Manifattura, costruzioni e l’export trainano la ripresa del dopo pandemia
di Marco Fortis
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Tra entusiasmi sfrenati e continui scetticismi sulla ripresa italiana dopo la pandemia, c’è una via di mezzo interpretativa razionale che si basa sui dati reali e non su emozioni, luoghi comuni o disfattismo. Gli entusiasti hanno enfatizzato i forti incrementi tendenziali del Pil nel secondo trimestre, mentre gli scettici li hanno liquidati con l’etichetta del “rimbalzo”. In realtà, ci troviamo di fronte a un progresso del Pil che, rispetto ad altre riprese passate, appare finalmente come una reazione energica.
La reazione del Prodotto interno lordo italiano è tipica di una economia robusta e non allo stremo (come nel 2010 o nel 2011-13). I dati trimestrali Istat sul Pil e sul valore aggiunto, incrociati con quelli Eurostat, ci permettono di affermare ciò a partire da alcune semplici constatazioni.
Innanzitutto, nel primo semestre del 2021 la crescita economica dell’Italia è stata trainata in modo straordinario dalla manifattura e dalle costruzioni. Ciò è avvenuto non per effetto di un semplice rimbalzo, ma perché l’industria manifatturiera italiana è oggi tra le più forti e competitive a livello mondiale dopo la formidabile cura da cavallo del Piano Industria 4.0. Inoltre, perché i potenti incentivi fiscali che sono stati finalmente introdotti a favore di un settore cruciale come l’edilizia hanno messo letteralmente il turbo alle costruzioni, che a loro volta rappresentano anche un potente volàno per i settori manifatturieri, dei trasporti e della logistica che sono suoi fornitori.
Sicché, in base ai dati Eurostat disponibili, il valore aggiunto dell’industria manifatturiera in Italia ha già fatto registrare dopo i primi due trimestri dell’anno in corso una crescita acquisita monstre dell’11% in termini reali. Si tratta dell’incremento più alto registrato nell’euro area, contro il +7% della Francia, il +6% della Spagna e il +4,8% del nostro maggiore concorrente, la Germania. Nel settore delle costruzioni, poi, l’incremento acquisito del valore aggiunto dopo i primi sei mesi del 2021 è stato in Italia addirittura del +19%: anche in questo caso si tratta del più forte progresso nell’eurozona, contro il +13,3% della Francia, il -1,8% della Germania e il -4,6% della Spagna.
In secondo luogo, se prescindiamo dai confronti con i valori durante la crisi pandemica del 2020 e confrontiamo i livelli destagionalizzati del secondo trimestre 2021 del valore aggiunto dell’Italia rispetto a quelli di un importante benchmark come la Germania, rapportandoli ai livelli del quarto trimestre 2019, possiamo constatare che: nella manifattura l’Italia ha ormai quasi completamente recuperato i valori precrisi (-0,8%), mentre la Germania è ancora fortemente sotto (-5,9%); nelle costruzioni l’Italia è addirittura molto sopra i valori precrisi (+12,2%) mentre la Germania è appena sopra (+1,4%).
Dal lato della domanda, per quanto riguarda i consumi delle famiglie l’Italia ha sinora reagito un po’ meglio della Germania allo shock della pandemia. Nel secondo trimestre 2021, infatti, il nostro Paese è risultato ancora sotto del -6,4% rispetto ai livelli precrisi destagionalizzati del quarto trimestre 2019 contro il ben più pesante -8,1% della Germania. Ciò si spiega con il fatto che nei primi sei mesi di quest’anno la crescita acquisita della nostra spesa privata è stata pari a +3,4% mentre quella tedesca è risultata ancora negativa del -2,8 per cento.
Lo stesso è avvenuto per gli investimenti in macchinari e mezzi di trasporto, con l’Italia che nel secondo trimestre 2021 ha ormai quasi completamente recuperato i livelli del quarto trimestre 2019 (siamo ancora sotto, è vero, ma di poco, a -1,6%), mentre la Germania è ancora lontana dai livelli pre-crisi (-5,5%). Dopo il primo semestre di quest’anno, di fatto, l’Italia ha già accumulato una crescita acquisita degli investimenti in macchinari e mezzi di trasporto del +14,5% contro il modesto +4,9% della Germania.
In terzo luogo, la crescita acquisita dell’export italiano di beni in volume dopo i primi sei mesi del 2021 è stata del 14%: nuovamente si tratta dell’incremento più forte nell’euro area, molto davanti al +9,6% della Germania. Al punto che anche tra gli scettici c’è chi ha dovuto riconoscere il buon andamento delle nostre esportazioni, tuttavia ridimensionando il dato con l’affermazione che non si può crescere soltanto con l’export.
Ciò è ridicolo perché in passato quando il Pil italiano cresceva poco in molti sostenevano che ciò dipendeva principalmente dalla nostra debole competitività e che dovevamo prendere come modello la Germania con il suo forte export. Ora che le nostre esportazioni aumentano di più di quelle tedesche, si afferma invece che la crescita del nostro Pil è fragile perché è basata solo sulle esportazioni. A parte l’evidente contraddizione, l’affermazione di cui sopra non è nemmeno vera perché nei primi sei mesi del 2021 la forte ripresa italiana non si è basata solo sulla domanda esterna, ma anche, come abbiamo visto, sulla domanda interna, per ora solo privata soprattutto per l’impulso degli investimenti in edilizia residenziale e in macchinari. Nella seconda parte dell’anno anche i consumi delle famiglie e il turismo dovrebbero progredire in modo significativo, andando ulteriormente a irrobustire la domanda interna in attesa che l’avvio del Pnrr generi uno shock positivo ancora più ampio a partire dal prossimo anno.
Dunque, la caratteristica di fondo dell’attuale ripresa italiana è che essa, cifre alla mano, ha componenti di forza strutturali e non occasionali o passeggere.
Sicuramente preoccupa la strozzatura delle materie prime e della componentistica dal lato dell’offerta, che, se non temporanea, potrebbe generare un rallentamento della ripresa (che peraltro non toccherebbe solo l’Italia ma tutti i Paesi).
L’impatto di un eventuale “shock da materie prime” sul nostro Pil nella seconda parte del 2021 può essere simulato rozzamente con tre scenari.
1 Shock forte, la crescita del Pil si arresta: l’Istat ci dice che se anche il Pil italiano non dovesse più aumentare congiunturalmente nei restanti due trimestri del 2021, la sua crescita acquisita per l’anno in corso sarebbe del 4,7%, che costituirebbe comunque un buon risultato, anche comparativamente agli altri Paesi.
2 Shock limitato, la crescita del Pil rallenta soltanto un po’: se simuliamo un’espansione consecutiva solo dell’1% nel terzo e nel quarto trimestre (rispetto al brillante +2,7% del secondo trimestre), il 2021 si chiuderebbe comunque con un Pil in crescita del 5,5 per cento.
3 Nessuno shock, la crescita del Pil prosegue a buon ritmo: ipotizziamo che il Pil italiano aumenti ancora congiunturalmente del 2% nel terzo trimestre e poi rallenti fisiologicamente a +1,0% nel quarto: l’aumento annuo del Pil sarebbe nel 2021 del 6,1%, molto vicino all’ultima previsione appena diffusa dall’Economist Intelligence Unit (+6% nel 2021 e +4,5% nel 2022).
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