il presidio degli ambulatori

Medici di base, risorse limitate e ruolo indefinito nella nuova sanità

Il Dl Rilancio stanzia solo 10 milioni per la categoria che rappresenta il presidio territoriale più rodato e l’interlocutore privilegiato dei cittadini

di Marta Casadei e Michela Finizio

(Science Photo Library / AGF)

3' di lettura

Sono stati protagonisti dell’epidemia di Covid-19 con oltre 50 professionisti che hanno perso la vita dopo aver contratto la malattia. E sono il primo presidio territoriale della sanità italiana, da Nord a Sud. Eppure il Dl Rilancio non potenzia la loro figura (o le strumentazioni in loro dotazione) né definisce il loro ruolo in questo disegno di Sanità territoriale rafforzata, per offrire assistenza capillare sia nel caso di una nuova emergenza epidemiologica sia per seguire una popolazione che, invecchiando, diventa sempre più fragile e necessita di cure croniche.

La mattanza dei medici

La mappa

Si sta parlando dei medici di medicina generale: 54.366 professionisti che esercitano in tutta Italia, di cui 45.586 convenzionati e 1.676 non convenzionati, 170 collaboratori convenzionati, 1.571 in forza alla guardia medica, 163 impegnati nei servizi Asl e 5.200 sostituti convenzionati. La fotografia - un’elaborazione su dati OneKey di Iqvia, multinazionale attiva nei servizi alle case farmaceutiche - è aggiornata a maggio 2020 e si presta a un’analisi più approfondita grazie a uno spacchettamento dei dati su base provinciale. Che aiuta a capire dove la “copertura” dei medici di base è più efficace, in proporzione ai pazienti. Le province con una quota più elevata di professionisti attivi in rapporto alla popolazione sono quelle del Molise: Isernia è al primo posto con 64,6 medici di medicina generale ogni 50mila abitanti; Campobasso al terzo con 56,5. Al secondo posto c’è Pescara, con 58,8. La media italiana è decisamente più bassa: 45 ogni 50mila abitanti. A incidere sono i presidi di alcune province lombarde tra cui Monza e Brianza, Lodi, Lecco, Milano, Varese e Como. Tutte concentrate nella parte inferiore della classifica con un dato che va dai 33,8 medici di Monza (110° posto) ai 38,1 di Como (103esima).

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Rilancio con soli 10 milioni

Il Dl Rilancio immagina una sanità più forte sul territorio. Ma non investe nei medici di famiglia né sulle figure impegnate nella continuità assistenziale, come le guardie mediche. Gli unici fondi stanziati dal Dl 34/2020 per la categoria, infatti, sono 10 milioni di euro (articolo 1, punto 9) da investire nel 2020 per il personale infermieristico che coadiuva i medici di medicina generale  «per per la presa in carico precoce dei pazienti affetti da Covid-19 e per garantire il massimo livello di assistenza ai pazienti fragili, la cui condizione risulta aggravata dall’emergenza in corso».

Il fatto che i medici di famiglia non abbiano un ruolo definito nel nuovo assetto non è passato inosservato: «Il rilancio del territorio come previsto dal Dl 34/2020 - spiega il dottor Silvestro Scotti, segretario generale nazionale della Federazione medici di famiglia (Fimmg) - crea soggetti competitivi come gli infermieri di famiglia, ma non va a potenziare in alcun modo la rete già presente sul territorio, quella formata dai medici di famiglia». Proprio la nuova figura dell’infermiere di famiglia suscita in Scotti una serie di perplessità: «Avrebbe senso se si trattasse di professionisti convenzionati in grado di lavorare in rete con i medici di base. per assicurare una copertura territoriale molto più capillare, integrando di fatto qualcosa che esiste già e funziona. I distretti sono entità territoriali troppo ampie per rispondere alle esigenze della comunità: la popolazione , che invecchia, cerca una risposta sanitaria vicina».

I nodi da sciogliere

I medici di famiglia si troveranno presto a fare i conti con i pensionamenti (e i trasferimenti interregionali che potranno andare a coprire posizioni vacanti), eppure nel Dl Rilancio non ci sono fondi previsti per borse di studio ad hoc. C’è poi il tema dei mezzi a disposizione: «I 235,8 milioni di euro stanziati in legge di bilancio per le attrezzature diagnostiche da assegnare ai medici di famgilia sono bloccati al momento, eppure mai come in questo periodo gli strumenti servirebbero sia per la diagnostica sia per monitorare i pazienti ex Covid-19».

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