A Roma

Mascherine, Arcuri indagato: sequestro per 800 milioni di pezzi

Circa 1,25 miliardi di euro per fronteggiare l’emergenza Covid dirottati verso l’acquisto di mascherine «non a norma». L’ipotesi della Procura è che l’autorizzazione sia arrivata dall’ex commissario straordinario

di Ivan Cimmarusti

(ANSA)

2' di lettura

Circa 1,25 miliardi euro per fronteggiare l’emergenza Covid sono stati dirottati verso l’acquisto di mascherine e dispositivi di protezione individuali ritenuti in parte «non a norma». L’ipotesi della Procura della Repubblica di Roma è che l’autorizzazione sia arrivata dall’ex commissario straordinario Domenico Arcuri, per questo iscritto nel registro degli indagati per peculato e abuso d’ufficio.

Nessun utilizzo personale di fondi pubblici. Piuttosto, è l’ipotesi preliminare, Arcuri avrebbe veicolato quella parte di finanziamenti destinati alla crisi sanitaria in favore degli imprenditori Mario Benotti, ex giornalista Rai, e Andrea Tommasi, mediatori di una partita da 801 milioni di mascherine provenienti dalla Cina, che ieri i magistrati hanno chiesto di sequestrare in tutta Italia. L’abuso d’ufficio, nel ragionamento investigativo, è nell’aver forzato le procedure amministrative di affidamento della commessa, che poi avrebbe consentito a Benotti e Tommasi di ottenere provvigioni per 12 milioni di euro attraverso le rispettive società Micropducts it srl e Sunsky srl.

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L’inchiesta, condotta dalla Guardia di finanza, rientra nei più ampi accertamenti sulla presunta «rete» di interessi fraudolenti sull’onda dell’emergenza sanitaria. E leggendo gli incartamenti giudiziari si comprende come la pressione politica dovuta al periodo – il lockdown – abbia indirettamente influito sulle scelte della struttura emergenziale. Al punto che sia Benotti sia Tommasi erano riusciti a creare un presunto «ascendente sulla struttura commissariale anti-Covid», accusata per questo dai pm di aver «preferito affidare a freelance improvvisati, desiderosi di speculare sull’epidemia» i contatti con i fornitori cinesi e l’organizzazione di trasporti e, soprattutto, certificazioni. Proprio queste ultime, stando agli atti del sequestro di ieri, sono risultate «validate sulla base della sistematica sostituzione dei test-report». Nelle varie audizioni svolte dai pm, l’operazione con Benotti e Tommasi è stata giustificata con la parola «emergenza». Secondo i magistrati, però, «l’emergenza ha giustificato pagamenti di dispositivi di protezione, della qualità dei quali nulla ancora si sapeva, col rischio di acquistarne di inutili».

Sabato scorso Arcuri, per il quale pende una richiesta di archiviazione dall’accusa di corruzione, è stato interrogato: «è stato così possibile – riferisce il suo ufficio stampa - un confronto e un chiarimento che si auspicava da molto tempo, rispetto alla quale sin dall’origine dell’indagine Arcuri ha sempre avuto un atteggiamento collaborativo, al fine di far definitivamente luce su quanto accaduto».

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