Manovra, ora più rischi nel negoziato con Bruxelles
di Carlo Bastasin
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Il rallentamento dell’economia italiana può influenzare in modo decisivo sia gli equilibri politici interni sia i rapporti con l’Europa. Quali siano le condizioni attuali è ben noto: le tensioni sul commercio mondiale stanno pesando, ma motivi tutti interni causano i problemi di gran lunga maggiori e non lasciano prevedere miglioramenti.
Le famiglie italiane hanno frenato il consumo di beni durevoli e le imprese segnano il passo sugli investimenti, di pari passo con il calo degli indici di fiducia. La spesa in infrastrutture è in buona parte sospesa per scelte politiche. Le condizioni finanziarie si stanno stringendo per l'incertezza sulla politica di bilancio del governo e sulle conseguenze nei rapporti con l’Europa, che ha già causato l’aumento dello spread. Le coperture fiscali delle spese a bilancio, reddito di cittadinanza e anticipi delle pensioni in particolare, sono incerte per il 2019 ed evanescenti per gli anni successivi. A fronte di un aumento delle spese pubbliche correnti, che secondo l’Istat produce meno crescita di quanto costi, viene colpita la spesa privata in investimenti che invece produce più crescita di quanto costi.
La revisione del pil per il prossimo anno potrebbe dunque essere significativa. Tenendo conto che la Commissione Ue prevedeva un disavanzo pubblico del 2,9% (ipotizzando una crescita dell’1,2%), a parità di condizioni ora il disavanzo atteso per il 2019 scapperà oltre il 3%. Con una crescita dell’economia tra zero e 1%, un’inflazione moderata e tassi d’interesse che risentono del rialzo dello spread, l’algebra dimostra che il rischio di un aumento del rapporto debito/pil diventa consistente dopo anni di lenta discesa.
Il piano di bilancio per il prossimo anno, composto dal disegno di legge di bilancio e dal decreto fiscale, dovrebbe essere approvatoentro fine anno, ma dall’ultimo Consiglio dei ministri è emersa la volontà di presentare la manovra alla Camera già da mercoledì e di porre rapidamente la fiducia. L’accorciamento dei tempi è sorprendente, perché va in direzione contraria all’esigenza diproseguire il dialogo con la Commissione per evitare la procedura di infrazione. Si trattava peraltro di un tentativo impervio e forse una vera trattativa non è mai sembrata davvero possibile. In uno studio per l’Università Luiss con Marcello Messori, abbiamo calcolato che la correzione necessaria dei conti sia prossima a 23 miliardi. Uno sforzo ingente in particolare quando l’economia frena.
A questo punto il governo potrebbe addirittura considerare più agevole accettare la procedura europea e negoziare piuttosto sui tempi di applicazione anziché aggiustare la cifra intera. Anche se una procedura “per debito” è inedita, non essendo finora mai stata aperta, si ritiene infatti che risponda al principio secondo cui gli aggiustamenti annuali possono essere tanto minori quanto più lunga, anni e anni, sarà la durata della procedura.
L’approvazione, giovedì, da parte del Comitato economico e finanziario (un organo tecnico del Consiglio Ue) dell’opinione e del rapporto della Commissione - con cui si propone una procedura di infrazione per deficit eccessivo in relazione alla violazione della regola del debito – fa prevedere che il Consiglio Ecofin accolga presto la proposta della Commissione di raccomandazione all’Italia. Sarebbe ancora possibile negoziare in seguito, ma una volta che la manovra fosse votata dal Parlamento italiano, i margini per un compromesso con Bruxelles sarebbero davvero nulli.
L’accelerazione del governo italiano sembra dunque quasi una provocazione che spinga il Consiglio Ue ad approvare la procedura di infrazione, senza che poi null’altro possa accadere da lì al 22 gennaio, quando la Commissione dovrebbe presentare al Consiglio Ecofin la proposta di sanzione a carico dell’Italia. A quel punto, salvo che l’attuale rallentamento dell’economia non si trasformi in una vera recessione europea, la sanzione all’Italia potrebbe essere fermata solo da un’impossibile maggioranza qualificata.
È difficile dunque capire quale sia la strategia del governo se non ipotizzando un rapido ricorso alle urne e una campagna elettorale improntata al vittimismo anti-europeo. Ma una campagna di questo tipo si scontrerebbe con le tecnicalità della procedura che richiede di seguire un “percorso concreto” per la correzione del deficit eccessivo entro scadenze indicate dal Consiglio e verificate dalla Commissione. Se lo Stato non ottempera a tali obblighi è chiamato a dare informazioni supplementari prima di emettere nuove obbligazioni o altri titoli e in caso di non cooperazione tutto ciò avviene con dichiarazioni pubbliche e documentazioni esposte al giudizio dei cittadini.
Si può pensare che tanto peggiore sia il clima tra Roma e Bruxelles e tanto più facile sia condurre una campagna elettorale anti-europea, ma le cose non stanno proprio così. Un atteggiamento non cooperativo nei primi mesi dell’anno potrebbe addirittura essere considerato una volontaria violazione delle regole comuni e ciò porrebbe l’Italia al di fuori delle condizioni necessarie a ricevere assistenza finanziaria se ve ne fosse necessità. Il solo fatto di non poter accedere agli aiuti di emergenza della Bce e dell’Esm renderebbe più rischioso investire in titoli di Stato italiani. Con le conseguenze ovvie, in un anno in cui vanno ceduti o rifinanziati 400 miliardi di titoli pubblici.
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