Pitti Filati

Maglieria, segnali di rimbalzo degli ordini ma i rincari frenano i grandi buyer

Allarme sul prezzo di molte fibre tessili, aumentato nelle ultime settimane dal 30 fino al 50% del cashmere a cui si sommano rincari nei costi di trasporti ed energia

di Silvia Pieraccini

2' di lettura

È la prima fiera internazionale della moda ad aver riaperto i battenti dopo la lunga (quasi 18 mesi) pausa Covid, ma Pitti Filati – a Firenze, nella nuova sede della Stazione Leopolda, con una settantina di espositori di filati per maglieria – si è trovata subito ad affrontare una nuova emergenza. Non più sanitaria, ma commerciale.

A preoccupare produttori e compratori è l’aumento del prezzo di molte fibre tessili, impennatosi nelle ultime settimane, a partire dal cashmere, mohair e seta, ma anche nylon e acrilico. Più 30, +40, fino a +50% per il cashmere. Anche la lana sta oscillando verso l’alto, con crescite di circa il 10%. A questo si sommano l’aumento dei costi di trasporto ed energetici, che sta rallentando molti settori, e i ritardi con cui la merce arriva dall’Oriente. Il risultato è il disorientamento delle aziende, alle prese con listini da aggiustare proprio quando vorrebbero concentrare le forze sulla ripresa dopo un 2020 difficile. L’anno scorso il fatturato dell’industria italiana della filatura ha segnato -27,2%, scendendo poco sopra i due miliardi di euro; l’export ha pesato il 32,2% (651 milioni) e si è ridotto di quasi il 20%.

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Quest’anno quasi tutti i produttori del Pitti Filati stimano di recuperare la metà dei ricavi perduti. Gli ordini stanno ingranando, e al salone si sono visti compratori tedeschi e francesi, qualche spagnolo, pochi americani e nessun orientale. Ma il vero punto dolente sono le materie prime: «I clienti hanno ancora la testa nella crisi – spiega Paolo Todisco, amministratore delegato della biellese Zegna Baruffa, 70 milioni di fatturato 2020 (-30%) e la previsione di avvicinarsi a 85 quest’anno – e avanzano richieste ai produttori che invece rivendicano l’aumento dei prezzi delle fibre e la revisione dei listini. Il dialogo non è semplice». Zegna Baruffa in ogni caso ha già chiuso un paio di contratti con grossi clienti, per 250mila chilogrammi di filato in lana, sulla base dei nuovi prezzi aumentati da 25 a 27,5 euro al chilo.

Nella fascia alta si rimescolano le carte. «Il prezzo del nostro filo Nube, a base di mohair, è passato da 60 euro al kg a 90-100 euro – dice Alessandro Bastagli, titolare della pratese Lineapiù specializzata nei filati fantasia, 30 milioni di fatturato 2020 (-25%) con bilancio chiuso in attivo – abbiamo fatto un listino che ha validità fino al 30 settembre, poi si vedrà». Lineapiù sta per debuttare nel cashmere con un filato al 50% rigenerato.

In realtà «i clienti non hanno ancora recepito l’effetto dei prezzi – afferma Piergiorgio Cariaggi, titolare della marchigiana Cariaggi leader nel lusso, 84,2 milioni di ricavi 2020 (-20%) – perché per adesso abbiamo applicato piccoli aumenti e solo in autunno andremo a definire le quotazioni». È soddisfatta Raffaella Pinori, della pratese Pinori Filati, che chiuderà il 2021 a 12 milioni di fatturato, in crescita del 20% sul 2019. «Gli aumenti dei prezzi li ho spalmati durante l’anno», afferma. Anche Filati Naturali, azienda del gruppo pratese Pecci, non ha subìto cali nel 2020 e crescerà quest’anno: «Le aziende più strutturate, che possono fare magazzino, riescono a cavarsela anche in questa fase», dice Roberta Pecci.

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