Mediaset, Vivendi fa dietrofront al Tar. Ma restano aperte 11 cause in 4 Paesi
I francesi rinunciano a chiedere la sospensione della delibera Agcom che ha sterilizzato la partecipazione in Mediaset ma aprono un altro fronte legale in Olanda. Quattro anni di contenziosi in sei tribunali di 4 Paesi diversi a cui si aggiungono le cause per i video online trasmessi da Dailymotion
di Andrea Fontana
4' di lettura
L'ultimo fronte davanti al Tar si è appena chiuso con il dietrofront di Vivendi, ma i terreni di scontro giudiziario ancora aperti tra il gruppo francese e Mediaset sono talmente tanti che quasi si perde il conto: 11 le cause pendenti con sei tribunali impegnati in quattro Paesi diversi. Per Cologno Monzese la maggiora parte di queste è frutto di un atteggiamento «capriccioso» da parte di Vivendi che vuole stoppare ogni progetto concepito dalle tv di Berlusconi. La replica è affidata a un portavoce di Parigi: «Non è capriccioso difendere i diritti di tutti gli azionisti»
Sei tribunali coinvolti in 4 Paesi. E in più il dossier Dailymotion
Undici procedimenti aperti davanti a sei tribunali in quattro Paesi, senza contare il pacchetto di cause (sette) relative alla piattaforma video Dailymotion al Tribunale di Roma. Sono i numeri della battaglia legale che oppone Mediaset e Vivendi da quasi quattro anni e che a fine novembre è stata a un passo dal chiudersi con un accordo tombale proprio per archiviare, insieme alle questioni azionarie e di governance, anche l’ampio dossier giudiziario: lo scontro si è allargato nel tempo alle giurisdizioni spagnola, olandese e comunitaria e alla galassia societaria dei due gruppi(Fininvest, Rti, Dailymotion) oltre che a Simon Fiduciaria, il soggetto a cui è andato il 19% di Mediaset di proprietà di Vivendi dopo il provvedimento dell’Agcom dell’aprile 2017.
Attesa per la causa penale contro Parigi, risarcimenti in alto mare
E’ in attesa di prendere una direzione la causa penale che vede indagati l’ex presidente di Vivendi, Vincent Bolloré, e l’attuale ceo Arnaud de Puyfontaine per manipolazione del mercato: il termine delle indagini è scaduto lo scorso 2 dicembre e si attende che la titolare dell’inchiesta Silvia Bonardi, procuratore aggiunto a Milano, notifichi la chiusura indagini con la richiesta di archiviazione o di rinvio a giudizio. Il secondo fronte è quello civile con la richiesta di risarcimento danni avanzata da Fininvest e da Mediaset per 3 miliardi di euro: la prossima udienza, davanti alla giudice Daniela Marconi, è prevista a settembre di quest’anno. Due procedimenti, entrambi di merito ed entrambi al Tribunale di Milano sezione Imprese, riguardano l’esclusione di Simon Fiduciaria (il 27 giugno 2018 e il 18 aprile 2019) e di Vivendi (il 18 aprile 2019) dalla partecipazione e dal voto nelle assemblee degli azionisti di Mediaset.
Nel mirino l'Agcom e le norme italiane sulla tv
Altre due azioni legali chiamano in causa l’Agcom: l’Autorità garante per le comunicazioni nell’aprile 2017 ha assunto un provvedimento, in applicazione del Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, impedendo a Vivendi di detenere una partecipazione pari ad almeno il 10% sia in Telecom Italia sia in Mediaset. I francesi hanno optato per la sterilizzazione delle quote in Mediaset, di cui hanno tenuto il 9,9%, assegnando a Simon Fiduciaria l’esercizio dei diritti previsti sul restante 19,19%, ma successivamente hanno impugnato la decisione dell’Agcom davanti al Tar del Lazio. Quest’ultimo si è rivolto alla Corte di Giustizia europea perché si pronunciasse sulla legittimità della delibera dell’Agcom: l’Avvocato generale presso la Corte Ue si è espresso per la non compatibilità delle norme italiane in materia con quelle comunitarie, ma la decisione in Lussemburgo arriverà solo in primavera. Una volta emesso il dispositivo e pubblicate le motivazioni, la questione Agcom tornerà al Tar. Per la verità nei primissimi giorni del 2020 c’è stato anche un altro caso riguardante la delibera Agcom ma questa mattina si è saputo che Vivendi, dopo il rigetto del giudice monocratico, ha deciso di ritirare la richiesta urgente fatta al Tar del Lazio di sospendere il provvedimento dell’Authority in occasione della assemblea degli azionisti di Mediaset tenutasi venerdì scorso.
MediaForEurope l'ultimo pomo della discordia
Sono invece cinque i procedimenti che oppongono Mediaset e Vivendi e che hanno a che fare con il progetto MediaForEurope, cioè la fusione delle attività italiane di Cologno Monzese e di quelle spagnole in una nuova holding olandese approvata dai soci il 4 settembre ma al momento in stand by. Due cause sono alla Corte di Madrid e riguardano le richieste di Vivendi di sospendere il progetto votato dagli azionisti il 4 settembre: la prima è sulle misure cautelari, con i francesi che hanno ottenuto la sospensione a cui Mediaset si è appellata, e la seconda di merito che inizierà a essere discussa domani. Altre due sono ad Amsterdam: anche in questo caso si tratta di una causa di merito, in cui Vivendi contesta la governance di MediaForEurope e la tutela degli azionisti di minoranza, e di una cautelare, annunciata ieri, con cui il gruppo transalpino chiede lo stop a MFE o la sospensione fino alla pronuncia della Corte Ue sostenendo l’avvenuta violazione delle regole olandesi sulle operazioni di fusione.
A novembre la pace mancata
L’ultimo tavolo giudiziario del braccio di ferro è proprio quello da cui, in autunno, stava per arrivare la pace totale: l’occasione per tentare una conciliazione è arrivata davanti alla giudice Elisa Riva Crugnola del Tribunale civile di Milano a cui Vivendi si è rivolta per bloccare le delibere assembleari di Mediaset Spa su MFE. L’accordo non è arrivato e le parti si rivedranno il 21 gennaio: alla luce delle modifiche adottate la scorsa settimana, il Tribunale potrà far ripartire o meno il percorso di Mediaset verso l’Olanda.
Il caso Dailymotion e i video trasmessi dalla piattaforma
A questi filoni si aggiungono le sette dispute avviate da Mediaset al Tribunale di Roma contro Dailymotion, portale condannato con la prima sentenza a risarcire 5,5 milioni per l’utilizzo illecito di contenuti video. La decisione è stata impugnata in Appello.
(Il Sole 24 Ore Radiocor)
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