Mediobanca, Delfin presenta la lista a cinque per il consiglio
La holding candida al cda Panizza, Pucci, Scocchia, Lapucci e Biamonti
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Alla fine sono cinque i nomi che Delfin ha calato per il rinnovo del consiglio di Mediobanca. Sono, nell’ordine, Sandro Panizza (ex chief insurance & investment officer di Generali), Sabrina Pucci (professore ordinario di economia aziendale all’università Roma Tre ed ex consigliere di Generali), Cristina Scocchia (ad di Illycaffè e consigliere Essilux), Massimo Lapucci (ex segretario generale della Fondazione Crt) e Jean-Luc Biamonti (presidente di Covivio, immobiliare del gruppo Del Vecchio).
Per il collegio sindacale la holding della famiglia Del Vecchio candida Mario Matteo Busso, Barbara Tadolini e Angelo Rocco Bonissoni. Oggi è attesa anche Assogestioni che per il board ricandiderà il lead independent director uscente Angela Gamba. La lista del consiglio è stata già depositata nei giorni scorsi e comprende otto riconferme e quattro nomi nuovi.
Lo statuto di Piazzetta Cuccia
Lo statuto di Mediobanca assegna 12 posti alla lista più votata e riserva tre posti alle minoranze, di cui uno comunque ad Assogestioni se appoggiata da almeno il 2% del capitale. Per eleggere tutti i cinque candidati proposti la lista di Delfin dovrebbe risultare la più votata in assemblea. In questo caso alla lista del cda sarebbero assegnati due posti che andrebbero, nell’ordine, al presidente uscente Renato Pagliaro e all’ad uscente Alberto Nagel. Nell’ipotesi che Assogestioni si aggiudichi comunque un posto, gli altri sette nomi per completare il consiglio arriverebbero sempre dalle proposte del board, che ne uscirebbe però “politicamente” depotenziato. Laura Cioli, Valèrie Hortefeux, Francesco Saverio Vinci, Laura Penna, Vittorio Pignatti Morano, Angel Vilà Boix e Virginie Banet entreranno in ogni caso nel nuovo board. Marco Giorgino, Mana Abedi e Maximo Ibarra solo se la lista si affermerà come maggioritaria all’adunanza del 28 ottobre.
Le strategie
Per avere una chance di conquistare un terzo del consiglio necessariamente sulla lista di Delfin (che di suo detiene il 19,8% del capitale) dovrà convergere anche il secondo maggior azionista, il gruppo Caltagirone, accreditato al 9,9%. Romano Minozzi ha recentemente dichiarato che voterà per Delfin con il suo pacchetto dello 0,7%. L’imprenditore di Iris ceramica partecipa con lo 0,11% al patto di consultazione di Mediobanca, che complessivamente riunisce il 10,85% del capitale, ma non vincola gli aderenti al voto in assemblea.
La lista di Delfin non potrà invece contare sui fondi che, per procedure interne e prassi consolidata, si indirizzano in prevalenza sulla lista del cda, quando - come in questo caso - è presente, se gradiscono la composizione e il piano industriale supportato, e in misura minore su quella di Assogestioni. Difficile prevedere con quale quota complessiva si presenteranno in assemblea, ma una stima considerata realistica si aggira intorno al 20-22% del capitale. Sorprese potrebbero però arrivare dallo ”stake building”, prese di posizione in vista dell’assemblea, che gli operatori di Borsa ritengono siano iniziate dalla tarda primavera e non riguardino solo Poste italiane, uscita allo scoperto con una quota stimata tra l’1% e il 2%, che tuttavia non parteciperà alla conta, come precisato sabato dalla società.
Tra patto e azionisti tradizionalmente vicini a Piazzetta Cuccia, la lista del cda dovrebbe contare sul supporto del 17-18% del capitale. Edizione del gruppo Benetton, che ha il 2,2%, deciderà solo dopo aver riunito il proprio consiglio.
Complessivamente i fondi potrebbero detenere circa un terzo del capitale, ma non tutti votano. Il retail potrebbe avere tra il 10% e il 15%, un mix di piccoli risparmiatori e portafogli da private equity. Sul segmento è stato affidato mandato di sollecitazione a Morrow Sodali: da quel canale potrebbe arrivare in assemblea un altro 1,5%, fino al 4% nella più ottimistica delle ipotesi.
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