Maxi pacchetto green di Lula con l’Amazzonia al centro
La deforestazione del polmone del mondo è già crollata del 33%. In arrivo il mercato della CO2 e leggi per spingere su eolico offshore e idrogeno
di Gianluca Di Donfrancesco
2' di lettura
Il presidente Luiz Inacio Lula prepara l’agenda verde del suo Brasile: il maxi-pacchetto pensato per guidare la transizione energetica del Paese sarà presentato tra agosto e settembre. Si sa già che si articolerà in oltre cento misure, con investimenti per centinaia di miliardi di dollari, tra fondi pubblici e capitali privati.
Lula vuole fare del Brasile un modello per i Paesi emergenti, con un progetto ambizioso. Il presidente vede la transizione verso un’economia verde come uno dei pilastri delle politiche di sviluppo dello Stato, tracciando un percorso che va anche oltre la durata del suo terzo mandato.
La svolta, rispetto all’amministrazione guidata dall’ex presidente conservatore Jair Bolsonaro, c’è già ed è fotografata dalla frenata nella deforestazione dell’Amazzonia. Lula si è insediato il 1° gennaio del 2023 e ha subito promesso di azzerarne la distruzione “netta” entro il 2030. Secondo i dati satellitari, nei primi sei mesi del suo terzo mandato, la deforestazione del principale polmone verde del pianeta è crollata del 33% rispetto al primo semestre del 2022 e dopo anni di erosione a ritmi crescenti, che l’hanno spinta verso il punto di non ritorno, oltre il quale potrebbe perdere la capacità di autorigenerarsi.
La tutela della foresta amazzonica, con il suo potere di assorbire anidride carbonica e di influenzare il clima del pianeta, sarà fondamentale e non solo per il Brasile. Per porre fine al suo sfruttamento illegale, il Governo dovrà anche riuscire a offrire opportunità economiche alternative, in una regione povera.
Tra le prime iniziative dell’agenda verde di Lula, c’è la creazione di un mercato delle emissioni di CO2, sulla scia di quanto provano a fare Cina e India (l’Ets della Ue, l’apripista, è operativo dal 2005). Il Governo non prevede grandi difficoltà, dato che il settore più esposto, l’industria, approva l’iniziativa. Nel piano si prevede anche la ridistribuzione dei fondi federali per la ricerca e lo sviluppo, per concentrarli sulle tecnologie verdi e la bio-economia.
Già a giugno, il ministro dell’Energia, Alexandre Silveira, ha annunciato l’adozione di una legge per regolamentare l’eolico offshore e la produzione di idrogeno verde. Sarebbe la prima nel Paese, che attualmente non ha una legislazione in questi settori.
Il Brasile ha indicato lo scorso anno l’obiettivo di azzerare le emissioni nette di anidride carbonica entro il 2050. Il piano che il Governo Lula sta preparando serve appunto ad andare in quella direzione. Il Paese produce appena l’1,3% della CO2 liberata in atmosfera ogni anno (meno della Germania) e ottiene oltre il 90% dell’elettricità da fonti non inquinanti (l’idroelettrico si attesta attorno al 55%).
Tutela dell’Amazzonia a parte, le ambizioni di Lula devono però fare i conti con le strategie della compagnia di Stato Petrobras, che sta investendo in eolico e idrogeno, ma vuole anche incrementare la produzione di petrolio e gas naturale. Il suo nuovo capo, Jean Paul Prates, nominato da Lula, ha deciso di combattere la decisione dell’Agenzia per l’ambiente, che ha bocciato la sua richiesta di scavare un pozzo esplorativo alla foce del Rio delle Amazzoni.
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