Manovra e rating, le 4 date chiave dell’autunno caldo dell’Italia
di Redazione Online
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Prima toccherà al governo comporre il complesso puzzle della legge di bilancio, poi arriverà la risposta delle agenzie di rating, che peserà non poco sull’andamento dello spread. Se Fitch venerdì sera ha dato tempo al governo italiano, rinviando probabilmente all’anno prossimo un’eventuale bocciatura, il giudizio di Moody’s e Standard & Poor’s incombe e, nel caso di una manovra più orientata al deficit, potrebbe tradursi in un «downgrade» capace di gettare il nostro Paese sull’orlo di un pericoloso rating «spazzatura».
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Vediamo quali sono gli appuntamenti cruciali di un autunno che, come sostiene il ministro Tria, potrebbe scacciare le nubi che gravano sull’Italia o, al contrario, farle addensare ancora di più.
27 settembre: Def aggiornato
È la data entro la quale il governo deve presentare la nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza. Il Def potrebbe anche essere presentato con qualche giorno di anticipo rispetto alla scadenza. Il numero che tutti attendono è quello del deficit previsto nel 2019: M5S e Lega sono in pressing su Tria per alzare l’asticella e le cifre che circolano sono le più svariate. Nelle previsioni di primavera della Commissione europea il disavanzo è previsto in discesa dal 2,3% del 2017 (più alto del previsto a causa delle misure salva-banche) all’1,7% sia nel 2018 che nel 2019. Moscovici, in un’intervista al Sole-24 Ore, ha ribadito che Bruxelles chiede una riduzione del deficit strutturale dello 0,6% ma è disponibile a confrontarsi in maniera costruttiva con Roma. È chiaro che più il governo si allontanerà dalla cifra dell’1,7%, più renderà difficile la trattativa con la Commissione, e ogni tensione con la Ue a sua volta renderà più nervoso il già teso mercato dei BTp.
15 ottobre: la manovra a Bruxelles
È la scadenza fissata ogni anno dalla Commissione europea per l’invio delle leggi di bilancio da parte degli Stati membri. In quell’occasione il governo M5S-Lega dovrà dunque svelare tutte le carte di una manovra finanziaria circondata da molte attese. Si tratta del primo vero atto di indirizzo politico di un governo che in 90 giorni di vita ha prodotto finora soltanto il controverso decreto lavoro, quello che contiene un aumento dei costi dei contratti a termine. Decisivi agli occhi dei mercati, oltre all’impianto complessivo, saranno i capitoli dedicati alle pensioni - per capire in quale misura e con quali costi sarà rivista la legge Fornero - e alla riforma fiscale, con la promessa di una revisione delle aliquote attesa alla prova dei numeri reali dopo le molteplici dichiarazioni d’intenti.
26 ottobre: il giudizio di Standard & Poor’s
È atteso il giudizio di Standard & Poors’. L’ultima revisione dell’agenzia risale al 27 aprile scorso, quando ha lasciato invariato il rating a BBB - due gradini al di sopra della categoria più a rischio (junk) - con prospettive stabili. Il 27 ottobre di un anno fa l’Italia aveva addirittura incassato la sua prima promozione di rating da parte di S&P's, salendo di un gradino dalla BBB- alla BBB con prospettive stabili. Poiché nel frattempo S&P non ha posto sotto osservazione il rating sovrano dell’Italia, non è attesa una bocciatura, ma la spada di Damocle potrebbe abbattersi in caso di una manovra troppo «generosa» sul fronte della spesa.
31 ottobre: il (temuto) giudizio di Moody’s
Il giudizio più temuto è sicuramente quello di Moody’s, dopo che il 25 maggio scorso l’agenzia americana ha minacciato il downgrade mettendo sotto osservazione la pagella italiana in vista di un possibile (anzi probabile) declassamento. Attualmente l’Italia ha un giudizio di Baa2, due gradini al di sopra del famigerato «non investment grade», cioè il famoso «junk». Il 20 agosto Moody’s ha rinviato la decisione per avere migliore visibilità sulle politiche fiscali e l’agenda di riforme del paese, spiegando che il giudizio arriverà «al più tardi» entro la fine di ottobre (dunque potrebbe arrivare anche prima del 31 ottobre). L’agenzia insomma vuole attendere la nota di aggiornamento al Def e la manovra prima di esprimersi. Toccherà dunque al governo giallo-verde persuadere Moody’s a non compiere un passo che al momento appare assai probabile: quello di un declassamento.
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