Marocco inedito tra archeologia, ecoresort e tradizioni
La Fondation Orient-Occident porta avanti il progetto di recupero con interventi a sostegno della popolazione locale. Dal villaggio di Mezgalef a Tangeri
di Fernanda Roggero
4' di lettura
Imad sorride accanto alla madre, mentre sono in posa per una foto ricordo davanti alla porta di casa. Un villaggio sulla costa selvaggia e incontaminata del Marocco occidentale, lontana dai riad patinati di Marrakech e sospesa in una quiete secolare. Sotto il portico domestico Aysha ha allestito una tavola multicolore e golosa: acqua di rose, tè alla menta, Bessara, il purè di fave con olio di oliva e cumino, Rghaïf, pane sfogliato al miele, Meloui, le crêpes con formaggio, olive nere o marmellata di agrumi e Amlou, la crema spalmabile a base di mandorle, miele e olio di argan.
Dal Parco Naturale di Khemis Sahel a Tangeri
Proprio da qui, tra interminabili spiagge deserte, uliveti e boschi di querce da sughero, al rombo costante del vento che gonfia le onde dell'Atlantico, può partire un intinerario inconsueto in uno dei paesi più amati dai turisti internazionali. Con una prima colazione a casa di Imad nel villaggio di Mezgalef, un trekking lungo i sentieri dei pastori e i letti asciutti dei torrenti fino a raggiungere le sorgenti e poi le dune scenografiche del nascente Parco naturale regionale di Khemis Sahel, per proseguire verso il sito archeologico di Lixus, gustare le sardine alla griglia di Larache, risalire verso la splendida Tangeri, punto di incontro tra Mediterraneo ed oceano. Tutto questo fino a pochi anni fa sarebbe stato impossibile. Qui non c'era nulla, letteralmente. Non arrivava nemmeno l'acqua potabile.
L’ospitalità alla Fiermontina Ocean
A venti minuti di macchina da Larache si abbandona la strada asfaltata per inoltrarsi in cinque chilometri di pista attraverso una foresta di querce da sughero, senza cartelli e senza luci. Di notte solo un'immensa cupola stellata e il rumore del mare a fare da bussola. La Fiermontina Ocean è un raffinato eco retreat diffuso, con 11 suite e due ville affacciate sull'Oceano e quattro case tradizionali in pietra nel villaggio rurale di Dchier, che insieme ai piccoli douars di Tcharouah e Mezgalef completano un progetto di ospitalità in cui sono attivamente coinvolti gli abitanti dei villaggi vicini. Sia con mansioni dirette nel resort che con iniziative ed esperienze come le colazioni tradizionali nelle proprie case e i picnic sulle dune o la vendita di oggetti di artigianato locale realizzati dalle cooperative.Nel 2018 è anche iniziato il processo per il riconoscimento dell'area come Parco Naturale “Le dune di Khemis Sahel”, avviando il rimboschimento su 10 dei 150 ettari totali.“Il Marocco ha un potere magnetico che ammalia” dice Antonia Yasmina che qui trascorre molti mesi l'anno con il marito scrittore. Come darle torto? Dopo aver ammirato il tramonto con un tè alla menta del caffè Maure e curiosato tra gli abiti, i cuscini e i ricami di Migrants du Monde, il marchio creato a Rabat per favorire l’integrazione delle donne rifugiate, si può però partire per esplorare la costa.
Verso Tangeri porta d’Africa
La prima tappa è sicuramente il sito archeologico di Lixus, insediamento fondato dai Fenici nel XII secolo a.C., dove in epoca romana si produceva il garum esportato in tutto l'Impero: ne sono testimoni 150 vasche di conservazione, accanto ai resti delle case patrizie con tracce di mosaici e il grande anfiteatro con le terme pubbliche. Splendida la vista sull'estuario del Loukos e le saline. Non lontano da qui il porto di Larache, villaggio tradizionale che si inerpica sulla collina con stradine e scalinate dove si aprono le terrazze di ristorantini in cui sfrigolano sulla griglia le celebri sardine al sale locali.Suggestiva la kasbah sull'oceano di Asilah, nota per l'Art Festival estivo e i murales eseguiti ogni anno da artisti in arrivo da tutto il mondo. Nei negozietti della medina si acquistano miele e cous-cous, ma anche libri d'arte, vecchie fotografie e cappelli di paglia dei piccoli laboratori locali.E infine lei. La porta d'Africa, all'incrocio dei mari. Rilucente, energica, accogliente e abbacinante. Tangeri. Ancora avvolta nel suo passato coloniale, ma senza malinconiche nostalgie. Al Grand Socco, la vasta piazza che raccorda la medina con la città moderna, d'obbligo bere un caffè al bar del Cinéma Rif, cristallizzato nel passato con la facciata e gli interni déco impeccabilmente restituiti all'antico fulgore. Il mercato del pesce fa girar la testa per abbondanza e freschezza, mentre a un angolo tra un baracchino di spezie e uno di frutta un vecchio saggio interpreta i sogni di signore speranzose. Vista spettacolare per il pranzo nel punto più alto della kasbah, sulla terrazza del Nord Pinus Tanger, riad très chic di Anne Igou musa francese del celebre fotografo Peter Lindbergh, dove si gusta un'ottima tajine di agnello. Una passeggiata tra le viuzze della medina può riservare sorprese, come il telaio antico e tuttora funzionante di Dar al Darazz, dove si alternano al lavoro le donne del quartiere per realizzare tappeti e sporte capienti. Dopo una passeggiata ai giardini Mendoubia, l'acquisto di una candela al frangipane da Rumi e una capatina alla libreria Les Insolites a caccia di volumi introvabili, la serata può finire in un unico luogo. Sulle terrazze del Cafe Hafa il tempo si è fermato. Davanti a una birra non indimenticabile riecheggiano i miti della Beat Generation. Burroughs e Kerouac non ci sono più ma un arzillissimo ottantenne, ancora re dei palchi, qui potrebbe tornare da un momento all'altro. C'è ancora la tua sedia, Mick
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