Margherita Della Valle: «Finanza connettiva per le nuove imprese globali»
La Cfo del gruppo Vodafone, partita da Montedison e Omnitel, racconta come la finanza muti processi, servizi e fisiologia interna della multinazionale
di Paolo Bricco
6' di lettura
«Le nostre filiere non hanno subito stress significativi. A parte le prime settimane di lock-down mondiale, gli effetti del coronavirus e la rimodulazione degli equilibri nella globalizzazione non hanno mutato la fisionomia di Vodafone. Non è successo nulla di paragonabile alle difficoltà sperimentate da altre industrie. La nostra supply-chain, formata per esempio dai componenti di rete per l'infrastruttura e i set-top box e gli smartphone per i clienti, è rimasta integrata e fluida. In quest’ultimo anno, abbiamo introdotto un monitoraggio continuo di tutti gli elementi materiali e immateriali che servono per fare funzionare le consociate di Vodafone e abbiamo modificato il timing degli approvvigionamenti, rendendolo più stringente».
Margherita Della Valle è Chief financial officer del gruppo Vodafone ed è anche responsabile degli shared services di Vodafone. Di fatto è la numero due di Nick Read, Chief executive officer dal 2018, che prima di lei ha rivestito il ruolo di Cfo, quando il capoazienda era Vittorio Colao.
Facciamo questa «A tavola con», ai tempi di una pandemia in una fase calante, con un pranzo di lavoro collegati via Skype. Lei è a Londra, nella sua casa a sud di Notting Hill. Io sono nella mia, ad Arcore, in Brianza. «Per otto mesi ho lavorato nella mia camera da letto. Ho perfino presentato da lì agli analisti i risultati di Vodafone. Adesso, ho avuto un miglioramento: ho preso possesso della stanza di mio figlio Alberto, che è andato a lavorare fuori Londra. Ho molto più spazio», spiega sorridendo.
Della Valle ha il potere e la responsabilità su due parti vitali di un organismo sofisticato e complesso come il gruppo Vodafone: la finanza e i centri operativi di servizio. Gli shared services sono la spina dorsale e insieme il sistema nervoso di tutto il gruppo, perché integrano le operations di information technology, finanza e customer services. La finanza è, da quando esiste il capitalismo, una delle strutture portanti di qualunque organizzazione – nei servizi e nella manifattura – soprattutto quando essa è presente in simultanea su numerosi mercati. Negli shared services lavorano 25mila persone. Nella finanza operano in 4mila. Oggi in queste funzioni si concentrano e si riflettono criticità e potenzialità, passato e futuro di una “Impresa Mondo” quale è Vodafone, che con la sua estensione internazionale è una sorta di prisma in grado di assorbire e subire, elaborare e reagire ai grandi cambiamenti – tecnologici, finanziari e nei modelli di consumo – del nostro tempo: «Usiamo la blockchain per gli acquisti e per il roaming fra i diversi Paesi. L’efficienza che garantisce è significativa».
Lei ha davanti a sé ha una insalata fredda di avocado e granchi: «L’ho preparata io, cucinare mi piace moltissimo, in famiglia e per gli amici organizzo delle serate a tema: una volta tutto giapponese, una volta tutto cinese, una volta tutto messicano». Io, invece, ho una torta salata ripiena di prosciutto cotto e di fontina.
Margherita è una camminatrice da città. Sessanta chilometri a piedi alla settimana. Nelle strade di Londra. Niente eccitazione para-sportiva da triste controfigura europea nella City dei manager e dei finanzieri fissati nella Wall Street dei film di Oliver Stone e dei libri di Tom Wolfe. Soltanto il ritmo spedito della persona normale che ogni giorno compie a piedi il tragitto da casa al lavoro – da Notting Hill a Paddington Station, dal 2010 quartier generale di Vodafone – e fa lo stesso al ritorno, a patto che – nell’inverno londinese - non faccia troppo freddo.
Lei e suo marito Alessandro hanno due figli, Marco e Alberto, entrambi alla prima esperienza lavorativa, il primo nel marketing e il secondo nell’information technology: «La principale preoccupazione, quando nel 2007 sono venuta a lavorare a Londra da Milano, è stata quella di sradicare i miei figli dal loro Paese. Ma il maggiore vantaggio è stato l’inserimento, mio professionale e di tutta la mia famiglia, in una cultura che, in Vodafone in particolare e in generale nella società inglese, è fondata sulla diversity, sull’accettazione dell’altro e sulla valorizzazione di ogni identità», racconta. E aggiunge: «Fino a un certo punto, la carriera mia e quella di mio marito hanno avuto evoluzioni parallele. Poi abbiamo deciso di cogliere la mia nuova opportunità di lavoro e lui ha scelto di trascorrere maggior tempo a casa».
Oggi Della Valle è una delle principali figure formate ed espresse dal sistema italiano ai vertici del capitalismo internazionale. La sua visione su globalizzazione, rapporto fra industria e finanza, tecnologia e consumi, investimenti e società è quindi fra le più qualificate che si possano raccogliere. Della Valle, però, è interessante anche per il suo profilo personale, che è stato una costante miscela di dimensione professionale di staff e di analisi e di line e di leadership.
Si è laureata in Bocconi a Milano al vecchio Discipline Economiche e Sociali («un corso molto quantitativo, eravamo pochissimi in classe, ho fatto una tesi di economia internazionale con Fabrizio Onida, sono stata tentata un anno di fare il dottorato di ricerca»), ha lavorato per quattro anni all’ufficio studi e pianificazione strategica della Montedison («stendevo analisi macro sui Paesi che ci interessavano per l’agroalimentare e la chimica e proiezioni sugli effetti degli accordi internazionali di libero mercato») ed è stata la matricola numero 25 di Omnitel, la maggiore creazione di valore della storia dell’economia italiana, nata dalla intuizione visionaria di Elserino Piol e dalla scelta saggia di Carlo De Benedetti di fondare, nella telefonia mobile, una startup totalmente distinta dalla allora molto problematica Olivetti: «Nell’aprile del 1994 Omnitel aveva vinto la licenza Gsm. A maggio sono stata assunta come prima dipendente del marketing. Francesco Caio era l’amministratore delegato. Si lavorava diciotto ore al giorno. Dormivo nella cosiddetta Talponia, la residenza sottoterra progettata da Aimaro Oreglia d’Isola e da Roberto Gabetti per la Olivetti, e andavo a lavorare alla Ico di Via Jervis a piedi». Dalla Omnitel in avanti – quando la società, nel periodo di Roberto Colaninno, è stata venduta alla tedesca Mannesmann che poi a sua volta l’ha ceduta all’inglese Vodafone – ha costruito una carriera in cui ha usato i numeri in funzioni esecutive e con responsabilità strategiche, adoperando i modelli per prendere decisioni e per implementarle, dall’alto verso il basso, in strutture complesse.
Lei beve un bicchiere di Gavi: «Non lo faccio mai, soltanto per questa occasione». Io, invece, ho del chinotto. Lei ha sperimentato una carriera ibrida e con dei meccanismi di graduale rottura degli standard. Nelle società del Ftse 100, soltanto un Cfo su sei è donna. Inoltre, a Londra i Cfo sono quasi tutti inglesi e arrivano dalla contabilità e dalla revisione. Lei, oltre ad essere italiana, ha un profilo differente: «La mia formazione fra la macroeconomia, il marketing e l’execution è anomala».
La finanza, dunque. Il sostrato essenziale, oggi, per il meccanismo di una macchina gigantesca come Vodafone. Nella quotidianità e nella costruzione di nuovi modelli, appunto in una dimensione ibrida fra essa, il legame con il cliente e la digitalizzazione dei processi: «L'utilizzo che facciamo della finanza è sempre di miglioramento complessivo della nostra fisiologia interna e del rapporto con il mercato finale. Non ne abusiamo mai. La funzione finanziaria, adoperata in una maniera così connettiva all’interno dell’organismo aziendale di gruppo, riesce a offrire opportunità e a rispondere a domande anche di natura sociale importante. Noi non abbiamo mai pensato di diventare una compagnia fin-tech facendo concorrenza alle banche tradizionali. Ma in Africa, dove il sistema bancario non è altrettanto sviluppato rispetto all’Occidente e all’Asia, abbiamo introdotto la piattaforma M-Pesa per le transazioni di denaro via telefonino che sta cambiando il volto del Kenya, il Paese dove è nata, della Tanzania, del Lesotho, della Repubblica Democratica del Congo e del Mozambico e che si sta diffondendo in realtà già molto più strutturate come l’Egitto e il SudAfrica». L’approccio alla finanza è tradizionale e prudente: «Non adoperiamo la blockchain né le criptovalute. Per statuto la nostra tesoreria non può usare Bitcoin o altre divise elettroniche della finanza de-centralizzata».
Alla fine del pranzo, io mangio una monoporzione di crostata alla crema con le fragole. Lei, invece, ha una cassata siciliana: «Due anni fa ho trovato un negozio qui a Londra gestito da palermitani: fanno arrivare dalla Sicilia una ricotta buonissima. Quando, nella transizione della Brexit, non si è più trovata la burrata, è scattato il panico».
E, davvero, nel caso di Margherita – camminatrice metropolitana, ricercatrice di sapori e soprattutto esploratrice di modelli organizzativi e di scelte manageriali ai tempi dell'ultima crisi della globalizzazione – intuisci l’analogia con il nonno Carlo Della Valle, storico presidente della Società Geografica Italiana, anche lui intellettuale non soltanto da biblioteca e da ufficio studi ma operativo, autore di saggi e viaggiatore cosmopolita.
«A parte i classici viaggi familiari a Capo Nord, non ho mai fatto esplorazioni polari. Preferisco camminare in città. Anche se, da piccola, sono cresciuta nella casa di Roma circondata dai libri e dagli oggetti di mio nonno, con il mito dell’esploratore Ernest Henry Shackleton, che fra mille peripezie riuscì a portare a casa salvi tutti i suoi uomini, da una drammatica spedizione al Polo Sud», dice bevendo il suo caffè, italiano ma decaffeinato.
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