SBAGLIANDO SI IMPARA

Management ad alta quota: la montagna insegna a superare i momenti bui

Anche senza mai arrivare in cima, qualcosa si impara comunque. Basta avere la forza di guardarsi attorno e di iniziare il cammino

di Costanza Biasibetti *

(AFP)

4' di lettura

Capitano i momenti bui. Quelli davvero oscuri in cui tutto sembra non funzionare, muoversi a scatti come un meccanismo difettoso. Più cerchi di vivere al massimo, di cogliere ogni opportunità e di sfruttare con determinazione il tempo e le risorse che hai a disposizione, più i momenti bui pesano. Perché ti senti bloccato, arenato nelle sabbie mobili in cui più ti agiti, più affondi. Io sono una grande esperta di tali oscurità, le percepisco arrivare, come una bava di vento. Ma nel tempo, ho anche trovato una facile soluzione, che riesce a tirarmi fuori dalle sabbie mobili, creando una specie di bolla in cui l'oscurità si interrompe. Mi basta andare in montagna. Anche solo una mezza giornata.

Respirare l’odore di resina, sentirmi immersa in qualcosa di più grande, assolutamente perfetto, in un equilibrio in cui non esistono più positività e negatività, solo natura. L’ultimo giro in montagna l’ho fatto sulle Dolomiti. C’era già moltissima neve, ma non abbastanza da caricare gli abeti e di fronte a me si apriva un orizzonte di contrasti, tra il candore della terra e le chiome verdi dei boschi. Ho raggiunto a piedi una malga, pur sapendola chiusa, in letargo come gli animali. Fuori dalla malga ho incontrato altri tre escursionisti. Come me, erano in tenuta sportiva.Mi sono seduta a riprendere il fiato accanto a loro e li ho sentiti parlare di lavoro. Trenta secondi per scoprire che erano professionisti del mio stesso settore. E soprattutto che erano lì, in un giorno feriale, per bloccare anche nelle loro vite un circolo oscuro di negatività ed attivarne uno diverso, in una frizzante tensione evolutiva.

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Paolo Cognetti affermava che “la montagna non è solo nevi e dirupi, creste, torrenti, laghi, pascoli. La montagna è un modo di vivere la vita. Un passo davanti all’altro, silenzio tempo e misura”. La montagna sa parlare. Come sanno parlare molte situazioni complesse in cui è necessario fermarsi, interpretare, meditare. La montagna sa insegnare, dovunque si vada a riposare cuore ed anima e a ristorare il corpo. In ogni situazione, ad ogni altitudine.

Sempre Cognetti, nello straordinario “Le 8 montagne”, ipotizza che ognuno di noi abbia una quota prediletta in montagna, un paesaggio che gli somiglia e dove si sente bene. Lo spazio attorno a noi si fa spinta catartica, fornendoci gli strumenti pratici e concreti per interpretare i contrasti della nostra vita. E risolverli, magari. Qual è la tua quota? Se ancora non lo sai, scegli una vetta molta alta e prova a scalarla, facendo attenzione alle seguenti altitudini: la montagna, insegna.

I 1000 m: a questa altitudine le case, le stalle, le malghe, i rifugi, le cascate e le fabbriche si fondono insieme in un ecosistema equilibrato e dinamico. L’uomo trova il proprio spazio e la propria missione, in perfetta sincronia con gli animali e le piante del bosco. In montagna, ci sono solo “cose che si possono usare”. E se non si possono usare, un nome non ce l’hanno perché non servono a nulla. A questa quota si impara la gestione integrata, ovvero la capacità di dare alle cose il giusto valore e il giusto peso, mettendole insieme e facendole interagire in modo positivo.

È un gioco di incastri, in cui non possiamo fermarci dinanzi ad un incastro complesso, ma cercare il modo migliore per aprire un orizzonte di dialogo, un’opportunità. Si impara anche a scartare le cose inutili e a serbare quelle essenziali. Chi si riflette nei 1000 metri è un manager che alimenta costantemente spazi e tempi di condivisione, che sa gestire situazioni complesse come protagonista di un ecosistema che conosce, che continua a co-costruire, di cui è protagonista attivo.

I 2000 m: a questa altitudine inizia a fare freddo. L’aria pulita si fa pungente e riempie i polmoni con forza. La natura si fa arcigna, più scura, come se il gioco richiedesse più potenza, come se la categoria fosse riservata ai professionisti. Servono scarpe adatte e la giusta attrezzatura tecnica, il tempo cambia con velocità repentina. La montagna dei 2000 metri ci prepara a gestire gli sbalzi di temperatura. Ci invita ad essere vigili, prudenti, ma ad avere comunque il coraggio di avanzare per sentieri sterrati e passaggi stretti. Ci ricorda di partire sempre con la mantella da pioggia, anche se splende il sole, offrendoci piccoli segnali per comprendere il lessico silenzioso della natura.

Chi si riflette nei 2000 metri, è un manager pronto a tutto, che porta con sé un bagaglio esperienziale di valori e relazioni che gli permettono di affrontare con piglio e coraggio anche i famosi momenti oscuri, senza perdersi d’animo, confidando in se stesso e nelle sue scelte.

I 3000 m: sembra di essere immersi in un paesaggio lunare. I 3000 metri sono popolati di rocce e ghiacciai perenni, l’aria è rarefatta, la vegetazione sparita. Qui la vita è dura, rara, richiede sacrificio e solitudine. Solo per arrivarci, serve gamba, impegno, forza di volontà, sacrificio e dedizione. Questa quota insegna la resilienza. Non c’è improvvisazione che tenga: l’intuito deve mischiarsi con una dose fortissima di competenza, di capacità di distinguere il bene dal male, di scelte rischiose da fare con cognizione di causa.

I 3000 metri sono un tesoro da custodire, una camera iperbarica che ci permette di uscire dal mondo ma allo stesso tempo di imparare, con la forza di uno shock, ad abitarlo. Chi ritrova se stesso a questa altitudine estrema è un manager che conosce il sacrificio e che sa farsi carico anche dei momenti più impegnativi del proprio team o della propria azienda. Riconosce il valore dell’innovazione e sa mixarla con la giusta dose di intuito.

Tutto questo per dire che, probabilmente, anche senza mai arrivare in cima, qualcosa si impara comunque. Basta avere la forza di guardarsi attorno e di iniziare il cammino. Thoreau si spingeva nei boschi per affrontare i fatti essenziali della vita, per accogliere i loro insegnamenti, per non lasciarsi mai abbattere dalla vita senza averla vissuta pienamente.

Quando si riaffacciano i momenti bui, scappate in montagna. Succhiate da essa il midollo, ascoltatela, siate gagliardi spartani e distruggete tutto ciò che vi allontana dalla natura come maestra onnisciente di evoluzione.

P. S. C’è un posto in montagna, a 1.774 metri d’altezza, dove c’è un tronco caduto, rivestito di muschio. Ci andavo da bambina, con mio padre. Quella è la mia quota. E la tua, qual è?

* Consulente Newton Spa


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