Medici in sciopero il 5 dicembre contro la manovra: tagli alle pensioni e delusione per le misure sul Ssn
Al Governo è stato chiesto «un segnale di coraggio», se non ci sarà la protesta sarà inasprita «anche con altre eventuali giornate di sciopero»
di Marzio Bartoloni
I punti chiave
3' di lettura
I medici incroceranno le braccia il prossimo 5 dicembre contro la manovra: a farli infuriare dopo le prime misure su liste d’attesa e nuovi contratti giudicate deludenti è la decisione del Governo di tagliare le pensioni in particolare i contributi versati tra il 1981 e il 1995 che colpisce 50mila camici bianchi. E così Anaao Assomed e Cimo-Fesmed hanno deciso di proclamare una prima giornata di sciopero nazionale martedi 5 dicembre 2023: al Governo i medici chiedono «un segnale di coraggio» se non ci sarà la protesta sarà inasprita «anche con altre eventuali giornate di sciopero»
La delusione dei camici bianchi per la manovra
«Le misure contenute nella legge di bilancio in discussione al Senato – dichiarano
Nessun segnale sulle assunzioni e «briciole» sui contratti
Nel mirino dei camici bianchi anche il sostanziale blocco alle assunzioni che dura da oltre 15 anni grazie al tetto di spesa che prevede che non si possa spendere per il personale più di quanto speso nel 2004 tolto l’1,4 per cento: « Ci saremmo aspettati uno sblocco, anche parziale, del tetto alla spesa per il personale sanitario e un piano straordinario di assunzioni, e invece nessuno ne fa nemmeno cenno». «Ci saremmo aspettati risorse adeguate per il rinnovo dei contratti, e invece - continuano i leader sindacali - scopriamo che i 2,3 miliardi previsti sono messi a disposizione per l'intero comparto sanità, quindi briciole per tutti». L’aumento complessivo di 3 miliardi in più previsto dalla manovra è difatti in gran parte assorbito dagli aumenti contrattuali 2022-2024 che riguardano però non solo i medici ospedalieri, ma anche i dottori di famiglia e tutto il comparto sanitario (infermieri e altro personale).
L’ultimo schiaffo del taglio alle pensioni
A far infuriare i medici anche l’ingresso della norma sulle pensioni che modifica il rendimento della quota retributiva (precedente al 1996) delle pensioni liquidate dal 2024, La riforma riduce le aliquote di rendimento dei contributi versati tra il 1981 e il 1995 colpendo il personale attualmente in servizio con una perdita stimabile tra il 5% e il 25% dell'assegno pensionistico annuale, da moltiplicare per l'aspettativa di vita media. Una misura che spingerebbe 6mila medici con i requisiti per la pensione a uscire subito a cui si aggiungono almeno 13mila infermieri. «Dopo tante parole e belle intenzioni, ci saremmo dunque aspettati un vero cambio di rotta che mettesse al centro il Servizio sanitario nazionale, e invece - avvertono i sindacati dei medici - siamo stati bersagliati dal taglio dell'assegno previdenziale compreso tra il 5% e il 25% all'anno, una stangata che colpisce circa 50.000 dipendenti. E non ci tranquillizzano le dichiarazioni rilasciate negli ultimi giorni da esponenti del Governo in merito a possibili modifiche parziali del provvedimento, e non alla sua completa eliminazione».
La mancata depenalizzazione dell’atto medico
Anaao Assomed e Cimo (le sigle principali degli ospedalieri) mettono nel mirino anche la mancata riforma sulla depenalizzazione dell’atto medic: «Come se non bastasse, non abbiamo più notizie dei lavori della Commissione del Ministro, Carlo Nordio (video), sulla depenalizzazione dell'atto medico. Per noi questo - concludono - è un aspetto fondamentale che rivendichiamo con forza perché abbiamo bisogno di restituire maggiore serenità ai medici e ridurre il ricorso alla medicina difensiva».«Al Governo chiediamo un segnale di coraggio – concludono i leader sindacali – per dare il giusto riconoscimento ai medici e dirigenti del Ssn. E per evitare il collasso della sanità che deve rimanere pubblica per garantire a tutti il diritto alla tutela della salute».«Misureremo nei prossimi giorni la reale disponibilità del Governo, non solo a parole, pronti a mitigare o inasprire la protesta anche con altre eventuali giornate di sciopero da proclamare nel rispetto della normativa vigente».
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