Manovra, tutte le richieste dei partiti di maggioranza: è caccia ai risparmi
Le risorse sono «poche», ha detto la premier. Quante, è ancora da capire e, ha precisato il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti: dipenderà anche dall’andamento del negoziato a livello europeo sul nuovo Patto di stabilità
di Andrea Gagliardi
I punti chiave
- Manovra all’insegna della prudenza
- I desiderata dei ministeri valgono 40 miliardi
- Le richieste della Lega
- Le priorità di Fdi
- E quelle di Forza Italia
- Il ruolo della spending review
- Le possibilità offerte dalla riforma fiscale
- Disponibili finora 7-9 miliardi
- No a nuovo deficit
- Lavoro, pensioni e sanità
- Verso un bonus benzina
5' di lettura
Evitare sprechi e inefficienze, come «il disastro del Superbonus 110%», che era scritto «malissimo» e ha prodotto «la più grande truffa ai danni dello Stato»: è la priorità del governo per delineare le risorse su cui costruire la manovra, come ha detto chiaramente Giorgia Meloni ai suoi ministri nella prima riunione del Cdm dopo la pausa estiva. Le risorse sono «poche», ha detto la premier. Quante, è ancora da capire e, ha precisato il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, dipenderà anche dall’andamento del negoziato a livello europeo sul nuovo Patto di stabilità. Per fare cassa, ha aggiunto, non è esclusa la strada delle privatizzazioni, sollecitata da Forza Italia, perché «potrebbero esserci partecipazioni da cui è necessario disinvestire».
Manovra all’insegna della prudenza
La legge di bilancio entrerà nel vivo dopo la riunione di maggioranza in programma il 6 settembre. Ma già la presidente del Consiglio ha voluto chiarire le direttive da seguire e i paletti, all’insegna della prudenza. Deve essere, ha aggiunto, una manovra «seria, per supportare la crescita, aiutare le fasce più deboli, dare slancio a chi produce e mettere soldi in tasca a famiglie e imprese». Ma deve anche essere politica: «Dobbiamo consolidare la direzione» del taglio del cuneo, «un provvedimento concreto che arriva ogni mese nella busta paga», e degli interventi a favore della famiglia, con l’obiettivo di contrastare la denatalità.
I desiderata dei ministeri valgono 40 miliardi
La priorità non è più il caro-energia: «Gli sgravi - ha detto Giorgetti - torneranno di attualità nella misura in cui i prezzi di gas e elettricità lo consiglieranno». Lo scenario sarà più chiaro quando fra un mese l’esecutivo varerà la Nadef. Palazzo Chigi e Mef stanno esaminando i desiderata dei vari ministeri, che complessivamente supererebbero i 40 miliardi, ben oltre i 30 miliardi, la cifra attorno a cui potrebbe aggirarsi il monte risorse complessivo.
Le richieste della Lega
La Lega spinge per una mini-Quota 41 solo contributiva, vorrebbe ritoccare all’insù il deficit programmatico (fissato al 3,7% dalla Ue per il 2024) per guadagnare margini di manovra. Poi c’è la flat tax per le partite Iva con l’idea di andare oltre la soglia degli 85mila euro e la detassazione delle tredicesime . Altra priorità sono i fondi per le grandi opere (in particolare il ponte sullo Stretto) che la Lega vorrebbe scomputare dal deficit
Le priorità di Fdi
Assicurato un pacchetto natalità per il quale spinge Fdi: si studiano aiuti ai nuclei con 3 figli, agevolazioni per chi assume mamme, un bonus per il secondo figlio; mentre potrebbe richiedere più tempo il quoziente familiare, una misura fortemente voluta da Fdi (che consentirebbe di applicare le imposte all’intero reddito familiare e non a quello dei singoli componenti, riducendo ovviamente le tasse ai nuclei più numerosi) molto costosa, difficile da avviare subito
E quelle di Forza Italia
Per Forza Italia il primo obiettivo resta l’aumento delle pensioni minime, con l’innalzamento per gli over75 a 700 euro. Il partito guidato da Antonio Tajani vuole poi alleggerire il provvedimento inserito nel decreto omnibus sugli extraprofitti delle banche (Tajani vuole che la tassa sia deducibile, una tantum e non applicata ai piccoli istituti sul territorio). Non solo. Fi ha ripreso a spingere sulla linea delle privatizzazioni dei servizi pubblici. E ha già detto che sarebbe opportuno cedere ai privati la gestione dei porti. Proposta seccamente respinta dal Carroccio
Il ruolo della spending review
Lo scoglio da superare è ora quello delle coperture: mancherebbero all’appello più di 20 miliardi e la caccia alle risorse è già partita, con gli occhi puntati in particolare sui margini che potrebbero arrivare dalla spending review, dall’avvio della riforma fiscale e da possibili altri risparmi di spesa. La prima verifica arriverà a breve sui tagli alla spesa dei ministeri. Il Dpcm per la spending approvato in Cdm prima della pausa estiva fissa 1,5 miliardi in tre anni (partendo da 300 milioni per il 2024) e stabilisce la ripartizione tra i ministeri, che potranno proporre gli interventi da adottare già con la prossima legge di bilancio. Ora il Mef attende entro il 10 settembre di ricevere dai ministeri le proposte di risparmio.
Le possibilità offerte dalla riforma fiscale
Ma la caccia del governo alle risorse si concentra anche sulle possibilità offerte dalla riforma fiscale, ad esempio con le risorse attese dal nuovo rapporto collaborativo tra fisco e contribuente. Il viceministro alle Finanze Maurizio Leo ha messo in campo 13 commissioni di esperti, che entro il 20 settembre dovranno trasmettere schemi di decreti attuativi. Si partirà dalle misure che non richiedono risorse, quindi procedimenti e tutto ciò che riguarda adempimenti e versamenti dei contribuenti, ha già anticipato Leo.
Disponibili finora 7-9 miliardi
Le risorse finora disponibili si fermano a 7-9 miliardi: i 4,5 miliardi ricavati in deficit dal Def, cui si aggiungono i 2-2,5 miliardi attesi dalla nuova tassa sugli extraprofitti delle banche. Altri 2 miliardi dovrebbero arrivare dai risparmi dell’assegno unico, mentre un aiuto è atteso dalla minor spesa per il caro-energia che l’anno scorso aveva assorbito due terzi della legge di bilancio.
No a nuovo deficit
Difficile invece che si riesca a ricorrere a nuovo deficit: tutto dipende da come andrà la delicata partita in Europa sul nuovo Patto di Stabilità, con l’Italia che punta a raggiungere un accordo entro l’anno in modo che da gennaio scattino le nuove regole, scongiurando il temuto ritorno ai vecchi vincoli.
Lavoro, pensioni e sanità
In un quadro che sembra non lasciare spazio per promesse elettorali e bandierine, la manovra parte da alcuni punti fermi che da soli portano il conto ad almeno 30 miliardi. E ruotano attorno a tre capisaldi: lavoro, pensioni e natalità. Si parte dal cuneo fiscale, con il rinnovo del taglio introdotto da luglio (6 punti per i redditi fino a 35mila euro e 7 per quelli fino a 25mila), che da solo vale quasi 10 miliardi. Quasi sicura la proroga della tassazione agevolata sui premi di produttività e i fringe benefit (l’ipotesi è riproporre il tetto di 3mila euro per chi ha figli o aprire a tutti portando la soglia a 1.000 euro). Oltre alle agevolazioni sui mutui prima casa per i giovani. Altri 6 miliardi servono per le spese indifferibili, comprese le missioni internaziognali; 6-8 miliardi servirebbero solo per avviare i rinnovi dei contratti della Pa; 1-2 per far partire il Ponte sullo Stretto.
C’è poi il dossier pensioni: sul tavolo c’è un pacchetto da 1-2 miliardi con la proroga di Quota 103, l’Ape sociale per i lavoratori disagiati e aggiustamenti per Opzione donna. Al netto del delicato e costoso nodo della rivalutazione degli assegni (si parla di almeno 4 miliardi).
Verso un bonus benzina
Nonostante il pressing della Lega in tal senso sembra escluso il taglio delle accise sui carburanti. L’ipotesi è quella di un bonus una tantum da 150 euro da destinare ai redditi bassi, al di sotto dei 25mila euro, sulla falsariga della card “Dedicata a te” per l’acquisto di generi alimentari, come confermato dal ministro per l’Agricoltura Francesco Lollobrigida, in un’intervista al Sole 24 Ore.
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