cassazione

Maltrattamenti in famiglia, il dolo abituale va motivato

di Enrico Bronzo

1' di lettura

Un genitore è stato condannato in secondo grado per maltrattamenti - articolo 572 del codice penale - e ha presentato ricorso in Cassazione chiedendo l’annullamento della sentenza per «avere erroneamente riconosciuto l’abitualità delle condotte aggressive e il dolo unitario.

Inoltre si parla di reformatio in pejus. Quindi:

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- in 1° grado il tribunale aveva escluso una condotta abituale osservando che il clima familiare non era sempre teso;

- in 2° grado gli elementi di prova erano gli stessi e legittimamente non c’è stato dibattimento (già Cassazione 41736/2015; 45453/2014) ma il tribunale ha deciso appunto in pejus;

- non motivando, sostiene la Cassazione, il necessario elemento psicologico del dolo abituale «che caratterizza il reato di maltrattamenti, limitandosi a richiamare il generico criterio per il quale non è necessario uno specifico programma criminoso, ma è sufficiente la consapevolezza di persistere in un’attività vessatorio diretta a ledere la personalità della vittima, senza argomentare circa la coscienza e la volontà dell’imputato di persistere in un’attività vessatoria».

Per questo è stato richiesto un nuovo giudizio sul punto, con la sentenza numero 17574 del 2017.

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