Mango triplica gli utili rispetto al 2019 e alza i target di sostenibilità
Il gruppo spagnolo ha chiuso il 2021 con un fatturato di 2,234 miliardi, in crescita del 21,3% sul 2020 e che ha sfiorato quello del 2019. Entro il 2022 l’obiettivo è arrivare al 100% di capi «Committed»
di Giulia Crivelli
I punti chiave
- Il gruppo catalano ha registrato un fatturato di 2,234 miliardi, +21,3% sul 2020
- L’online assorbe il 42% del fatturato con ricavi a 942 milioni
- Utile 2021 a 67 milioni, triplicato rispetto al periodo pre pandemia
3' di lettura
Il gigante silenzioso del fast fashion: potremmo definire così Mango, azienda spagnola famosissima in patria e famosa nel mondo (è presente in 110 Paesi), ma per alcuni versi anomala, se confrontata con altri gruppi europei del settore. Forse però, spiega il ceo Toni Ruiz, è arrivato il momento di raccontare qualcosa in più su Mango e i suoi valori, partendo comunque dai dati economici, molto positivi.
Mango ha chiuso il 2021 con un fatturato di 2,234 miliardi, in crescita del 21,3% sul 2020 e che ha sfiorato quello del 2019. Rispetto al periodo pre pandemia in compenso è triplicato l’utile netto, che nel 2021 è stato di 67 milioni, e l’indebitamento è praticamente pari a zero. Guardando ai ricavi, ecco la prima anomalia di Mango: «La crescita del canale online, + 23%, è stata leggermente superiore a quella complessiva, ma siamo davvero soddisfatti del peso del canale, che assorbe il 42% del fatturato ed è pari a 942 milioni», spiega Ruiz, di passaggio a Milano proprio nei giorni in cui si disallestiva il Fuorisalone e ci si preparava alla settimana della moda uomo che si è chiusa martedì scorso. «Milano è una città molto importante e il negozio di corso Vittorio Emanuele è uno dei tre più grandi che abbiamo nel mondo, per superficie e footfall (ingressi) – aggiunge Ruiz –. In Italia abbiamo una presenza importante al nord, ma dobbiamo crescere al centro e al sud: sono qui anche per partecipare ad alcuni eventi che abbiamo organizzato a Napoli e in Sicilia e in programma ci sono diverse aperture». La percentuale di ricavi riconducibili all’e-commerce non inganni, a proposito di anomalie: Mango non vuole diventare un brand virtuale, anzi. Alla fine del 2021 i negozi erano 2.447, con un saldo netto rispetto al 2020 di 236 punti vendita. «I negozi fisici restano il punto di contatto migliore con i clienti e lo abbiamo visto anche con il lancio della collezione casa, nel 2021: all’inizio si vendeva solo online, ora ha degli spazi nei flagship più grandi, come quello di Milano, e sta avendo un successo ancora maggiore», aggiunge l’ad.
Mango, fondato nel 1984 a Barcelona, resta focalizzato sull’abbigliamento donna, che assorbe circa l’80% dei ricavi, ma sta investendo anche nelle collezioni uomo e bambino e negli accessori. «Le nostre dimensioni ci permettono economie di scala, certo, e la presenza in oltre 110 Paesi ci consente di attrarre talenti di ogni tipo. Al centro di tutto deve però restare la creatività e l’originalità della nostra offerta - spiega Ruiz –. È difficile che, entrando in un negozio Mango o visitando il sito si abbia l’impressione di aver già visto uno stile o un modello altrove». Magari sulle passerelle, aggiungiamo noi. Ed ecco l’altro aspetto che distingue Mango da altri grandi nomi del settore, spagnoli e non solo. Ruiz non lo dice chiaramente ma quello delle somiglianza, diciamo così, tra le tendenze dettate dalle settimane della moda di Milano e Parigi e le collezioni del fast fashion è un tema controverso da tempo, al quale Mango sembra in gran parte estraneo.
Un tema che invece Ruiz sente prioritario, per l’industria della moda e per le grandi catene in particolare è la sostenibilità: «Ogni attività umana, specie commerciale, avrà sempre un impatto sull’ambiente. Per minimizzarlo abbiamo iniziato un percorso anni fa e ci siamo dati obiettivi ambiziosi, che stiamo raggiungendo prima del tempo - spiega l’ad di Mango -. Lavoriamo su quattro filoni: uso di fibre sostenibili, circolarità, emissioni di CO2 e trasparenza nella catena di approvvigionamento. Siamo stati la prima azienda spagnola a rendere pubbliche le liste delle fabbriche “tier 1”, quelle che fanno il prodotto, e delle “tier 2”, che si occupano dei processi intermedi. Entro l’anno faremo lo stesso con le “tier 3”, cioè con i fornitori di materiali come tessuti e accessori tessili».
Nel 2021 l’80% dei capi commercializzati incorporava la denominazione Committed, il doppio rispetto all’anno precedente: Mango definisce Committed gli articoli che contengono almeno il 30% di fibre più sostenibili e/o sono fabbricati utilizzando processi di produzione più sostenibili. «Entro il 2022 vorremmo arrivare al 100%», conclude Ruiz.
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