Maternità surrogata, l’Italia rischia la condanna di Strasburgo
Sarà la Consulta ad accertare se la legge sulla fecondazione assistita sia in conflitto con la Carta e con la Convenzione europea dei diritti dell’Uomo
di Fausto Pocar*
3' di lettura
Sarà la Consulta ad accertare se la legge sulla fecondazione assistita sia in conflitto con la Carta e con la Convenzione europea dei diritti dell’Uomo per la parte in cui nega il riconoscimento anagrafico ai bambini delle coppie omosessuali nati da maternità surrogata, esclusa in Italia e sanzionata penalmente. La Cassazione, con l’ordinanza, 8325, solleva dubbi di costituzionalità in merito alla possibilità di impedire la delibazione della sentenza straniera che riconosce la doppia paternità per i bimbi nati all'estero con il cosiddetto “utero in affitto” .
I motivi di conflitto con il parere della Grande Chambre
L’ordinanza della Cassazione ravvisa essenzialmente due motivi di conflitto del’articolo 8 della Cedu sul diritto alla vita privata come interpretato nel parere della Grande Chambre della Corte di Strasburgo, del 3 aprile 2019, con il diritto italiano come interpretato dalle Sezioni unite.
Il primo motivo è individuato dall’ordinanza nella prevalenza attribuita ad un principio di ordine pubblico internazionale dello Stato italiano sull’interesse concreto del minore. Il rifiuto del riconoscimento della filiazione come risulta dall’atto di filiazione registrato all’estero per contrarietà con l’ordine pubblico, espresso in via astratta dalla legge italiana nella contrarietà del nostro ordinamento alla maternità surrogata, appare in effetti contrastante con la posizione assunta dalla Corte di Strasburgo nel suo parere. Va rilevato in proposito che l’interesse preminente del minore è il criterio cui si devono attenere, secondo l’articolo 3 della Convenzione del 1989 sul diritto dei minori, in vigore per l’Italia, tutte le azioni relative ai minori, di competenza delle istituzioni pubbliche e private, dei tribunali, delle autorità amministrative e degli organi legislativi degli Stati parte.
La Convenzione del 1989
Pertanto una legge che adotti un principio di ordine pubblico che trovi applicazione astrattamente e automaticamente, eventualmente anche in deroga all’interesse superiore del minore è in contrasto con il principio espresso nella Convenzione del 1989, che è a sua volta un principio di ordine pubblico che deve avere prevalenza, per il suo carattere preminente, su altri principi di ordine pubblico, compreso quello che esprime contrarietà alla maternità surrogata (quali che siano i mezzi di dissuasione di quest’ultima e le conseguenze anche penali che possano essere previsti dall’ordinamento nazionale).
La prevalenza dell’interesse del minore su ogni altro principio
La priorità dell’interesse del minore su ogni altro principio è confermata dal fatto che esso è espresso, con l’ampiezza sopra indicata, in un accordo internazionale ratificato da tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite, esclusi solo gli Stati Uniti, di modo che esso si configura come un principio non solo di ordine pubblico internazionale dal punto di vista del diritto internazionale privato italiano, ma anche dal punto di vista dello stesso diritto internazionale, in cui è principio di diritto imperativo o, come si suol dire, di jus cogens. Di qui il monito del parere di Strasburgo ad osservarlo in ogni circostanza non in astratto, ma con specifico riferimento ad ogni singola fattispecie.
La registrazione del documento di filiazione
Significa questo che in ogni circostanza deve registrarsi il documento di filiazione come registrato nello Stato estero di nascita del bambino? La Corte di Strasburgo, dopo un esame comparato della legislazione degli Stati membri del Consiglio d'Europa, che esprimono differenze di vedute quanto alla maternità surrogata, non esclude che ogni Stato, nell’ambito del margine di apprezzamento di cui dispone, adotti una modalità diversa dalla trascrizione dell’atto straniero, a condizione però che tale soluzione sia equivalente ed effettiva nel riconoscere un rapporto di filiazione tra il bambino e la madre intenzionale dichiarata nell’atto straniero. E la ravvisa nella adozione del bambino da parte della madre intenzionale, dato che essa riconosce un legame di filiazione e produce effetti della stessa natura della trascrizione dell’atto di nascita straniero.
Le condizioni stringenti dell’adozione
A condizione però che l’adozione prevista dal diritto interno garantisca l’effettività e la rapidità di attuazione conforme all’interesse superiore del bambino, contro il quale militerebbe una decisione che non abbia effettività e rapidità di attuazione idonee ad evitare che il minore sia a lungo nell’incertezza giuridica quanto al legame di filiazione con la madre intenzionale. Risponde la legislazione italiana sull’adozione a questi criteri indicati dalla Corte di Strasburgo? Anche nel caso in cui la madre intenzionale sia una persona dello stesso sesso del padre?
Il rischio condanna per l’Italia
Alla Consulta di pronunciarsi in proposito, tenendo presente che se non fosse il caso e nonostante ciò non venisse dichiarata incostituzionale la legge italiana, la Corte costituzionale si troverebbe in contrasto con la sua giurisprudenza espressa nella sentenza n. 348 del 2007 secondo la quale l’interpretazione della Corte di Strasburgo funge da parametro di legittimità costituzionale. E lo Stato italiano sarebbe esposto a una possibile condanna a Strasburgo per violazione dell’articolo 8 della Cedu.
*giudice della corte internazionale di giustizia
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