Marchionne, l’amore per il tabacco e il salotto «italico» della Philip Morris
di Simone Filippetti
3' di lettura
L’ultima mossa di Borsa Sergio Marchionne l’aveva fatta il 9 maggio scorso, ma non riguardava il gruppo Fca, che ha guidato per 14 anni. Aveva comprato un pacchetto di azioni della Philip Morris International, la multinazionale delle sigarette Marlboro.
Dai documenti della Sec, gli sceriffi di Wall Street, si apprende che l’ormai ex manager di Casa Agnelli ha comprato 2.138 titoli del colosso del tabacco per una spesa di 180mila dollari. Briciole, per uno dei manager più ricchi dell’industria automotive (ha un patrimonio stimato tra i 6-700 milioni di franchi svizzeri, cifra che lo fa rientrare tra i 300 elvetici più benestanti).
E’ stato, però, anche l’ultimo “filing” depositato dal manager alla Sec, sul cui sito da sabato pomeriggio è impossible accedere al profilo del manager italo-canadese e a tutte le sue operazioni finanziarie rilevanti.
Così nelle ultime ore anche a Losanna, quartier generale del colosso fondato nel 1837 da un piccolo commerciante di Londra, Philip Morris, si pone un problema di «successione»: Andrè Calantzopoulos, il super Ceo del colosso delle sigarette dovrà trovare un sostituto nel consiglio di amministrazione, dove Marchionne era uno dei big. E sebbene non ricoprisse incarichi operativi, la poltrona dell’ex capo azienda di Fca era strategica, per la rete di interessi e relazioni tra la multinazionale e il manager, che della Philip Morris è anche un socio: 67mila azioni detenute per un investimento di 5,67 milioni di dollari (alla chiusura di Wall Street di venerdì 20 luglio 2018 ), poco più di un anno di stipendio alla guida del Lingotto. Per molti anni la multinazionale è stata uno dei principali sponsor della scuderia Ferrari nella Formula Uno e poi, dopo il divieto di spot per il fumo nel 2011, ha continuato lo stesso a finanziare la Rossa nei Grand Prix (c’è anche chi ha fatto notare come le tute dei piloti Ferrari ricordino molto il design dei pacchetti Marlboro).
Fumatore, Marchionne ha sempre avuto un amore per l’industria del tabacco. E quello della Philip Morris non è proprio un normale cda, ma assomiglia più a un «salotto buono» mondiale, un club esclusivo che accoglie super-lobbisti come Harold Brown, ex ministro della Difesa degli Stati Uniti dal 1978 al 1981 e oggi membro della Trilateral e della Rand Corporation. A scorrere la lista dei director emerge una sorta di triangolazione Philip Morris, Italia e Svizzera, che ruota proprio attorno all’ex numero uno di Fca.
La Svizzera in primis perché lì c’è il quartier generale, anche se la sede legale è sempre rimasta a New York, dove l’azienda è quotata. E Marchionne è residente proprio in Svizzera: di recente aveva pure cambiato casa. Circa un anno fa si era spostato dalla storica residenza di Walchwill, nel cantone di Zug, nella vicina Schindellegi. Un trasloco di appena 28 chilometri, nei dintorni di Zurigo, nel complesso residenziale super-lusso “Sunset”, a Stutzhalden Strasse 20. Poco prima di Marchionne tra gli inquilini famosi c’era stata anche l’ereditiera americana, Paris Hilton.
Per tre anni, dal 2007 al 2010, Marchionne ha fatto anche il consigliere della banca svizzera Ubs, il cui l’ex storico presidente Mathis Cabiallavetta è stato anche lui in Philip Morris, negli stessi anni di Marchionne. Mentre nel cda, come presidente non esecutivo, siede tuttora Louis Camilleri, che sarà proprio il successore di Marchionne in Ferrari. Il prossimo ad di Maranello della multinazionale del tabacco è stato addirittura il presidente, e ha un passato nel board di America Movìl, la compagnia telefonica del messicano Carlos Slim, uno dei Paperoni mondiali, ma soprattutto anche lui un ex membro di Philip Morris. Sempre attorno all’universo Fca ruota anche un altro consigliere della multinazionale, Stephen Wolf, che per 10 anni è stato consigliere di Fiat prima e Fiat Chrysler poi, vivendo tutta l’epopea di Marchionne. Il board della Philip Morris risente dunque di una forte impronta marchionnesca, che ora non sarà facile rimpiazzare.
Più in generale, la presenza «italiana» dentro la casa della Marlboro è fortissima: oltre a Marchionne e Camilleri fanno parte del board anche l’italo-americano Lucio Noto, ex vice presidente della ExxonMobil, la più grande compagnia petrolifera al mondo; e Massimo Ferragamo, uno dei fratelli della famiglia omonima proprietaria della maison Salvatore Ferragamo. E c’è anche un po’ di Belpaese in altri consiglieri: l’americana Lisa Hook viene da Brera Capital, fondo di investimento di New York azionista di Italtel mentre il malese Robert Polet è stato il presidente di Safilo (e tuttora fa parte del cda).
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