Cassazione

Maternità surrogata, dubbi sul vuoto normativo dopo la Consulta

Chiesti lumi alle sezioni unite per tutelare i minori nati con il cosiddetto utero in affitto, dopo il giudizio di inadeguatezza dell’adozione in casi particolari e il silenzio del legislatore

di Patrizia Maciocchi

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2' di lettura

Sulla maternità surrogata la Cassazione chiede lumi alle Sezioni unite. L’aiuto del Supremo consesso è necessario per capire se, nel silenzio del legislatore, si sia creato un vuoto normativo dopo la sentenza (33/2021) con cui la Corte costituzionale ha accertato l’inidoneità dell’adozione in casi particolari a garantire ai minori nati con il cosiddetto utero in affitto - al quale hanno fatto ricorso due persone dello stesso sesso - il diritto ad uno status. I giudici sottolineano l’inerzia del legislatore, inutilmente sollecitato dalla Consulta ad adottare strumenti utili a garantire il diritto fondamentale del minore ad uno status. L’adempimento del monito consentirebbe di utilizzare uno strumento processuale più adeguato e calibrato sui valori costituzionali, di quanto lo siano la delibazione di una sentenza straniera che abbia riconosciuto anche il genitore intenzionale o la trascrizione del relativo atto di nascita nei registri di stato civile.

I diversi interessi in gioco

La Cassazione (ordinanza 1842/2022) chiede di sapere come sia possibile superare il vuoto normativo, visto che i giudici di legittimità, nella loro composizione più autorevole (sentenza Sezioni unite 12193/2019) avevano indicato proprio l’adozione in casi particolari come un utile punto di equilibrio tra i diversi interessi in gioco: tutela dei minori, dell’ordine pubblico e necessità di scoraggiare una pratica, che la stessa Corte costituzionale ha bollato come un’offesa alla donna. La Cassazione ritiene che non sia sostenibile che la soluzione del divieto generalizzato di riconoscere il genitore d’intenzione sia l’unica adottabile sia dal legislatore sia dall’interprete. La strada può piuttosto essere quella di una verifica basata sul caso concreto che tenga in considerazione una serie di variabili: dalla vita familiare che si è già instaurata al ruolo che entrambi i genitori hanno assunto. La Suprema corte chiede dunque di disegnare un ambito entro il quale i giudici possano fornire la loro interpretazione adeguatrice anche in considerazione del diritto dell’unione sull’interesse del minore «alla tutela dell’identità personale e al pieno dispiegamento della sua vita privata e familiare». Questione che, ovviamente la Suprema corte, che comunque invoca ancora una volta l’intervento del Parlamento, considera della particolare massima importanza.

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