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Marche, l’export dell’industria è cresciuto del 20% nel 2022

Una performance depurata dall'incremento abnorme del settore farmaceutico (+481%) generato dai flussi internazionali dello stabilimento Pfizer di Ascoli Piceno

di Michele Romano

Stabilimento Ica Polska a Civitanova Marche (Ansa)

2' di lettura

Il 2022 doveva essere, nelle previsioni, un anno difficile per l'industria manifatturiera delle Marche, regione in transizione per l'Europa e bersagliata da almeno un decennio da crisi esogene (dal terremoto all'alluvione) ed endogene (dalla riorganizzazione del sistema bancario all'impatto della crisi russo-ucraina), che si sono aggiunte alle criticità che hanno aggredito il sistema Paese, dall'aumento dei costi delle materie prime e dell'energia alla difficoltà di reperire manodopera specializzata.

Pfizer ad Ascoli: export farmaceutico +481%

È stato, invece, un anno all'insegna della crescita di tutti i principali indicatori e per tutti i settori, primi quelli che partivano più indietro come calzatura e abbigliamento, con performance migliori della media nazionale. A cominciare dai numeri dell'export, che crescono per il secondo anno consecutivo. Ma se quelli del 2021 rappresentavano la reazione alla caduta provocata dal Covid, il +19,8% del 2022 sembra annunciare una crescita strutturale, anche perché depurato dall'incremento abnorme del settore farmaceutico (+481%) generato dai flussi internazionali dello stabilimento Pfizer di Ascoli Piceno, che – se considerati – porterebbero la crescita al +82,4%, la migliore dell'anno in Italia.

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«Se le prospettive dell'export rimarranno così solide – osserva Marco Cucculelli, docente di economia applicata alla Politecnica delle Marche – sarà importante per le imprese migliorare la propria capacità di introspezione dei mercati, attraverso analisi disaggregate di prodotto per paese, e dotarsi di una struttura organizzativa e manageriale in grado di dar seguito all'attività di scouting, così da raggiungere mercati potenzialmente distanti».

Produzione industriale: +2,1%

L'export ha trascinato con sé la produzione industriale, cresciuta del 2,1% (+0,1% in Italia) e, con un effetto domino positivo, anche sugli occupati (+7,1% quelli dell'industria e +16,4% nelle costruzioni, rispettivamente contro +1,7% e +8,4% della media nazionale), con evidenti benefici sul tasso di occupazione (66,8% rispetto a 60,1%), quello di disoccupazione complessivo (6,2% rispetto a 8,1%) e dei giovani (13,4% contro 18%).

In aumento anche il consuntivo di spesa per investimenti che ha beneficiato in prevalenza dell'attività delle imprese di medie e grandi dimensioni: sono aumentati dell'11,1% rispetto all'anno precedente, variazione più significativa rispetto a quella rilevata nel 2021 (+5,3%). Anche in questo caso si tratta di un risultato migliore delle previsioni, influenzato dal riavvio delle attività indotto dal migliorato clima internazionale, con le imprese più grandi che hanno ripreso in maniera più evidente l'attività di accumulazione del capitale; positivo anche il contributo fornito dagli incentivi previsti per l'acquisizione di beni strumentali ad elevata tecnologia.

Manifatturiero in crescita

«Nonostante la fragilità dello scenario internazionale e le numerose criticità che le imprese si sono trovate ad affrontare – sottolinea Roberto Cardinali, presidente di Confindustria Marche –, il nostro manifatturiero è riuscito a crescere ancora, confermandosi motore dell'economia regionale e produce un quarto del Pil delle Marche». Guardando avanti, dunque, resta sostenuto il ruolo prospettivo del Made in Italy, «specie della meccanica strumentale – anticipa Cucculelli –, mentre estremamente vivaci appaiono le prospettive della health industry, che conta su importanti centri di ricerca e manifatturieri, anche locali, nei settori della farmaceutica, cosmetica e chimica».


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