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Mediobanca, no di Delfin: nessuna intesa sulla lista

Insuperabile lo scoglio sulla figura del presidente e sul profilo di Pagliaro. Salvo colpi di scena all’assemblea dei soci si andrà alla conta dei voti

di Marigia Mangano

2' di lettura

Salta il grande accordo sulla lista unica tra Delfin e il consiglio di amministrazione di Mediobanca. La finanziaria lussemburghese che fa capo alla famiglia Del Vecchio ed è il primo socio di piazzetta Cuccia con il 20% del capitale ha risposto alle proposte di Mediobanca sulla lista per il nuovo cda con un no ufficiale. Da quanto si è appreso la cassaforte degli eredi del patron di Luxottica ha respinto l’offerta di avere quattro consiglieri nella lista della banca, di cui uno destinato a Francesco Gaetano Caltagirone, e ha rispedito al mittente la candidatura alla presidenza di Renato Pagliaro.

Il vero nodo, si apprende, non è tanto rappresentato dallo “spazio” dei rappresentati di Delfin nel board di piazzetta Cuccia. Tant'è che alcune fonti riferiscono che i quattro posti in consiglio riservati ai due soci chiave di Mediobanca potrebbero anche parzialmente essere sacrificati, dunque scendere anche a tre, se ci fosse apertura da parte del consiglio alla nomina di un presidente nuovo e autonomo, identikit che secondo Delfin non coincide con la candidatura di Renato Pagliaro.

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Sul punto “conteso”, e dunque sul nodo della presidenza, da Mediobanca non giungono reazioni ufficiali. La risposta di Delfin verrà ora presa in esame dal comitato nomine insieme al Lead Indipendent Director e dal consiglio di amministrazione della banca. Tuttavia, nello scambio di missive tra le parti e in particolare nell’ultima missiva inviata da Mediobanca la scorsa settimana a Delfin, la proposta incentrata sulla possibilità di accordarsi per la scelta del presidente era già stata definita da piazzetta Cuccia lontana dai modelli di governance delle banche sistemiche quotate con cui l’istituto deve competere sul mercato. Tesi non condivisa dal primo socio dell’istituto, convinto della necessità di un cambio di guardia alla presidenza con altri candidati di alto profilo.

Tutto da rifare, dunque. Ma a questo punto gli spazi per una lista comune in vista dell’assemblea del 28 ottobre appaiono praticamente nulli. Salvo colpi di scena improvvisi, quindi, sembra quasi inevitabile andare alla conta dei voti in assemblea, con una lista di minoranza presentata da Delfin. L’impressione è che se questa strada fosse “obbligata” in assenza di un grande compromesso, Delfin punterebbe a una lista di sette nomi, il massimo per una lista di minoranza.

Con il risultato che nel caso in cui la stessa risultasse la più votata in assemblea, con il voto di lista sarebbero nominati come amministratori i sette candidati Delfin. Dalla lista del board, in questo scenario, sarebbero presi sette consiglieri, mentre un posto andrebbe ad Assogestioni. Si creerebbe così una spaccatura profonda nel board con sette consiglieri Delfin e sette del cda la cui tenuta e governabilità potrebbe essere assai complessa.

Riproduzione riservata ©
  • Marigia Manganoinviato

    Luogo: Milano

    Lingue parlate: Italiano, Inglese

    Argomenti: Finanza, automotive, tlc, holding di famiglia, banche e assicurazioni

    Premi: Premio internazionale Amici di Milano per i giovani, 2007, categoria giornalista

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