Thailandia, dal Messico alla Corea del Sud, da Panama alla Moldavia, fino a Giordania, Malesia, Sri Lanka, Taiwan, Vietnam e Canada, solo per citarne alcuni.Un fenomeno odioso che – sottolinea Coldiretti – nasce in molti casi dall'ignoranza o dalla scarsa sensibilità verso il dolore provocato dalla criminalità organizzata al quale andrebbe posta fine una volta per tutte. Nel caso della catena di ristoranti spagnola “La mafia se sienta a la mesa” l'Unione Europea, su richiesta dell'Italia, ha addirittura annullato la concessione del marchio in quanto contrario all'ordine pubblico e al buon costume, anche se i locali sono ancora aperti in tutto la Spagna. «L'Unione Europea deve fermare l'utilizzo commerciale di marchi infami che sfruttano gli stereotipi legati alle organizzazioni mafiose e rischiano di penalizzare l'immagine dell'intero agroalimentare tricolore in un momento in cui le esportazioni hanno raggiunto il record storico contribuendo alla ripresa del Sistema Paese» dice il presidente della Coldiretti Ettore Prandini.
Dal whisky “Cosa nostra” al vino Talha Mafia
L’elenco dei prodotti poi è purtroppo abbastanza lungo: dal whisky “Cosa nostra” con tanto di bottiglia a forma di mitra al vino Talha Mafia fino al caffè Mafiozzo ma anche il condimento sale e pepe Two Pig Mafia è allarme “mafia style” per l'agroalimentare italiano con milioni di euro di giro d'affari generati dall'uso di nomi legati alla criminalità. Dalla Scozia arriva invece il whisky “Cosa Nostra” in una bottiglia a forma di mitra con caricatore a tamburo degli anni di Al Capone e Lucky Luciano mentre in Portogallo si beve vino Talha Mafia “Pistol” con tanto di macchia di sangue stilizzata sulla confezione bag in box da 3 litri. E poi in Germania si produce il Mafia Coffee Rub Don Marco’s, un condimento per la carne arrosto, come il PorkMafia Texas Gold che non viene però dagli Usa bensì dalla Finlandia. In Bulgaria si beve il caffè “Mafiozzo” invece gli snack “Chilli Mafia” si possono comprare in Gran Bretagna, mentre in Germania si trovano le spezie “Palermo Mafia shooting”, a Bruxelles c'è la salsa “SauceMaffia” per condire le patatine e la “SauceMaffioso”, mentre in America, nel Missouri, si vende la salsa “Wicked Cosa Nostra”. In terra tedesca si beve anche il “Fernet Mafiosi”, con tanto di disegno di un padrino, mentre sul collarino della bottiglia è addirittura raffigurata una pistola, sotto la scritta “Stop!”. Ma c'è anche il vino Syrah “Il Padrino” prodotto nella Santa Maria Valley California da Paul Late “For those who dare to feel” (per quelli che osano sentirsi). Su internet – continua la Coldiretti – è poi possibile acquistare il libro di ricette “The mafia cookbook” o comprare caramelle sul portale www.candymafia.com.
Il danno di immagine del mafia marketing
Secondo una analisi della Coldiretti, al gravissimo danno di immagine del Mafia Marketing si aggiunge la beffa dello sfruttamento economico del Made in Italy in una situazione in cui la contraffazione e la falsificazione dei prodotti alimentari italiani solo nell’agroalimentare ha ormai superato i 120 miliardi di euro, quasi il doppio delle esportazioni, e che costa all'Italia trecentomila posti di lavoro. Si tratta di danni economici e di immagine soprattutto nei mercati emergenti dove – rileva la Coldiretti – spesso il falso è più diffuso del vero e condiziona quindi negativamente le aspettative dei consumatori. «Lo sfruttamento di nomi che richiamano la mafia è un business che provoca un pesante danno di immagine al Made in Italy sfruttando – conclude Prandini – gli stereotipi legati alle organizzazioni mafiose, banalizzando fin quasi a normalizzarlo, un fenomeno che ha portato dolore e lutti lungo tutto il Paese».
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