Maxi sequestro di 22 milioni di euro alla banca svizzera che ricicla i soldi degli evasori
Per i giudici preoccupa, anche per la solidità dell’istituto, che un ente “doppiamente vigilato” possa essere un contenitore di denaro sporco a suo vantaggio
di Patrizia Maciocchi
I punti chiave
2' di lettura
Frode fiscale e appropriazione indebita, questa l’origine delle somme che la banca svizzera «come una sorta di contenitore» accoglieva nei suoi conti correnti per nascondere la provenienza delittuosa del denaro. Condotte realizzate dai vice direttori a vantaggio dell’istituto che teneva nel suo portafoglio la liquidità. Su questi presupposti la Cassazione, conferma un maxi sequestro di circa 22 milioni e mezzo di euro e oltre un milione e mezzo di dollari, dalle casse dell’istituto elvetico, in base alla norma sulla responsabilità degli enti per i reati commessi dai suoi amministratori in suo vantaggio.
Il portafoglio della banca
La Suprema corte respinge così il ricorso di una banca di Ginevra che contestava il reato, dal punto di vista della consapevolezza della provenienza illecita del denaro e, soprattutto, l’ammontare del sequestro finalizzato alla confisca. Ad avviso dell’istituto, infatti, in suo danno poteva essere sequestrato solo un importo pari all’entità del vantaggio economico effettivamente perseguito, mentre oggetto della misura era stata l’intera somma riciclata, in favore di clienti italiani. Per la Cassazione invece la decisione del Tribunale è corretta.
Operazioni totalmente illecite
Per quantificare il profitto confiscabile è, infatti, necessario valutare se l’operazione messa in atto abbia un qualche margine di liceità, il sequestro integrale scatta, infatti, solo quando l’attività è totalmente illecita, senza fare alcuna distinzione tra profitto lordo e netto. E nel caso esaminato, sottolinea la Suprema corte, non ci sono margini, per «individuare alcuna prestazione lecita, visto che l’intera operazione era ammantata dalla illiceità, in quanto interamente risolta all’occultamento del denaro nel portafoglio della banca». Con l’occasione i giudici di legittimità ricordano che «le banche perseguono il proprio arricchimento con la raccolta del denaro poi necessario all’erogazione dei vari servizi offerti al pubblico e, in definitiva, alla sopravvivenza della banca stessa». In questo contesto è dunque evidente che il vantaggio economico «si identifica proprio nell’aver ricevuto nel proprio portafoglio la disponibilità di quella somma di denaro provento di delitto».
A rischio la solidità patrimoniale
Da qui l’affermazione dell’operazione totalmente illecita e dunque il sequestro preventivo di tutta la somma coinvolta nell’operazione di riciclaggio. La Cassazione abbraccia le motivazioni del tribunale nell’avallare la misura di prevenzione nei confronti di una banca che per ben cinque anni si era prestata all’operazione di “lavaggio” del denaro. Un livello di coinvolgimento tale «che non può non avere riflessi sulle garanzie che la banca sia in grado di offrire per evitare un depauperamento e più in generale sulla solidità anche patrimoniale». Ad avviso dei giudici preoccupa che un ente “doppiamente vigilato” sia stato per tanto tempo un contenitore usato per riciclare ingentissime somme di denaro provento di reati. Tutto ciò «inevitabilmente si ripercuote sulla effettiva solidità della banca al di là delle autorizzazioni a prestare servizi in Italia». Dubbi sulla solidità patrimoniale della banca che rafforzano la necessità di anticipare il sequestro preventivo.
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