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Materie prime: il ritorno delle miniere spinte da guerra e decarbonizzazione

Per il momento non si riattivano le produzioni in stand by ma si cerca di capire quanta capacità hanno i giacimenti a riposo. Tutti i casi in Italia

di Davide Madeddu

Litio e terre rare? L’Italia corre più rischi sulle forniture di rame e nickel

3' di lettura

Dal cobalto al litio, passando per piombo e zinco e con un’attenzione verso le terre rare. Si guarda alle miniere e alle “risorse locali”. “Complice” la decarbonizzazione prima e la crisi nell’approvvigionamento di materie prime legata anche alla situazione geopolitica poi, ora l’attenzione va alle risorse locali. Per il momento non si riattivano le produzioni in stand by ma si cerca di capire quanta capacità hanno i giacimenti a riposo. Perché dai pozzi e gallerie dismesse e dalle discariche minerarie si possono ricavare ancora minerali che diventano componenti per la maggior parte degli oggetti e strumenti utilizzati nella vita quotidiana. In questo contesto, oltre a qualche progetto per la riattivazione di siti dismessi, sono state presentate nuove richieste per permessi di ricerca.

Piombo e Zinco

In campo, viaggiando su più binari, è l'Australiana Altamin che in Italia opera con le consociate Energia Minerals Italia e Strategic Minerals Italia. L'azienda da anni porta avanti il progetto Gorno, relativo al complesso minerario Riso-Parina, che va a interessare i comuni di Gorno, Oltre il Colle e Oneta in provincia di Bergamo, prevede la riattivazione di una miniera di zinco e piombo (blenda e galena) chiusa dall'Eni oltre vent'anni fa. In questo sito sono stati spesi oltre 16 milioni di euro per una serie di interventi e attività di ricerca.

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Tra i programmi anche la ricerca per l'eventuale utilizzo di altri materiali particolarmente ricercati come Cobalto. Il progetto riguarda le vecchie miniere del 1700 di Usseglio e Balme in Piemonte. L'intenzione è quella di riattivare quella che gli addetti ai lavori hanno definito «il più grande sito di cobalto d'Europa».

La ricerca nel Lazio

Ora una nuova richiesta: quella per la ricerca del Litio. Questa volta l'obiettivo si sposta nel Lazio. Nello specifico, l'attenzione del gruppo, che ha presentato domanda di ricerca esplorativa alla Regione, riguarda l'area di Campagnano e Galeria a Cesano, a circa 50 km a nord di Roma. «Le domande interessano i permessi di ricerca - sottolinea Marcello De Angelis, geologo e manager di Altamin - e per portare avanti questa attività si utilizzano i tanti pozzi che sono stati utilizzati in passato per la produzione di energia elettrica e che oggi sono stati dismessi. A noi interessa capire se i tenori contenuti nei fluidi idrotermali sono di interesse». Un'area di 3.240 ettari in cui sono stati perforati più di 800 pozzi.Fluorite e Terre rare in Sardegna

In Sardegna, a Silius, la Mineraria Gerrei è al lavoro per rimettere in produzione il sito minerario di Muscadroxiu, per l'estrazione di fluorite, ma anche galena e terre rare. Per portare avanti il progetto è stato predisposto un piano di investimenti da 40 milioni di euro e un progetto industriale che prevede l'impiego di strumenti ad alta tecnologia che spazierà dallo studio e ricerca dei tenori all'organizzazione del lavoro sino ad arrivare alla possibilità di guida dei mezzi in sottosuolo da remoto.

L'apertura dei sindacati

«Senza dubbio le vecchie miniere e le discariche minerarie possono trasformarsi in una risorsa - commenta Francesco Garau, segretario generale della Filctem Sardegna -. Naturalmente a condizione che che si lavori nel rispetto delle regole. Le tecnologie consentono di lavorare nel rispetto dell’ambiente e della salute. Per questo motivo riteniamo sia necessario mettere in campo quelle azioni necessarie affinché la dipendenza dall'estero di numerose materie prime sia superata utilizzando le risorse presenti nel nostro paese».

Purché non sia troppo tardi

A sottolineare l'importanza delle materie prime è Antonio Martini, ingegnere minerario di lungo corso con esperienza in Assorisorse (l'organizzazione che all'interno di Confindustria si occupa del settore minerario ed estrattivo): «Finalmente si torna a parlare dell'approvvigionamento di questi beni, dopo decenni di disinteresse, penso sia necessario sperando però che non sia troppo tardi».

Non solo: «Oggi si può riscontrare una robusta capacità industriale nazionale nel settore dei minerali industriali ma non altrettanto in quello metallifero che - aggiunge -, allo stato, dopo la chiusura del relativo comparto minerario pubblico negli anni novanta del secolo scorso dovrebbe essere completamente reinventato».

Le discariche diventano nuovi giacimenti

Per l'ingegnere minerario un'opportunità potrebbe arrivare dal recupero delle discariche minerarie considerate in molti casi «potenziali fondi d'inquinamento». Una mano al recupero dei minerari presenti potrebbe arrivare «grazie all'impiego delle nuove tecnologie». Proprio grazie all'utilizzo dei nuovi sistemi le discariche «possono trasformarsi in giacimenti da cui estrarre piombo e zinco ma anche argento e terre rare, che possono diventare preziosa materia prima seconda pronta per il riuso».

Futuro per le miniere

Quanto alla prospettiva per l’attività mineraria, l’ingegnere chiarisce: «Si può fare coltivazione mineraria nel rispetto dell'ambiente e lo dico senza esitazioni perché dipende dalla capacità tecnologica dell'impresa, in termini progettuali ed operativi, e dalla qualità dei relativi controlli da parte dell'autorità pubblica. Poi ci sono anche dei contesti ambientali dove non si potrebbe operare e bisogna quindi avere il coraggio di interdire tali aree con chiarezza e decisone».

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