Mancini in Arabia, Lukaku a Roma: va dove non ti porta il cuore. Milan e Napoli avanti tutta
di Dario Ceccarelli
I punti chiave
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Gente che va, gente che viene
Chi se ne va definitivamente, ma finalmente con il crisma della ufficialità, è Roberto Mancini . L'ex c.t. azzurro, dimessosi due settimane fa, già oggi pomeriggio verrà presentato a Riad dalla Federazione araba come nuovo allenatore dei Green Falcon che, per chi non fosse esperto del calcio del deserto, sono i giocatori della Nazionale saudita.
Mancini, firmerà un contratto fino al 2027 che gli renderà circa 25 milioni all'anno, naturalmente esentasse. Come tutti gli italiani siamo naturalmente felici che un nostro connazionale si faccia onore all'estero guadagnando secondo le cifre di mercato di un Paese che non si fa problemi a ingaggiare i migliori professionisti del pallone. Come è stato per Ronaldo, Neymar, Benzema e via decrescendo. Sono scelte legittime e personali. Soprattutto per un calciatore, la cui carriera è sempre legata agli infortuni. Oggi sei una star, domani chi lo sa. Pensiamo a Bonucci, trattato come un cameriere che ha rotto i piatti durante una cena importante.
Per un allenatore è diverso, la carriera è più lunga, ma anche questa legata a mille variabili. Lo stesso Mancini, dopo la conquista dell'Europeo, era sulla cresta dell’onda, corteggiato e riverito come un divo. Un emblema elegante dell'Italiano vincente. Un uomo di mondo che dall'alto dei suoi successi, nei suoi tanti spot in tv, ci suggeriva come vivere: dove andare in vacanza, come vestire e quant'altro. Un leader che raccomandava ai giovani di stare lontano dalla droga e dal doping.
Chiaro che se uno si fa portabandiera di così tanti valori importanti, compreso quello dell'attaccamento alla maglia azzurra, non deve poi stupirsi delle critiche di chi sente tradito. Non è bello dire non ci sto più alla vigilia di due partite quasi decisive dell'Italia. Con quel teatrino del dico e non dico. Che poi, come si visto, si poteva anche dire subito. Ognuno è libero di scegliersi il suo destino, i suoi vice, di accettare i contratti più vantaggiosi, sapendo però che così si rompe un patto di fedeltà e fiducia. Questo non significa disconoscere quanto di buono Mancini ha realizzato per la Nazionale, come farci vincere un Europeo, con un gioco scintillante, dopo più di mezzo secolo. Bravo, certo. Ma è anche il cittì che non ci ha portato ai Mondiali per la seconda volta di seguito. Una delusione tremenda.
Se Mancini avesse lasciato in quel momento, nessuno avrebbe avuto da dire. Ora invece suona male. Come una guida che, in mezzo alla bufera, abbandona il suo gruppo per mettersi in salvo. Qui non muore nessuno, però il senso è lo stesso: ciao ragazzi, io vado nel paese della cuccagna, e voi arrangiatevi.
Aspettando Lukaku: quanto sei brutta Roma. Se Mancini va, chi invece potrebbe arrivare, dopo un teatrino che neanche Pulcinella, è Romelu Lukaku, il centravanti gladiatore che tutta Roma aspetta col fiato sospeso. In effetti, dopo la brutta sconfitta col Verona (2-1) seguita al misero pareggio con la Salernitana, qualche ragione per invocare un buon centravanti c'è. Però questo Lukaku... Non ne abbiamo abbastanza di questo voltagabbana seriale? Inutile qui raccontare tutte le peripezie di mercato. le sue promesse, i suoi spericolati voltafaccia, i suoi baci di Giuda a tutte le maglie con cui ha giocato (Chelsea, Inter; la Juventus l'ha scampata per un pelo).
Dopo averlo conosciuto, uno così lo si evita
A parte che con l'Inter ha sulla coscienza due gol che avrebbero potuto ribaltare la finale di Champions con il City, questo Big Rom è un uomo inaffidabile. Capace di tutto e il contrario di tutto. E il fatto che la Roma di Mourinho lo aspetti come un salvatore dell'Olimpico, la dice lunga sullo stato dei giallorossi.
Pensate che l'ostacolo all'accordo con il Chelsea è il rifiuto degli inglesi a contribuire al pagamento dell'ingaggio da 12 milioni - un'enormità- che riceve il belga. “Mourinho mi conosce, sa che per lui andrei a tutto velocità contro un muro di mattoni”, ha spergiurato questo volta il voltagabbana seriale. Se riesce a infinocchiare anche lo Special One, di Lukaku non ci liberiamo più.
La Juve frena in casa col Bologna (1-1). Mentre Napoli e Milan saltano gli avversari come paletti, la Juventus di Max Allegri fa il suo primo scivolone casalingo impattando (1-1) col Bologna. Ci è voluta una inzuccata di Vlahovic, al suo secondo centro consecutivo, per evitare ai bianconeri una magra figura proprio davanti al suo pubblico che, dopo l'arrembante esordio di una settimana fa a Udine, si aspettava una brillante riconferma.
Invece, dopo un avvio shock, sono proprio gli emiliani a passare in vantaggio con Ferguson. Un’altra doccia fredda, in questo week end temporalesco, solo poi parzialmente cancellata, a 10 minuti dalla fine, dalla rete del serbo al quale il Var ne invaliderà una seconda per fuorigioco di Rabiot.
Che dire? Che Allegri, colpito da un lieve malore, le ha tentate tutte, facendo entrare anche Pogba e Iling Jr. Sarà proprio l'inglese a scodellare, con un bel cross, la palla del pareggio di Vlahovic. Tirando le somme, quello della Juve è un passo falso che intossica il clima di aria nuova che si respirava domenica scorsa. Così si torna indietro. E il Bologna reclama anche un rigore su Ndoye che Lo Bello, colto da allegra follia insieme al Var, ha lasciato correre scatenando le furibonde (e legittime) proteste dei rossoblù.
Napoli in scioltezza (2-0) sul Sassuolo. In attesa dell'inter, in campo stasera a Cagliari, partenopei e rossoneri viaggiano a punteggio pieno Il Napoli, col piglio da primo della classe supera (2—0) il Sassuolo sbloccando il risultato dopo 16 minuti con un rigore dell'implacabile Osimhen. Il raddoppio nella ripresa viene da Di Lorenzo, abile a sfruttare un preciso assist di Kvaratskhelia, entrato nella ripresa al posto di Politano. In dieci per l'espulsione di Lopez al 51', e ancora senza Berardi, il Sassuolo ha fatto da comodo sparring partner ai partenopei. Una domenica perfetta per la squadra di Garcia che, davanti al pubblico del Maradona, continua la sua scia vincente.
Il Diavolo a quattro
Anche il Milan, con San Siro strapieno, sabato ha regalato una seconda vittoria ai suoi tifosi che già cominciano a sognare. Bsogna andare molto cauti con queste euforie da inizio campionato, però il Diavolo piace. Piace perchè va al sodo con un gioco non sempre bellissimo ma assai efficace. Dopo il Bologna, il Milan si è ripetuto col Torino (4-1) confermando con lode quando di buono aveva già fatto vedere all'esordio. Vero che due gol sono arrivati su rigore (uno dubbio) ma quello che conta è che i rossoneri abbiano giocato in scioltezza con un affiatamento sorprendente per una squadra così rinnovata. Sono proprio i nuovi ad avere alzato ritmo e qualità del gioco. Pulsic è andato ancora a segno. A centrocampo Loftus Cheek ha tenuto il campo con sicurezza. Senza dimenticare Reijnders, autorevole, rapido e mai narciso.
È un Davolo sorprendente che va in gol con facilità grazie anche a Giroud (3 reti), finalizzatore seriale e Pulisic, chirurgico nel concludere a rete. Ora il Milan avrà ben 5 scontri diretti nelle prossime 8 gare partendo venerdì prossimo, dalla Roma. Se Pioli prosegue in questo suo preciso lavoro di assemblaggio, con Leao e Teo Hernandez (1gol) già sul pezzo, il Milan andrà lontano.
Nuova caduta della Lazio: battuta anche dal Genoa (0-1). Tra le squadre di vertice, oltre che per l'Atalanta, sconfitta ( 2-1) sabato a Frosinone, si mette male anche per la squadra di Sarri ancora a zero punti. Contro il Genoa, i biancocelesti bissano la sconfitta di Lecce. Clamoroso soprattutto l'avvio dove i rossoblù annichiliscono i padroni di casa, incapaci di uscire dall'angolo. Di Rategoui, dopo un quarto d'ora, il gol che inchioda la Lazio nonostante una ripresa più brillante e una traversa di Immobile. Per Sarri son guai. Molte cose non girano. Dovrà riguardarsi bene i suoi fittissimi appunti. Anche perchè la prossima è col Napoli. Bene invece il Genoa che smuove la classifica con una vittoria preziosa.
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