analisii dati istat sul pil

Manovra e Pil, i rischi di un’espansione di bilancio recessiva

di Rossella Bocciarelli

Giuseppe Conte con il premier indiano Narendra Modi (Ap)

2' di lettura

È un dato davvero frustrante, quello prodotto dall’Istat, perché conferma i dubbi già espressi da numerosi previsori sul quadro macroeconomico presentato dal governo. Il terzo trimestre dell’anno, così come fotografato dall’Istituto di statistica, mostra infatti un’economia ferma, dopo quasi quattro anni di crescita ininterrotta: sarà stata fragile e non particolarmente robusta, ma prima c'era e adesso non c'è più. Il più 0,2 per cento del Pil dei mesi compresi fra aprile e giugno è diventato, tra luglio e settembre, uno zero tondo, soprattutto per effetto di una diminuzione del valore aggiunto nel settore industriale.

Come risultato, la velocità di marcia nei dodici mesi dell’economia scende allo 0,8 per cento e la crescita media acquisita per il 2018, ovvero ciò che accadrà se anche nel quarto trimestre il prodotto non aumenterà, resta bloccata all’uno per cento. Non basta: le leggi dell’aritmetica dicono che nel 2019 non si potrà contare sull’abbrivio garantito dal trascinamento statistico. Tenendo conto dell’aria che tira per il commercio internazionale, impallidisce molto la possibilità di raggiungere quell’1,5 per cento di sviluppo fissato dal Governo Conte come target per l’anno prossimo nella Nadef. E, con una crescita prospettica che non arriva all’uno per cento, anche il punto d’approdo del deficit pubblico nel 2019 finisce con l’assomigliare più a quanto stimato da Standard & Poor's (2,7%) che non al target fissato dal governo Conte (2,4%).

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«Noi, per la verità, avevamo previsto già a settembre che nel terzo trimestre vi sarebbe stata una battuta d'arresto» osserva Stefania Tomasini, della società di consulenza e ricerca Prometeia. «Il blocco della crescita conferma una debolezza dell’export, che in passato aveva fatto da traino all' economia italiana. E ancora più grave sarebbe, ma questo i dati ancora non lo esplicitano, se vi fosse anche un rallentamento o un blocco degli investimenti, che invece in precedenza erano ripartiti».

Qualche giorno fa l’economista Olivier Blanchard, lo stesso che ha fortemente criticato chi pensa che l’austerity possa avere effetti espansivi, si è chiesto se l’attuale politica economica italiana non rappresenti invece un tipico caso di espansione fiscale che genera contrazione del prodotto. Stiamo attenti, ha osservato Blanchard, perché l’effetto espansivo pari allo 0,8 per cento del Pil ipotizzato con la legge di bilancio potrebbe essere interamente mangiato dall’effetto depressivo degli alti interessi e delle aspettative negative causate dall’incertezza. E questo è tanto più vero, si potrebbe aggiungere, quando, invece di puntare soprattutto sugli investimenti, pubblici e privati, che hanno un moltiplicatore del reddito elevato, si sceglie di usare la spesa in deficit per mere finalità distributive.

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