Mario Schifano, gli anni felici
di Ada Masoero
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MILANO. Per inaugurare la sua galleria, lo Studio Marconi, nell'autunno del 1965, Giorgio Marconi (uno dei galleristi più influenti del secondo ‘900, tuttora molto attivo con la sua Fondazione) organizzò una collettiva di quattro artisti. Erano Adami, Del Pezzo, Tadini e Schifano (1934-1998), esponente di punta, con la sua figurazione “pop”, della Scuola di piazza del Popolo. Subito dopo, dedicò a lui la prima mostra personale della galleria, e con lui siglò un contratto di esclusiva. Che interruppe però nel 1970: troppo sregolata, ormai, la vita del giovane romano, sempre più in preda ai suoi fantasmi, troppo incostante la consegna delle opere perché il rapporto potesse continuare, a dispetto dell'ammirazione che il gallerista provava per quel «vulcano geniale».
Fino al 1970, però, gli organizzò in galleria una personale ogni anno, e in ognuna presentò cicli di opere rimasti centrali nella sua vicenda. Ai cinque anni della loro stretta collaborazione, la Fondazione Marconi, in via Tadino 15, dedica fino al 16 febbraio la mostra (museale) «Omaggio a Mario Schifano. Al principio fu “Vero amore”», che cita il titolo di un dipinto presentato dall'artista nella collettiva del 1965, poi diventato anche il titolo della personale dello stesso anno. La mostra si apre, al piano terreno, proprio con quel dipinto e prosegue lì e nei due piani superiori della Fondazione (oltre al sotterraneo, dove c'è un video) con opere sceltissime tutte della collezione Marconi, che danno la misura della qualità e della novità della pittura di Schifano in quegli anni felici: ci sono i Paesaggi anemici (con inserti di perspex colorato usati come fossero velature), per i quali era già noto, presentati a Milano nel 1965, e c'è un trittico grandioso del ciclo Futurismo rivisitato (basato sulla celebre fotografia del 1912, a Parigi, di Marinetti con i “suoi” pittori). Poi le sale avvolgenti di Tuttestelle, 1967, con i cieli stellati e i palmizi della Libia (dove l'artista era nato), che Gianni Agnelli volle per la sala da pranzo della sua residenza romana. Di sopra, ecco il ciclo Compagni compagni del fatidico 1968, acceso di rossi incendiari, con le figure di operai e studenti cinesi con falce e martello, subito diventati icone del ‘68. E infine, all'ultimo piano, i celebri Paesaggi tv, 1970, con cui –ancora una volta- Schifano dimostra di saper cogliere il suo tempo in presa diretta.
Tra il 1970 e il 2002 Marconi avrebbe dedicato cinque altre mostre a Schifano, e poi due grandi omaggi nel 2005 e 2006, accompagnati entrambi da monografie Skira, ma il sodalizio si era ormai spezzato. Peccato, perché «al principio fu “Vero amore”».
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