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Dopo Mancini, la Figc punta su Spalletti come ct dell'Italia

L'Italia è una stella destinata a spegnersi. L’errore di Mancini è stato quello di accorgersene in ritardo. Adesso tutto suona strano e anche poco generoso e lascia spazio solo alle amarezze. E alla fretta, cattiva consigliera

di Dario Ceccarelli

Articolo aggiornato il 14 agosto 2023 alle ore 8.10

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Per il dopo Mancini, la Figc punta su Luciano Spalletti. Roberto Mancini non è più il commissario tecnico della Nazionale. Una notizia improvvisa, quasi un giallo da ferragosto, che desta non poco stupore visto che solo pochi giorni fa l'ex c.t. era stato nominato coordinatore delle nazionali Under 20 e Under 21.

Un incarico che, almeno sulla carta, gli conferiva una responsabilità ancora maggiore nel club azzurro. Sabato sera invece, con una lettera indirizzata al presidente della Fgci, Carlo Gravina , Mancini ha comunicato la sua decisione, irrevocabile, di lasciare la guida della nazionale azzurra.

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Stupito anche il ministro dello Sport, Andrea Abodi , che ha commentato: «Sono sorpreso perchè tutte le nuove nomine dello staff erano state concordate con Mancini...».

Calcio, Mancini si dimette da commissario tecnico della Nazionale

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Le prossime scadenze

Un gesto apparentemente clamoroso anche perché, a settembre, l'Italia sarà impegnata in due gare importanti per la qualificazione agli Europei con la Macedonia e l'Ucraina. Un colpo durissimo per la Federazione che ha subito precisato «che entro pochi giorni verrà trovato il sostituto». Naturalmente si fanno già i primi nomi, uno dei quali, visto che è fermo per un anno sabbatico,è l'ex allenatore del Napoli Luciano Spalletti, sul quale sembra soprtattutto puntare la Figc. Il secondo, sempre pronto a rimbalzare sui giornali, è quello di Antonio Conte, che ha già guidato gli azzurri dal 2014 al 2016 consentendo di arrivare fino i quarti dell'Europeo (sconfitta ai rigori con la Germania).

Presto lo sapremo perché il ruolo di ct non può essere lasciato vacante a lungo. Soprattutto a ridosso di questi impegni così pressanti. E il rischio, ammesso che la Federazione non ci avesse già pensato, è che si faccia una scelta affrettata.

La parabola di Mancini

Va ricordato che Mancini, entrato in carica cinque anni fa, il 18 maggio 2018, era già stato sul punto di lasciare l'incarico dopo la frustante eliminazione dai Mondiali del 2022 in Qatar. Ma qualcosa glielo aveva impedito. Forse l'orgoglio e la voglia di riscattarsi per una caduta arrivata solo un anno dopo la trionfale cavalcata dell'Europeo 2021 in Inghilterra.

Un trionfo che aveva di colpo cancellato tutti i problemi del calcio italiano. Che sembrava aver ritrovato una nuova giovinezza: bel gioco, allegria, spettacolo, aggressività. Una formula che sembrava avere un grande futuro davanti a sé e invece è miseramente naufragata solo pochi mesi dopo con la cocente eliminazione patita dalla Macedonia. Un tonfo quasi inspiegabile per una nazionale che con Mancini, tra gli altri record, aveva stabilito il primato assoluto di imbattibilità con una striscia positiva di 37 partite utili consecutive.

Un fulmine a ciel sereno, dicono quasi tutti gli osservatori sicuri che, ormai, il peggio fosse passato. Che superato nel 2022 lo choc dell'esclusione dai Mondiali, ormai si potesse riprendere la strada interrotta.

Chi conosce Roberto Mancini, il suo forte orgoglio, il suo grande passato di calciatore e di allenatore, invece non rimane sorpreso. Non è la prima volta che sorprende con un gesto choc. Qualcuno ha perfino ironizzato nei social, che nella giornata mondiale dei mancini, queste dimissioni ci cadono a pennello. Forse certo la rottura sarebbe stata auspicabile l'anno scorso a botta calda, ma i problemi che sono subentrati in questo nuovo corso sono evidenti a tutti.

La crisi del calcio italiano

La crisi del calcio italiano, confermata anche dall’ attuale andamento del mercato, è sempre più palpabile. Una crisi strutturale che ci sta facendo diventare periferia del calcio. I migliori talenti italiani, come recentemente Tonali del Milan, vanno a giocare fuori dall'Italia. E non solo perché vengono pagati di più (cosa che naturalmente ha una sua incidenza) ma perché il nostro campionato, rispetto a quello dei maggiori paesi europei, è diventato residuale.

Quest'anno, è vero, in Europa i nostri club sono andati avanti ,alcuni arrivando fino alle finali. Ma complessivamente, se non entrano nuovo soci stranieri, siamo un calcio povero e senza prospettive. Quello che è accaduto alla Juventus, i processi, le plusvalenza truccate, eccetera, ha una spiegazione semplice: le nostre società, anche quelle più blasonate, non riescono a stare al passo con i ricchi club europei.

Interessante a questo proposito quanto ha detto al Corriere della Sera l'ex presidente della Lega Pro, Francesco Ghirelli: «La situazione è grave, ogni stagione perdiamo un miliardo e 300 milioni di euro. La nazionale non è andata agli ultimi due Mondiali, i giovani calciatori sono sempre meno, , le strutture sportive carenti, gli stadi obsoleti. Sui diritti tv, i club top in Italia prendono un terzo in meno degli ultimi della Premier League. Il tutto mentre le tv a pagamento hanno scoperto altri sport. Il tennis ha più canali del calcio. E bisogna chiedersi il perché».

Ecco: è in questo quadro che vanno inserite le dimissioni di Mancini. Un quadro deteriorato, sempre più allarmante, dove nessuno riesce a muoversi, a investire nei giovani, a cercare nuove strade.

Chiaro poi che se un tecnico della Nazionale deve lavorare su un parco di calciatori di qualità sempre più bassa o che non giocano in Italia diventa poi difficile allestire una squadra competitiva. Al di là delle scelte personali di Mancini, o di che cosa vuole fare in futuro essendo ancora relativamente giovane (58 anni, restava per lui un problema di fondo: che con questi chiari di luna il suo futuro sulla panchina azzurra sarebbe stato precario. Col rischio di incassare altre umiliazioni e brucianti delusioni. L'Italia, con il suo prestigioso passato, gode infatti di una importante tradizione. Ma è un brillare opaco, come quelle stelle che, pur facendo a distanza ancora luce, sono ormai destinate a spegnersi.

L'errore di Mancini è stato quello di accorgersene in ritardo, di non prenderne atto subito dopo il disastro del 2022. Adesso tutto suona strano e anche poco generoso. E come tutti i divorzi, lascia spazio solo alle amarezze. E alla fretta, da sempre cattiva consigliera.

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